Che confusione nei cieli d’Europa! Se poi a farne le spese è l’aereo di un Presidente della Repubblica la cosa non solo si complica e si tinge di mistero ma assume una rilevanza di natura politica oltremodo speciale. Ci riferiamo al caso che ha visto coinvolto il Presidente dello Stato plurinazionale di Bolivia, Evo Morales, di ritorno da Mosca e diretto a La Paz. All’aereo presidenziale sarebbe stato negato lo spazio aereo di alcuni paesi europei. Perché? Perché i servizi segreti di questi paesi erano stati informati che a bordo del veicolo presidenziale c’era Edward Snowden, ricercato numero uno dagli Stati Uniti per avere svelato lo spionaggio dell’NSA (National Security Agency) nei confronti, tra gli altri, di varie ambasciate europee a Bruxelles e della stessa rappresentanza UE a NewYork e Washington. Due domande sorgono da questa ricostruzione: se è vero, come ormai si dice, che nessuno abbia visto Snowden all’aeroporto di Mosca Sheremétyevo – ipotizzando quindi che costui sia “custodito” dai servizi russi in attesa di poterlo finalmente imbarcare su un volo di linea (verso Cuba?) per poi arrivare in Nicaragua o Venezuela - chi potrebbe aver avuto vantaggi dalla diffusione di questa notizia rivelatasi falsa? In atri termini, quale potrebbe essere l’interesse dei servizi russi di dare un’informazione sbagliata, tale da creare una escalation di panico nei ministeri europei al punto da far commettere un evidente abuso alle prerogative di un capo di Stato come il divieto al sorvolo dello spazio aereo? Nel tempo avremo risposte a queste domande, ma intanto ci si chiede se l’inizio dei negoziati sul Transatlantic Free Trade Agreement non abbia giocato un ruolo in questo spinoso affaire che attiene al diritto internazionale e, in particolare, alla Convenzione di Vienna sull’immunità diplomatica.

L’informativa del Governo

Per quanto riguarda il nostro paese, la vicenda Morales ci ha riguardato da vicino. L’Italia, infatti, con Francia, Spagna e Portogallo sarebbe uno di quei Paesi che avrebbero deciso di impedire il sorvolo al Falcon di Evo Morales. L’uso del condizionale è d’obbligo perché la versione del nostro esecutivo non coincide con quella diffusa dalle autorità boliviane. La fonte a cui far riferimento per dipanare la matassa è la informativa che il governo, tramite il nostro Ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha svolto giovedì 4 luglio davanti alle commissioni Affari costituzionali, Presidenza del consiglio e interni, affari esteri e comunitari e difesa di Camera e Senato. È opportuno far riferimento a questa comunicazione governativa perché la stampa, anche nel nostro Paese, continua ad alimentare la confusione sulla vicenda e se è pacifico che nessuno sia tenuto a ascoltare le informative, magari un’occhiata alle agenzie che ne riportano il contenuto è doverosa al fine di fornire una giusta informazione all’opinione pubblica. Ebbene, il Ministro è stato chiaro. Interrogata a proposito del caso Morales, ha risposto di poter fornire un cronogramma preciso degli eventi. Eccolo. Il 28 giugno la Bolivia chiedeva il permesso di volo nel nostro spazio aereo al Ministero degli Affari Esteri che lo trasferiva al Ministero della Difesa e, in particolare, allo Stato maggiore dell’Aeronautica. Il 29 giugno lo Stato maggiore rilasciava il permesso. Il 2 luglio alle ore 21.00 la sala operativa del comando operazioni aeree era informata dal Servizio informativo e di controllo che al velivolo del Presidente della Bolivia proveniente da Mosca era stato negato il permesso di sorvolo dello spazio francese, spagnolo, portoghese. Alle 21.17 il nostro Comando operativo verificava che l’aereo aveva già cambiato rotta dirigendosi verso Vienna – quindi senza dover passare per l’Italia – dove è atterrato mezz’ora dopo. Il nostro Paese, secondo la fonte governativa, non è stato coinvolto nella vicenda. Di più, Bonino ha spiegato che, in base al regolamento, quando si cambia rotta la richiesta di autorizzazione precedente decade. Quando, alle 01.20 del 3 i francesi hanno informato il nostro nucleo che, dopo le loro verifiche con gli omologhi austriaci, riconcedevano l’attraversamento del proprio spazio aereo, anche al nostro nucleo è arrivata la nuova richiesta con il nuovo piano di volo, richiesta a cui è stata data l’autorizzazione. Questo è quanto.

La rilevanza politica dell’affaire

Acclarata la dimensione “tecnica” della vicenda, resta però da valutare la sua rilevanza politica. La controparte boliviana, infatti, non ha mancato di mostrare tutto il suo disappunto e la sua riprovazione per una palese violazione del diritto, unendo alla sua la voce di tutto il continente latinoamericano. Da Caracas a Buenos Aires, da Brasilia a Quito e a Managua, è stato tutto un susseguirsi di dichiarazioni di fuoco e comunque, nel migliore dei casi, di ferma condanna per un gesto considerato oltraggioso e lesivo della dignità dei governi e dei popoli latinoamericani. Ad alzare la voce è stata anche l’ONU - attraverso la dichiarazione del segretario generale Ban Ki-moon - al pari delle varie organizzazioni politiche e partitiche della regione. Da più parti si sono invocate pubbliche scuse dei governi rei. Quel che conta è che è l’immagine stessa dell’Europa e, badate bene, dell’Europa mediterranea e latina, a uscirne pesantemente offuscata. Come si intende far fronte a questo discredito? Per quanto ci riguarda, quale azione il nostro governo intende porre in essere? Il nostro Paese celebrerà a dicembre la VI Conferenza Italia-America latina, un appuntamento che vuol essere non soltanto la vetrina delle relazioni tra l’Italia e i Paesi del continente ma anche uno strumento per consolidare il dialogo politico tra le due sponde dell’Atlantico. Come arriviamo a questo appuntamento, tenuto conto che molti - grazie al coordinamento del Comitato per le conferenze presieduto dall’ex sottosegretario Donato Di Santo stanno lavorando da mesi alla buona riuscita della conferenza? Le conferenze sono uno strumento, rispondono a una “politica di Stato” indipendente dalla maggioranza che governa quando l’appuntamento ha luogo e per ciò stesso sono un volano di politica estera potenzialmente straordinario. Dopo anni di opacità, di “ordinaria amministrazione”, ci si aspettava un rilancio politico proprio nella conferenza del 2013. Cosa si vuol fare per riannodare i fili di un dialogo compromesso? Non basta. Nel 2015 si terrà l’EXPO di Milano. Domenica 7 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il primo ministro Enrico Letta hanno ricordato il significato dello strumento dell’esposizione. Non solo vetrina ma “cuore della ripresa economica dell’Italia”. Quali riflessi potremmo avere circa la partecipazione dei paesi latinoamericani (risulta che il Brasile non abbia ancora confermato la sua partecipazione, pur avendo votato per Milano 2015)?

In altri termini, i prossimi saranno anni in cui l’Italia giocherà da pivot per il rilancio della partnership strategica con l’America latina. Siamo davvero pronti? Siamo convinti di volere davvero quest’alleanza fondata sul dialogo politico tra uguali? In America latina, fino all’altro giorno, tutti reclamavano un maggior ruolo del nostro Paese nel continente, riconoscendo talento, genialità, professionalità e tanta cultura in comune. Dopo il caso Morales, dobbiamo essere noi a fare un gesto di riavvicinamento.