“Negli ultimi tempi quelle strutture, quelle organizzazioni internazionali che criticavano l’Azerbaigian adesso concordemente constatano lo sviluppo del nostro paese”. Con queste parole, Vahid Ahmedov, deputato indipendente del Parlamento di Baku, ha commentato la risalita del suo paese nell’Index of Economical Freedom 2014 preparato dalla Fondazione Heritage e pubblicato sul Wall Street Journal. L’Azerbaigian, con 61,3 punti su 100, si è piazzato all’81 posto su 187 ed è entrato nella categoria dei paesi mediamente liberi dal punto di vista economico. Rispetto allo scorso anno, l’Azerbaigian è avanzato di 6 punti ed ha migliorato di 1,6 punti il proprio indice di libertà economica.

A detta del parlamentare, ultimamente in Azerbaigian si è fatto “moltissimo” per le libertà economiche. “L’Azerbaigian sta sviluppando normalmente. Non voglio dire che da noi non vi sia assolutamente alcun problema. I problemi ci sono, e li conosce anche il capo dello Stato. Ma essi sono in corso di soluzione. Vengono approvate leggi, si emettono decreti. Credo che tra poco tempo le questioni che turbano gli operatori economici saranno risolte”. E secondo il deputato, non è solo l’indice della Fondazione Heritage a confermare la libertà economica del paese. In Azerbaigian c’è un clima favorevole agli investimenti e sono state create tutte le condizioni per lo sviluppo dell’attività economica. Ahmedov ricorda che negli ultimi 10 anni l’economia azera è cresciuta di 3,4 volte, sono stati investiti oltre 150 miliardi di dollari, le riserve valutarie dell’Azerbaigian hanno superato i 50 miliardi di dollari e l’indice di disoccupazione è sceso al 5%.

“In Azerbaigian è stato fatto un enorme lavoro. Nelle regioni del paese sono state create tutte le infrastrutture necessarie. Il Fondo di sostegno dell’imprenditoria destina agli operatori economici circa 200 milioni di manat (188 milioni di euro). Nei prossimi 5-10 anni credo che l’Azerbaigian entrerà nel novero dei paesi sviluppati”.

Non si tratta (solo) di vuota propaganda. L’Azerbaigian è ricco di petrolio, tanto da essere definito dal Telegraph “la Dubai del Caucaso” e l’esportazione di oro nero è al centro della crescita del paese. Ma l’Azerbaigian, uscito da circa 80 anni di dominazione sovietica e dopo oltre 20 anni dalla caduta del regime comunista e dall’acquisizione dell’indipendenza, non ha ancora trovato il suo “posto al sole”. La sua situazione è ben definita da un recente titolo del New York Times: “L’Azerbaigian è ricco. Ora ha bisogno di essere famoso”.

Effettivamente, il paese è poco conosciuto all’opinione pubblica straniera - anche a causa delle sue caratteristiche geografiche, geopolitiche e religiose piuttosto dissonanti nella regione caucasica. Nel paese si parla una lingua turca, assai vicina al turco anatolico usato in Turchia. L’affinità linguistica con la Turchia è però bilanciata dalle differenze religiose. La grande maggioranza degli azeri aderisce all’islam sciita duodecimano, mentre i turchi anatolici (come praticamente la totalità delle altre etnie turche) sono sunniti, e nel corso della storia sciiti e sunniti hanno spesso incrociato le armi. L’adesione alla shi’ah accomuna gli azeri ai persiani, ma in questo caso è la lingua a dividere: quella parlata in Iran è l’indoeuropeo farsi, che non ha nulla a che vedere con il turco. Un ulteriore fattore di isolamento per l’Azerbaigian è la guerra con l’Armenia per la regione del Nagorno Karabach, che è sottoposta alla sovranità di Baku, ma è popolata in maggioranza da armeni. Il conflitto scoppiò nel 1992, fu straordinariamente sanguinoso e nonostante vari trattativi di soluzione è ancora aperto.

