Il 27 aprile di 20 anni fa i cittadini di colore della Repubblica Sudafricana si recavano alle urne per la prima volta. Fotografate dall’alto, le code formate dagli elettori sudafricani ai seggi sembravano lunghi serpenti umani. Il sentimento di orgoglio e fierezza era particolarmente vivo per quegli elettori che fino a pochi mesi prima avevano subito la segregazione del regime di apartheid. L’African National Congress (ANC), guidato da Nelson Mandela, riportò una vittoria schiacciante alle elezioni generali del 1994.

Il 7 maggio 2014 si sono svolte le quinte elezioni politiche del Sudafrica e l’ANC ha trionfato ancora con il 62.15% dei voti. Per capire le ragioni dell’ennesima vittoria del partito bisogna comprendere quali cambiamenti ha vissuto il Sudafrica, quali sono, invece, i problemi socio-economici radicati nel paese e chi sono gli avversari politici dell’African National Congress.

L’African National Congress è uno dei più antichi partiti del Sudafrica. Fondato nel 1912 con la missione di difendere i diritti e le libertà della maggioranza nera sudafricana, il mandato dell’ANC di oggi non è molto diverso da allora. Il partito che da vent’anni guida la Rainbow Nation è contraddistinto da tre colori. Manifesti e bandiere dell’ANC sono di colore nero, verde e oro. L’oro rimanda alle ricchezze minerali e naturali del Sudafrica, il verde al suolo rigoglioso del territorio, mentre il nero rappresenta la popolazione dei nativi, la maggioranza nera del Sudafrica.

I colori rappresentativi dell’ANC simbolizzano il fatto che la lotta per i diritti delle persone di colore non è solo parte della storia del partito, ma è anche uno dei cavalli di battaglia utilizzati tuttora dall’ANC. La disuguaglianza di opportunità tra neri e bianchi in Sudafrica incide ancora negativamente sull’economia e sulla società del paese. Per questo il programma dell’African National Congress si propone di garantire a ogni cittadino del Sudafrica condizioni di vita accettabili, un buon sistema educativo e servizi sanitari di qualità. Un altro importante obiettivo del partito è la riduzione della criminalità e della corruzione.

Il motto dell’ANC guarda al futuro, senza perdere di vista il passato di cui è stato protagonista. “Together we move South Africa forward” è lo slogan che più spesso è apparso nei video promozionali del partito o sui suoi manifesti. La richiesta apparentemente semplice è in realtà ricca di significato: ogni cittadino, bianco o nero che sia, deve e può contribuire al miglioramento e allo sviluppo del Sudafrica. E l’African National Congress ha già mostrato in passato che ciò è possibile. Dal 1994 al 2008, infatti, il partito ha guidato il più lungo periodo di crescita economica e inclusione sociale del paese. La crisi economica del 2008 ha invertito la rotta della crescita, ma l’ANC esprime ancora sicurezza agli occhi di molti cittadini sudafricani. Inoltre, l’ANC è stato il partito di Madiba, soprannome con cui era chiamato Nelson Mandela, scomparso appena cinque mesi fa. Non a caso Jacob Zuma, leader dell’ANC, ha dedicato a Madiba la vittoria di quest’anno.

Un elemento assente dalla campagna elettorale dell’African National Congress è proprio il suo attuale leader, Jacob Zuma. Il presidente del Sudafrica, eletto per la prima volta nel 2009 e ora confermato per un secondo mandato di 5 anni, non è molto popolare fra gli elettori. L’impopolarità deriva dagli scandali e  dalle accuse che  hanno segnato la carriera politica di Zuma fin dal suo esordio. Jacob Zuma si è presentato alle elezioni politiche del 2009 mentre a suo carico pendevano accuse di stupro e di corruzione. Assolto dalla prima, è risultato più difficile convincere i giudici e gli elettori della sua innocenza riguardo alle accuse di riciclaggio di denaro e di racket. Anche l’orgoglio con cui il settantenne Zuma afferma di essere poligamo non gli ha attirato molte simpatie.

Il più recente scandalo che lo ha riguardato risale allo scorso marzo, quando un’indagine indipendente del difensore civico sudafricano, Thuli Madonsela, ha scoperto che il restauro e l’allargamento della residenza privata di Jacob Zuma sono stati finanziati con soldi pubblici.

Il capo dell’ANC  si è allontanato abbastanza dagli ideali manifestati dal suo partito. Ed è forse per questo che l’ANC preferisce presentarsi con le parole e le immagini dei grandi leader del passato, che ancora colpiscono l’opinione pubblica sudafricana.

Nonostante i sondaggi prevedessero che la vittoria dell’ANC, alle elezioni del 7 maggio 2014, sarebbe stata schiacciante, il partito di Zuma ha registrato una lieve riduzione dei voti espressi in suo favore, pari al 3.75%.

Il secondo partito candidato alle elezioni generali, al contrario, ha registrato un aumento del 5.57%. È la Democratic Alliance (Alleanza Democratica, DA) di Hellen Zille.

La DA è erede e successore di una serie di partiti moderati o liberali succedutisi dal 1910 in poi. La coalizione Democratic Alliance nasce dall’alleanza del Democratic Party con il New National Party e con Federal Alliance. Quando il New National Party, nel 2001, ha scelto di uscire dalla coalizione e di allearsi all’ANC, il Democratic Alliance è diventato il maggiore partito dell’opposizione.

Il programma contenuto nel manifesto della Democratic Alliance presenta obiettivi simili a quelli dichiarati dall’ANC. Il DA pone l’accento sull’importanza di educare generazioni di giovani in grado di competere sul mercato del lavoro, ridurre la disoccupazione attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro e combattere la diffusa criminalità. Particolare risalto è dato, però, alla lotta alla corruzione. Ciò è dovuto al fatto che la parola “corruzione”, in Sudafrica, è spesso associata al leader dell’ANC, Jacob Zuma, e alla classe politica a lui fedele.

