Era prevedibile che un processo così complesso come la distensione tra Stati Uniti e Corea del Nord incontrasse delle difficoltà e non avesse un andamento del tutto lineare; nondimeno ha suscitato preoccupazione in tutti coloro che auspicano la via del dialogo l’improvviso irrigidimento delle parti che sta mettendo in discussione persino lo storico incontro tra Donald Trump e Kim Jong-un, programmato il 12 giugno a Singapore. Una battuta d’arresto da imputare alla sensazione da parte dei nordcoreani di aver fatto delle concessioni di sostanza senza effettive contropartite.

Ad accendere la miccia delle polemiche in primo luogo una dichiarazione del consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, John Bolton, che conteneva un parallelismo (da molti osservatori giudicato inopportuno) fra la denuclearizzazione in Libia, concordata con Muhammar Gheddafi nel dicembre 2003, e quella che dovrebbe sviluppare la Corea del Nord. I nordcoreani non vogliono dare l’impressione di rinunciare alla prospettiva nucleare in cambio di aiuti economici e soprattutto il paragone con Gheddafi non deve essere sembrato rassicurante a Kim Jong-un.

La tensione è molto salita anche perché sono iniziate l’11 maggio le esercitazioni militari congiunte Max Thunder tra Corea del Sud e Stati Uniti, vissute come una provocazione e una minaccia da Pyŏngyang. Le manovre erano previste da tempo, ma in questo delicato momento potevano sembrare fuori luogo e Kim Jong-un si aspettava forse che l’inatteso disgelo portasse a un cambiamento nei programmi. Dopo le proteste vibranti dei nordcoreani, gli Stati Uniti hanno annunciato l’annullamento di quella parte delle esercitazioni che prevedeva il coinvolgimento di cacciabombardieri B-52; una simulazione vissuta come la prova di un attacco verso la Corea del Nord.

Il gesto distensivo di Trump dovrebbe contribuire alla ripresa del dialogo, ma sul terreno restano nodi irrisolti. L’impressione è che, in generale, Pyŏngyang non voglia attribuire a Seoul un ruolo centrale nella mediazione tra Stati Uniti e Corea del Nord. Last but not least, sono esplose, proprio in contemporanea all’avvio di Max Thunder, le polemiche sui siti nucleari segreti, che hanno trovato spazio sui media sudcoreani, rimbalzando poi sulla scena internazionale. L’accusa rivolta a Pyŏngyang riguarda l’esistenza di istallazioni ‘nascoste’ dove rimarrebbe possibile arricchire l’uranio. L’esistenza di siti segreti naturalmente riduce di molto il valore effettivo dello smantellamento del sito di Punggye-ri, che è stato annunciato con grande enfasi; anzi, indiscrezioni provenienti da Seoul inducono a pensare che si tratterebbe di una falsa rinuncia perché l’abbandono sarebbe stato reso necessario dall’inagibilità e dal logoramento.

È probabilmente una risposta a queste polemiche, la scelta di Pyŏngyang di rifiutare la lista di giornalisti proposta dal governo di Seoul per assistere in prima persona alla chiusura di Punggye-ri, prevista tra il 23 e il 25 maggio. Siamo di fronte forse a una guerra di nervi e a manovre di pretattica; se si arrivasse però alla revoca dello storico incontro del 12 giugno il passo indietro sarebbe irreversibile. Trump impedisce il decollo dei B-52 e mostra ottimismo rispetto alle prospettive della politica di distensione e al rispetto delle scadenze previste. Sono in molti a sperare che i temporali di maggio siano passeggeri e che il clima resti sereno fino al 12 giugno.

Crediti immagine: da USGS [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

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