Nel mese di aprile riprenderanno nella valle dello Swat (Khyber-Pakhtunkhwa, Pakistan) le attività del Progetto ACT.

In un momento in cui i beni culturali e l'archeologia orientale sono troppo spesso al centro delle cronache per attacchi e distruzioni è un piacevole cambiamento poter raccontare di nuovi scavi, importanti restauri e musei che riaprono.

ACT (Archaeology, Community, Tourism-Field School) è un progetto italiano finanziato dal Programma di Conversione del Debito Italia-Pakistan (PIDSA) che unisce interventi di scavo e restauro ad attività di formazione, conservazione e valorizzazione del patrimonio al fine di sviluppare e rendere concreto e fecondo il legame tra le comunità locali e l'impressionante patrimonio storico-archeologico presente in questa regione. Il progetto nasce grazie all'esperienza, alle competenze e ai solidi legami instaurati dalla Missione Archeologica Italiana (MAI) che da sessant'anni opera in questa regione e che è allo stesso tempo fautrice e capofila del progetto ACT.

Sulla storia della Missione Archeologica Italiana in Pakistan, sull'archeologo Domenico Faccenna, che Giuseppe Tucci, indiscusso padre dell'orientalistica italiana, volle come suo primo direttore e sull'importanza storica della valle dello Swat, che tra le altre cose ha visto la crescita e la diffusione del buddhismo Mahayana e il passaggio di Alessandro e del suo esercito, mi riprometto di tornare a parlare nel prossimo futuro limitandomi, almeno per ora, a presentare gli impressionanti risultati ottenuti da questo progetto e dai princìpi che lo hanno ispirato.

Non senza un pizzico di meritato orgoglio Luca M. Olivieri, direttore della MAI e responsabile del progetto ACT, ricorda come l'impegno nel rafforzare il legame tra comunità rurali e patrimonio archeologico, che da sempre ha caratterizzato le attività della MAI e che è alla base degli interventi promossi da ACT, si sia rivelato fondamentale per la salvaguardia dei beni archeologici dell'area anche nei momenti di maggior difficoltà: i siti affidati alla MAI non sono solo considerati tra i meglio conservati della regione, ma sono gli unici a non aver subìto danni durante il periodo in cui la valle dello Swat è stata sotto il diretto controllo dei talebani.

I numeri del progetto sono sbalorditivi. Nei tre anni di attività sono state realizzate circa trenta campagne di scavo, restauro, conservazione e valorizzazione che hanno interessato i principali siti archeologici della valle: il sito urbano di Barikot, l'antica Bazira ricordata nei testi greci come una delle città conquistate da Alessandro, i siti protostorici di Gogdara e Udegram, la moschea ghaznavide di Udegram, una delle più antiche moschee di tutto il Pakistan, l'area sacra di Saidu Sharif, tra i principali siti buddhisti della regione, le aree sacre di Amluk-dara e Gumbat, i siti rupestri di Ghalegai, Kakai-kandao, Jare, Sargah-sar, Talang e Jahanabad, il cui grande Buddha era stato oggetto, nel 2007, di due gravi attacchi da parte dei talebani. A queste campagne si aggiungono, inoltre, la costruzione di tre centri di accoglienza turistica nei siti di Barikot, Udegram e Saidu Sharif, la realizzazione di accessi viari ai siti di Udegram, Gumbat e Saidu Sharif, il supporto alla creazione di un'associazione riconosciuta di guide archeologiche e la ricostruzione e il riallestimento del Museo dello Swat.

Il Museo dello Swat, considerato, in virtù della sua inestimabile collezione di rilievi gandharici, uno dei più importanti del Paese, era chiuso da sette anni a causa degli ingenti danni subiti in seguito al grave terremoto che colpì la regione nel 2005 e all'esplosione di una bomba nel 2008. Il progetto ACT, in collaborazione con le autorità locali, ha provveduto alla ricostruzione degli edifici che compongono il complesso museale e alla realizzazione del nuovo allestimento. Il nuovo museo, riaperto al pubblico nel dicembre dello scorso anno, espone 2000 reperti quasi esclusivamente provenienti da moderni scavi stratigrafici e circa 200 degli oggetti esposti sono stati rinvenuti proprio dagli scavi realizzati negli ultimi tre anni dal progetto ACT.

Le attività di ACT, infatti, hanno portato al ritrovamento di oltre 1000 reperti archeologici di grande pregio e allo stesso tempo hanno offerto lavoro a circa 3000 persone, rendendo in questo modo evidente come il turismo archeologico possa diventare un'importante fonte di sostentamento per le comunità locali. I siti coinvolti nel progetto hanno registrato un aumento dei visitatori, negli ultimi dodici mesi, di oltre il 150%, e la sola moschea ghaznavide di Udegram registra oggi quasi 1000 visite ogni mese.