Cominciata mesi fa come una corsa in salita, la strada che separa Ursula von der Leyen dall’inizio del suo mandato alla guida della Commissione europea si sta trasformando in una maratona ad ostacoli. Oggi, lunedì 30 settembre, prendono il via le audizioni dei membri del futuro esecutivo comunitario davanti alle commissioni parlamentari che dovranno valutarne competenza e integrità. Ma per due candidati l’avventura a Bruxelles potrebbe concludersi ancor prima di cominciare. Dopo aver verificato la presenza di possibili conflitti d’interesse, gli eurodeputati della Commissione giuridica hanno “sospeso” le candidature della rumena Rovana Plumb e dell’ungherese László Trócsányi a diventare rispettivamente commissari ai Trasporti e all’Allargamento.

L’ennesimo primato per von der Leyen: prima presidente donna della Commissione, prima ad aver garantito la quasi totale parità di genere fra i commissari, ma anche prima a vedersi respingere dal Parlamento i nomi di due commissari designati senza che questi si siano ancora presentati in aula.

Alla rumena Plumb gli eurodeputati contestano alcune incongruenze nella sua dichiarazione finanziaria. Lo stop all’ungherese Trócsányi, invece, è dovuto alla presunta mancanza di trasparenza della sua dichiarazione dei redditi. La palla torna quindi nel campo della presidente eletta, che potrebbe chiedere ai due candidati di chiarire la loro posizione ed eventualmente rinunciare ad alcune partecipazioni economiche. Oppure, domandare ai loro Paesi d’appartenenza di sostituirli con due nuovi nomi. Una mossa, quest’ultima, giudicata la più probabile visto che le candidature sia di Plumb che di Trócsányi erano già considerate fra quelle più a rischio di non passare l’esame del Parlamento.

Le audizioni più insidiose

Oltre a gestire la grana di Plumb e Trócsányi, von der Leyen deve sperare che la sua squadra sia in grado di superare al meglio le audizioni parlamentari che da oggi all’8 ottobre scandiranno il ritmo delle giornate politiche a Bruxelles. Il primo a doversi presentare davanti agli eurodeputati sarà il veterano slovacco Maroš Šefčovič, al suo terzo mandato come commissario, candidato a diventare vicepresidente con delega alle Relazioni internazionali e alle prospettive strategiche. Poi, uno dopo l’altro, tutti i membri del team von der Leyen dovranno rispondere alle domande degli eurodeputati, più agguerriti che mai nel voler esercitare il proprio potere di controllo democratico.

Fra le audizioni più attese c’è sicuramente quella del greco Margaritis Schinas, portavoce uscente della Commissione Juncker e oggi candidato alla vicepresidenza con delega alla “Protezione del nostro stile di vita europeo” e alle politiche migratorie. Da esperto comunicatore ed ex parlamentare europeo, Schinas dovrà effettuare un complicato esercizio di equilibrismo per difendersi dagli attacchi di chi rivede nella terminologia usata per chiamare il suo portafoglio un rimando alla retorica sovranista. «Proteggere lo stile di vita europeo da cosa?», aveva chiesto una giornalista greca a von der Leyen durante la conferenza stampa di presentazione della sua squadra, ottenendo una risposta abbastanza vaga dalla presidente eletta. Le polemiche scatenate nei giorni successivi hanno spinto la tedesca a scrivere una lettera aperta a diversi giornali europei per cercare di difendere la propria posizione e gettare acqua sul fuoco, anche se con scarsi risultati. In molti osservatori giudicano ormai inevitabile il cambio di nome del portafoglio durante i prossimi giorni, e non è escluso che sia lo stesso Schinas ad annunciare un passo in questo senso durante la sua audizione il 3 ottobre.

C’è attesa anche per l’audizione dell’italiano Paolo Gentiloni, candidato commissario all’Economia, a cui i deputati più rigoristi chiederanno sicuramente nuove garanzie sull’applicazione delle regole di bilancio UE. È da escludere qualsiasi rischio per la poltrona dell’ex presidente del Consiglio, ma dalle sue risposte si capirà ancora meglio fino a che punto vorrà spingersi la nuova Commissione nell’applicare le flessibilità delle regole comunitarie.

Fra chi potrebbe subire alcune critiche, ma non dovrebbe correre alcun rischio concreto di bocciatura, c’è anche la francese Sylvie Goulard, commissaria in pectore per Mercato interno, difesa e spazio, a cui gli eurodeputati chiederanno chiarimenti in merito alle inchieste giudiziarie che la vedono imputata. Stessa situazione per il belga Didier Reynders, candidato commissario per la Giustizia e lo Stato di diritto, contro il quale la magistratura belga ha recentemente deciso di archiviare senza darvi alcun seguito un’inchiesta preliminare su presunte accuse di corruzione nei suoi confronti.

Considerato come il nome più a rischio dopo quelli dei già citati Plumb e Trócsányi, è quello di Janusz Wojciechowski. Scelto da von der Leyen come commissario all’Agricoltura, il polacco conservatore è già stato eurodeputato e membro della Corte dei conti UE. Tuttavia, il suo curriculum europeo potrebbe essere offuscato da un’indagine dell’Ufficio antifrode europeo (OLAF, Office européen de Lutte Anti-Fraude), per i rimborsi di alcune spese di viaggio. Venerdì l’OLAF ha chiesto la chiusura di tale indagine avviata nel 2016, ma potrebbe non essere abbastanza per spianare la strada di Wojciechowski verso il Berlaymont.

Bocciature, i precedenti

Sebbene il Parlamento europeo abbia solamente il potere di respingere o accettare in blocco il collegio dei commissari, dal 2004 a oggi l’aula ha esercitato una pressione sempre più forte per sostituire eventuali candidati considerati non idonei e adeguare alcuni portafogli. La minaccia di votare contro il nuovo esecutivo si è infatti rivelata uno strumento molto potente per orientare nomi e scelte politiche della futura Commissione.

Il primo a fare le spese di questo meccanismo è stato un candidato italiano, Rocco Buttiglione, che nel 2004 è stato sostituito da Franco Frattini per il posto di commissario a Giustizia, libertà e sicurezza. I parlamentari contestavano a Buttiglione le sue prese di posizione in particolare sul ruolo delle donne e l’omosessualità, spingendo l’allora presidente della Commissione José Manuel Barroso a chiedere al governo di Silvio Berlusconi un nuovo candidato. Nello stesso anno, la Lettonia ha deciso di sostituire il nome di Ingrida Udre con Andris Piebalgs temendo un coinvolgimento della prima in pratiche giuridiche poco trasparenti.

Da lì in poi sono stati diversi i casi di nomi respinti dal Parlamento, compreso quello della bulgara Rumiana Jeleva, sostituita nel 2009 da Kristalina Georgieva. Una mossa che ha portato fortuna all’economista bulgara, che dal 1° ottobre sarà la nuova presidente del Fondo monetario internazionale.

Immagine: David Sassoli e Ursula von der Leyen, Bruxelles, Belgio (10 luglio 2019). Crediti: Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

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