“In parte uomo, in parte macchina, interamente poliziotto”. Recitava così nel 1987 la locandina del film Robocop, quando ancora la simbiosi tra tecnologia e uomini in divisa era frutto della fantasia di Hollywood. Nello stesso anno negli Stati Uniti nasceva il Comando per le Operazioni Speciali del Pentagono

– il SOCOM – che oggi a distanza di ventisette anni lavora sul serio alla creazione di una armatura altamente tecnologica da far indossare alle forze speciali. Il progetto si chiama TALOS – acronimo che sta per Tactical Assault Light Operator Suit – ed è stato accostato ad un altro blockbuster d'eccezione, ma decisamente più recente: Iron Man.

Il progetto è stato lanciato lo scorso anno con l'obiettivo di rivoluzionare l'equipaggiamento dei Navy Seals – le forze speciali dell'esercito americano – per garantire loro una adeguata protezione nelle operazioni che prevedono irruzioni “take a door”, quelle tipiche in cui si sfonda una porta, per intenderci. L'idea è quella di sviluppare una tuta corazzata anti-proiettile, dotata di sensori termici che rispondono agli impulsi celebrali, collegata ad un casco computerizzato. “Vogliamo fornire ai nostri operatori militari un sistema di protezione più leggero, più efficiente e a copertura anti-proiettile totale che assicuri loro una resistenza sovra-umana”, ha dichiarato ad Altidude il capitano della Us Navy Kevin Aandahl, portavoce del SOCOM.

Per assicurare un livello di resistenza così elevato si intende mettere a punto un sistema di monitoraggio che - in caso di ferite o perdita di sangue - provveda alla cura immediata del soldato con indosso la tuta, tramite l'utilizzo di una tecnologia simile alla Wound Stasis sviluppata dall'istituto di ricerca governativo DARPA. Così come sotto controllo sarà tenuta la stabilità termica all'interno della cosiddetta iron man suit. Umido o secco che sia infatti, gli iper-tecnologici soldati di domani non dovranno preoccuparsi nemmeno del clima che troveranno in missione. La Rini Technologies – azienda specializzata in sistemi di raffreddamento con sede in Florida – collabora con il progetto TALOS lavorando alla realizzazione di micro-impianti di raffreddamento per regolare la temperatura interna della tuta, che come detto sarà antiproiettile e iper-tecnologica.

Sfrutterà infatti la nuova frontiera del Liquid Body Armor, una particolare lega con liquido all'interno in grado di irrigidirsi in pochi millesimi di secondo frenando la corsa del proiettile e dissipando l'energia del proiettile sulla superficie dell'armatura. Una tecnologia ancora in fase sperimentale e che garantirà ai rambo corazzati una fluidità nei movimenti impensabile fino ad oggi con i classici giubbotti antiproiettile. Il tutto verrà gestito tramite un casco a protezione integrale – sviluppato dalla Revision – con tanto di display interno in cui saranno disponibili informazioni in tempo reale sull'operazione in corso, una sorta di evoluzione dei Google Glass in versione da combattimento. Il paragone con Iron Man fin qui regge, ad eccezione di un effetto speciale. L'armatura TALOS – come si legge sul sito del Dipartimento della Difesa – “non dovrebbe volare”.

Il primo prototipo TALOS sarà consegnato entro l'inizio della prossima estate, non più tardi del 20 giugno prossimo, ci confida Kevin Anndhal. Mentre per vedere in azione una di queste tute da combattimento futuristiche si dovrà aspettare ancora qualche anno: “Il primo prototipo operativo per il combattimento e che porterà ad una radicale trasformazione dei parametri di attacco e difesa delle nostre forze speciali sarà consegnato entro agosto del 2018”, ha dichiarato ad Altitude Kevin Anndahl.

Al progetto TALOS lavorano attualmente 20 istituti e dipartimenti governativi, tra cui la NASA e il Los Alamos National Laboratory, ma non solo. In un elenco pubblicato recentemente ci sono i nomi di 55 aziende private - tra cui la Nike e la Adidas - e 12 istituti accademici, tra cui il MIT e l'università di Harvard.

La ragione di questa sinergia tra ambiti differenti ce la fornisce direttamente il portavoce del SOCOM: “Non c'è una sola compagnia, una sola università o una sola persona ad avere la risposta al TALOS. Il nostro team di ricerca è aperto ai contributi di partner tradizionali e non-tradizionali” - ha dichiarato ad Altitude Kevin Aandahl sostenendo come “il progetto TALOS sta sfruttando l'esperienza delle menti più brillanti di tutto il Paese”.

Una ricerca della perfezione sintetizzata anche dalle parole dell'ammiraglio William McRaven, comandante del SOCOM: “Se sviluppiamo il TALOS nel modo giusto, avremo un considerevole vantaggio sui nostri nemici e daremo ai nostri guerrieri la protezione di cui necessitano in un contesto molto impegnativo come quello delle missioni speciali”. Ma non tutti i “guerrieri” esultano alle parole McRaven. È il caso ad esempio di Scott Neil, ex-sergente delle forze speciali oggi in pensione che in un'intervista ha dichiarato come “adesso i comandanti pretendono addirittura di mettere uno scimmione in un'armatura chiedendogli di sopravvivere a una scarica di mitragliatrice o a un'esplosione improvvisa”, spendendo centinaia di milioni di dollari per tecnologie di difficile impiego.

Ma rimane una voce isolata e gli Stati Uniti si preparano a vincere un'altra sfida nel campo dell'innovazione tecnologica militare. Il futuro, diceva Ronald Reagan nel 1986 ad un anno dall'uscita nelle sale di Robocop, non appartiene ai deboli di cuore ma ai coraggiosi, “perché siamo ancora pionieri”. E a distanza di quasi trent'anni, un po' pioniere si sarà sentito anche Barack Obama, quando nel febbraio scorso ha ammesso: “stiamo costruendo Iron Man”.

Pubblicato in collaborazione con Altitude, magazine di Meridiani Relazioni internazionali

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