Domenica 24 novembre Michael Bloomberg ha annunciato, attraverso Twitter in un video di quasi due minuti, la sua candidatura alla presidenza statunitense. Nel video è raccontata la vita di “Mike”, dalla fondazione dell’omonima compagnia ai dodici anni come sindaco di New York, fino alle scelte filantropiche. L’attenzione di chi segue il video viene poi richiamata sui punti su cui si focalizzeranno la campagna elettorale e l’eventuale mandato: creare nuovi posti di lavoro, migliorare il servizio sanitario, fermare la violenza armata, combattere i cambiamenti climatici, riorganizzare il sistema dell’immigrazione, alzare le tasse per i ricchi “like me” (riferendosi a se stesso), proteggere i diritti delle donne e della comunità LGBTQ (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer, o Questioning), supportare i veterani e ristabilire il posto che spetta agli Stati Uniti come forza di pace e stabilità.

Secondo Fox News il miliardario ha già pianificato una campagna elettorale da 150 milioni di dollari, fondi che provengono dal suo patrimonio. Forbes, la nota rivista americana che ogni anno redige la classifica degli uomini più ricchi al mondo, colloca Bloomberg al 9° posto di questa classifica, con un patrimonio di circa 50 miliardi di dollari. Trump si trova invece alla posizione numero 259, con un patrimonio di 3 miliardi di dollari.

Quale spazio andrà ad occupare Bloomberg nel panorama politico delle elezioni?

Il claim che caratterizzerà la campagna elettorale di Bloomberg è “I’m running for president to defeat Donald Trump and rebuild America”, letteralmente “mi candido alla presidenza per battere Donald Trump e per ricostruire l’America”. Bloomberg si presenta come un leader forte, in grado di capire i bisogni dei cittadini, di sconfiggere Trump e di ricostruire un Paese che appare lacerato. Di fatto, da un punto di vista strettamente elettorale, la candidatura di Bloomberg rappresenta un ostacolo arduo da superare per la rielezione di Trump, poiché il miliardario è non solo apprezzato fra i democratici, ma anche fra gli indipendenti e i repubblicani; senza dimenticare che quando fu eletto sindaco della grande mela vinse proprio tra le fila dei repubblicani. La vera sfida per Bloomberg sarà dunque affrontare l’ala più di sinistra e liberale del Partito democratico, rappresentata da Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, che si oppongono all’establishment e all’ala moderata del partito. I due candidati sono stati recentemente criticati anche dall’ex presidente Barack Obama.  Nell’intervento alla Democracy Alliance, Obama ha invitato i candidati democratici a non dimenticare che «l’americano medio non crede che dobbiamo completamente distruggere il sistema e rifarlo», e aggiunge «dobbiamo sempre rimanere ancorati alla realtà e al fatto che gli elettori […] non sono mossi dalle stesse opinioni riflesse in alcuni account Twitter di sinistra o dell’ala più attivista del nostro partito».  Ed è proprio qui che Bloomberg cercherà di affermare la sua leadership e presentarsi come il miglior candidato per affrontare Donald Trump alle presidenziali del 2020.

Immagine: Michael Bloomberg (17 ottobre  2019). Crediti: Ron Adar / Shutterstock.com

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