Anche la DA, così come l’ANC, guarda a un futuro ricco di cambiamenti, mirati a migliorare la situazione economica e sociale del paese. Lo si nota dalla campagna #lookingforwardto che la DA ha lanciato su Twitter, con lo scopo di coinvolgere i cittadini sudafricani, oltre che dall’attenzione nei confronti delle nuove generazioni che non hanno vissuto durante il regime di apartheid, dunque meno sensibili ai richiami al passato da parte dell’African National Congress.

Helen Zille, leader della DA, divenne famosa nel 1977 quando, mentre era giornalista per il quotidiano liberale Rand Daily Mail, scoprì le torture subite dall’attivista per i diritti dei neri, Steve Biko, mentre era sotto la custodia della polizia. A metà degli anni ’90, Zille entrò in politica tra le file del Democratic Party (Partito Democratico), successivamente diventato Democratic Alliance. In qualità di leader del maggiore partito dell’opposizione, Helen Zille ha sempre criticato il comportamento di Jacob Zuma e l’approccio dell’ANC nei confronti di questioni come l’indipendenza della magistratura e la gestione della criminalità. Temi particolarmente delicati e scottanti per l’African National Congress di oggi, proprio a causa degli scandali di cui Zuma, e la classe politica a lui fedele, sono stati protagonisti.

L’ultimo grande rivale dell’ANC è un movimento che si presenta come radicale, militante e di sinistra, dal nome Economic Freedom Fighters (Guerrieri della Libertà Economica, EFF). L’obiettivo primario dell’EFF, fondato da Julius Malema nel 2013, è la lotta per l’emancipazione economica del Sudafrica. A tale scopo il partito si ispira alle teorie economiche e politiche di Marx, Lenin e Fanon, seguendo dunque un approccio anticapitalista e internazionalista. Il programma contenuto nel manifesto dell’EFF parla di espropriazione senza indennizzo delle terre in vista di una loro equa redistribuzione e della nazionalizzazione delle miniere. L’EFF aspira a creare una società più aperta e responsabile, che non tema ritorsioni da parte di un governo corrotto. Il programma dell’EFF si ispira a un’interpretazione radicale della Freedom Charter, che nel 1955 sancì il diritto di ogni abitante del Sudafrica ad accedere alle risorse e alle opportunità offerte dal paese in cui è nato. L’EFF nelle elezioni di quest’anno si è attestato come terzo partito, con poco più del 6% di voti, percentuale di molto inferiore al 22% della DA o al 62% dell’ANC.

La figura di Julius Malema, guida del partito, è abbastanza controversa. La sua carriera politica inizia tra le file della Youth League dell’African National Congress, di cui è stato presidente. Membro dell’ANC, ne è stato espulso nel 2012 in seguito alle ripetute accuse di incitazione all’odio e di avere fomentato divisioni all’interno del partito.

All’inizio della sua scalata politica, molti avevano visto in Malema un futuro presidente del Sudafrica, ma per ora il leader dell’EFF sembra lontano dal realizzare tali aspettative. Più che per i suoi meriti politici, infatti, Julius Malema ha fatto parlare di sé a causa delle sue dichiarazioni sessiste e del suo razzismo nei confronti dei bianchi sudafricani.

L’ANC si è avviato alle elezioni di quest’anno sapendo che avrebbe ottenuto una quinta, facile vittoria. Ma il partito dell’African National Congress dovrebbe prepararsi per le prossime elezioni, perché non sarà sempre così semplice. Se si pensa alle nuove generazioni di elettori, le strategie propagandistiche dell’ANC non potranno più appigliarsi a temi e personaggi del passato che, certamente hanno segnato la storia del Sudafrica, ma che non possono essere utilizzati con efficacia nei periodi di campagna politica ancora per molto. Secondo il New York Times, molti giovani sudafricani non si sono recati alle urne perché non hanno intravisto una valida alternativa all’ANC e sono consapevoli del fatto che il partito può contare sul voto dei loro genitori e dei genitori dei loro genitori. Nel caso in cui emergesse un’alternativa all’African National Congress, gli stessi giovani esprimerebbero la loro preferenza. E farebbero la differenza.

È inoltre necessario sviluppare nuove politiche per risolvere nuovi e vecchi problemi del paese. Non sempre i metodi utilizzati in passato si sono dimostrati vincenti. Le riforme economiche della fine degli anni ’90, cosiddette GEAR (Growth, Employment and Redistribution) erano state criticate per non avere sufficientemente ridotto la disoccupazione. E la mancanza di un impiego è ancora uno dei problemi più a cuore ai giovani elettori sudafricani, nel triennio 2009-2013 la disoccupazione giovanile era pari al 52%, mentre nel primo trimestre del 2014 il tasso di disoccupazione totale era del 25.2%. Nonostante una classe media di colore si possa considerare ormai affermata, persistono gravi disuguaglianze nel settore del lavoro. E si devono anche incrementare gli sforzi per meglio prevenire e curare una delle più gravi piaghe del Sudafrica: l’AIDS.

L’African National Congress e la Democratic Alliance durante il periodo di campagna elettorale parlavano spesso del futuro, cui guardavano con speranza. Ma il Sudafrica dell’ANC, un tempo considerato lo stato più democratico e avanzato di tutto il continente, oggi ha poche rosee prospettive davanti a sé. Anche per questa ragione l’ANC dovrà rimboccarsi le maniche in vista dei prossimi cinque anni.

Pubblicato in collaborazione con Altitude, magazine di Meridiani Relazioni internazionali

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