A seguito della politica di glasnost' iniziata negli anni Ottanta dal segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica Michail Gorbačëv, in Azerbaigian ebbero inizio disordini economici, politici e scontri etnici. Nel gennaio del 1990, l'esercito sovietico entrò nella capitale Baku sparando contro i manifestanti che, guidati dal Fronte popolare di opposizione, reclamavano l’indipendenza. Il numero ufficiale delle vittime fu di 130 morti e 700 feriti, ma ufficiosamente si parla di migliaia di vittime. Nello stesso anno fu eletto primo presidente dell’Azerbaigian l’ex dirigente comunista Ajaz Mutalibov. Il 30 agosto 1991, il Soviet Supremo azero votò una risoluzione per il distacco dall'Unione Sovietica ed il successivo 18 ottobre l'Azerbaigian dichiarò ufficialmente la propria indipendenza. A Mutalibov successe il leader del Fronte popolare (anticomunista) Abülfaz Elçibey e in ulteriori elezioni (spesso contestate) l’ex dirigente sovietico Gejdar Aliyev e poi suo figlio Ilham Aliyev. Alle ultime elezioni presidenziali del 15 ottobre 2008, Ilham Aliyev è stato eletto per la seconda volta presidente dell’Azerbaigian con oltre l’88% dei voti.

Le prime risorse energetiche nel Mar Caspio furono scoperte nel 1947 con il giacimento di Gjurgjany-mare, nel 1949 quello di Neftjanye Kamni e nel 1950 quello di Bank-Darwin.

Il giacimento più grande era appunto quello di Neftjanye Kamni, il cui sfruttamento iniziò nel 1959. Esso si trovava a 50 km dalla riva, a una profondità fra i 6 e i 27 metri. L’attuale bacino gaso-petrolifero di Baku continua a svolgere la funzione di motore principale dell’economia dell’Azerbaigian. Grazie al petrolio estratto e agli alti prezzi a cui viene venduto sui mercati mondiali, il PIL del paese è aumentato del 27% nel 2007. Sono stati realizzati gli oleodotti Baku-Tbilisi-Ceyhan e il gasdotto Baku-Erzurum.

Ciò che ha dato il più grande impulso alla produzione di idrocarburi in Azerbaigian è stata la scoperta dei giacimenti Azeri, Çiraq e Güneşli ancora in periodo sovietico, negli anni fra il 1979 e il 1987. Questi giacimento sono situati 100-120 chilometri a est di Baku, nel Mar Caspio.

Dopo l’indipendenza, l’Azerbaigian non disponeva di sufficienti risorse finanziarie per la rinascita del settore petrolifero. Per iniziare a sfruttare i giacimenti si puntò su capitali esteri. Nel gennaio 1991 fu indetto un concorso per la lavorazione di Azeri, Çiraq e Güneşli riuniti in un solo blocco e indicati con la sigla ACG. Dopo lunghe trattative, il 20 settembre 1994 fu concluso il primo contratto con compagnie petrolifere straniere - il ‘contratto del secolo’, la cui validità si estende fino al 2024.

Che l’Azerbaigian sia ricco di petrolio e di gas è indubbio, ma il paese soffre, sul piano della sua conoscenza nel mondo, della preponderanza dell’Iran, il ‘fratello sciita’. Quando Baku ha conquistato l’indipendenza, decidendo di essere uno stato laico, a Teheran era già insediato il regime degli ayatollah di Ruhollah Khomeini. Sia Khomeini che Ahmadinejad hanno sostenuto la teocrazia islamica e creato nel paese condizioni di vita difficili, non solo per gli iraniani, ma anche per gli stranieri che desiderassero svolgere in Iran un’attività produttiva.

Un timore diffuso in Azerbaigian è che - a causa della fede sciita - esso venga considerato all’estero una ‘brutta copia’ dell’Iran, a cui il mondo economico globale guardi con sospetto. In realtà, la shi’ah azerbaigiana, sviluppatasi in un contesto storico di maggior pluralismo religioso, non ha nulla a che vedere con l’intolleranza di Teheran, come non si stanca di sottolineare lo stesso capo degli sciiti di Baku, Allahşükür Paşa-zadeh. È appunto su questa differenza che l’Azerbaigian dovrebbe puntare per diventare adeguatamente ‘famoso’, oltre che ricco.

Pubblicato in collaborazione con Altitude, magazine di Meridiani Relazioni internazionali