Al fine di celebrare il millenario e simbiotico rapporto fra Asia ed Europa, il 6 dicembre è stata inaugurata al palazzo del Quirinale di Roma la mostra “Dall’antica alla nuova Via della Seta”, dedicata alla rilevanza che questo sistema di comunicazione ebbe nella disseminazione di arte e cultura fra i due continenti. Un valore aggiunto all’allestimento è dato dai maestosi ambienti del Quirinale, i cui saloni affrescati riecheggiano la memoria storica e politica del nostro Paese. La mostra, che chiuderà i battenti il 26 febbraio, è curata da Louis Godart e impreziosita da reperti provenienti da diversi prestigiosi musei nazionali e internazionali, fra i quali spicca il contributo delle ricche collezioni del Museo d’arte orientale Giuseppe Tucci. Ad accogliere il visitatore nel percorso espositivo è una toccante serie di figurine di epoca Tang (VII-X d.C.) che ritrae il variegato mondo delle oasi carovaniere dell’Asia Centrale affollate di mercanti sogdiani e cammelli battriani, raffigurandone minuziosamente caratteri distintivi, abbigliamento e aspetto. Il percorso ha infatti l’intento di condurci all’interno della molteplicità che contraddistinse la Via della Seta dall’antichità a oggi. Insieme a una moltitudine di merci, lungo le sue diramazioni viaggiarono altrettanti motivi iconografici e narrativi, religioni, innovazioni tecnologiche e conoscenze scientifiche. Il serafico volto del Buddha in scisto è probabilmente il simbolo più evidente dello scambio culturale e dell’incontro di stilemi artistici fra Occidente e Oriente. Parimenti ad altre raffigurazioni di Bodhisattva e Buddha Maitreya qui raccolte, il pezzo rappresenta la fioritura artistica del Gandhāra (I-VIII d.C.), regione nord-occidentale del sub-continente indiano in cui il contatto fra motivi locali e stile di derivazione ellenistica diede frutti straordinari. La stessa pietra con cui sono scolpite queste opere contribuisce a sublimare i personaggi ritratti; morbidamente levigato, lo scuro scisto riluce di un metallico lucore restituendo una consistenza materica che induce un’attrazione ipnotica in sintonia con il carattere religioso delle sculture. Una significativa sezione dell’esibizione è invece dedicata alla cartografia antica che delinea il lungo processo di conoscenza attraverso il quale toponimi e orizzonti lontani sono stati assimilati. Le copie medievali e rinascimentali delle mappe di Tolomeo e la dettagliatissima Tabula Peutingeriana (XVI secolo) dimostrano l’ininterrotta continuità con il sapere antico e la sua trasmissione. La Tabula infatti riflette la straordinaria coscienza geografica dei Romani, che in epoca imperiale trasposero su carta il loro mondo riassumendolo concettualmente e graficamente in una rete di itinerari in cui sono segnati percorrenze, luoghi di sosta, stazioni militari, città e caratteristiche morfologiche del territorio, fino a inoltrarsi in profondità nelle lande d’Oriente. Un altro reperto in cui si condensa emblematicamente l’anima della Via della Seta è la coppa in ceramica invetriata proveniente dal tesoro di S. Marco a Venezia, di fattura abbaside (Iran/Iraq IX-X) impreziosita da una montatura bizantina in oro e pietre preziose. Essa è la testimonianza che, nonostante scontri ideologici e militari, una corrente di influssi creativi fu sempre viva nel venare i contatti fra Occidente cristiano e Oriente islamico, influenzandone produzioni artistiche e forme di rappresentazione. Proprio il dialogo fra civiltà è uno dei temi portanti dell’esposizione; una prospettiva che la presidenza della Repubblica ha da tempo sottolineato intraprendendo uno stimolante percorso di divulgazione culturale attraverso mostre in cui emerge il ruolo essenziale del nostro Paese nell’interazione fra Europa e Oriente. Il messaggio che giunge al visitatore è dunque chiaro: multiculturalismo e pluralità sono valori costitutivi tanto della nostra identità nazionale quanto della civiltà stessa, concetto all’apparenza semplice ma che troppo spesso è messo in discussione da interpretazioni della realtà sociale miopi e ingannevoli.