L’Ungheria sta varando un pacchetto di leggi per contrastare il fenomeno dei migranti clandestini; la novità consiste soprattutto nell’introduzione di pene severe per chi in qualsiasi modo favorisca l’ingresso e la permanenza dei migranti irregolari, cioè li ospiti, li sostienga, fornisca indicazioni, offra cibo. Nel mirino ci sono dunque soprattutto le ONG del settore e il loro intervento umanitario e solidale.

Il partito conservatore Fidesz (Unione civica ungherese) e il suo leader Viktor Orbán sono usciti largamente vincitori dalle elezioni di aprile in cui hanno ottenuto il 49,5% dei voti e godono di un’ampia maggioranza in Parlamento, in forza della quale potrebbero approvare delle modifiche alla Costituzione. Provvedimenti drastici contro l’immigrazione clandestina sono stati al centro della propaganda elettorale e il bersaglio di questa formazione conservatrice e innervata di populismo è stato soprattutto George Soros.

Finanziere e filantropo, di origine ungherese ma cittadino degli Stati Uniti, George Soros con le sue Open society foundations, è diventato il simbolo della globalizzazione, dei poteri sovranazionali, dello scambio interculturale e della solidarietà con i migranti, risorsa di una società aperta. Le tematiche sovraniste di chi vuole portare avanti le istanze popolari contro le oligarchie economiche e politiche hanno trovato dunque un simbolo negativo contro cui scatenare la rabbia e la frustrazione. E così il pacchetto di leggi che vuole rinforzare il contrasto all’immigrazione clandestina è stato denominato Stop Soros, con una demonizzazione dell’avversario che ha suscitato molte perplessità.

Le critiche alle leggi non si sono fatte attendere; i provvedimenti sono stati criticati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e da molti osservatori convinti che l’impatto dei provvedimenti colpirà tutti i migranti e metterà in difficoltà tutte le organizzazioni umanitarie che si occupano del tema. Il giudizio dell’Unione Europea potrebbe essere molto negativo, se la nuova legislazione sarà valutata estranea ai valori di solidarietà e di giustizia su cui si fonda l’Europa. Ma questo atteggiamento di condanna potrebbe non scalfire in un primo momento l’orientamento degli elettori ungheresi: essere accusati di respingere tutti, non solo gli irregolari, contrapporsi alle direttive europee in nome della sovranità nazionale, porsi al di fuori del politicamente corretto, potrebbe tradursi in un consolidamento del già ampio bacino elettorale. E favorire il ricompattarsi da un punto di vista geopolitico dell’unità del Gruppo di Visegrád (costituito da Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia) nel respingere la politica dell’Unione Europea sul fronte migranti e in particolare il sistema dei ricollocamenti, che viene considerato un ricatto, in quanto collegato alla possibilità di ottenere finanziamenti. Una mediazione non sarà facile; l’edificio europeo risente della fragilità delle sue basi.

Crediti immagine: da European People’s Party. Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

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