Il commercio delle armi è un fattore importante dell’economia mondiale ma è anche una cartina di tornasole dei rapporti geopolitici e delle speranze della pace.

I dati dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) pubblicati nel marzo 2018 rivelano un aumento del 10% dei trasferimenti internazionali di armi da guerra nel quinquennio 2013-2017 rispetto al periodo 2008-2012. I maggiori esportatori di armi del mondo si confermano gli Stati Uniti con il 34% del totale e un incremento del 25% dal 2013 a oggi. Peraltro, è stato proprio durante la presidenza Obama che sono stati siglati importanti accordi con molti Paesi che garantiranno per lungo tempo il primato agli Stati Uniti.

Al secondo posto di questa graduatoria la Russia con il 22% del totale; le due grandi potenze che si sono confrontate durante gli anni della guerra fredda rappresentano dunque la metà delle esportazioni mondiali. Il peso del gigante russo è però in costante calo, con una perdita percentuale del 7,1 nell’ultimo quinquennio.

Un ruolo importante lo gioca anche l’Europa con la Francia (6,7%), la Germania (5,8%), il Regno Unito (4,8%), la Spagna (2,9%) l’Italia (2,5%) e l’Olanda (2,1%). Nella lista delle dieci nazioni che esportano più armamenti (l’Italia occupa il nono posto) ci sono anche la Cina (5,7%) e Israele (2,9%). Il commercio degli armamenti rimane concentrato nelle mani di poche nazioni e i cinque esportatori più importanti (Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina) raggiungono circa il 75% del mercato.

Non bisogna però sovrapporre meccanicamente i dati sul commercio con la quelli delle spese militari perché alcuni Paesi forniscono la dotazione ai propri eserciti basandosi principalmente sulla produzione nazionale. Per dare un’idea delle gerarchie, gli Stati Uniti spendono in armi tre volte la cifra investita dalla Cina, che è al secondo posto, e circa dieci volte più della Russia, che è al terzo.

Dai dati sui Paesi che importano più armi ci vengono preziose indicazioni per ricostruire un’anatomia delle aree a rischio. Al primo posto tra gli importatori di armi c’è l’India, un Paese che si trova in una situazione di tensione aperta con il Pakistan e di confronto con la Cina; gli indiani acquistano una parte cospicua dei loro armamenti dalla Russia, mentre sono proprio i cinesi a rifornire in modo importante il Pakistan e il Bangladesh.

Un’altra area che sta acquistando massicciamente armamenti è il Medio Oriente, con un ruolo importante dell’Arabia Saudita che, coinvolta nella guerra civile yemenita, ha incrementato i suoi acquisti di armamenti a partire dal 2013 del 225% ed è al secondo posto per le importazioni. Molto attivi nel riarmo anche Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Nel Medio Oriente il mercato delle armi fa riferimento principalmente agli Stati Uniti.

Il rapporto tra tensioni geopolitiche e riarmo è molto forte e in generale sono molte le ragioni che spingono un Paese ad armarsi e ad attrezzarsi dentro la competizione globale. Molte aree di crisi appaiono però come luoghi dove si coltivano, a volte all’ombra di altisonanti ideali, prosaici interessi e dove intorno ai conflitti prosperano affari e guadagni. Rimangono impresse le parole di papa Francesco che ha esortato più volte a porre fine al commercio delle armi, in quanto incrementa direttamente e indirettamente lo sviluppo dei conflitti e delle guerre.

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