Si è tenuta a metà dicembre a Pechino la più importante riunione dell’anno del Comitato centrale del Partito comunista cinese (PCC) e del Consiglio di Stato cinese in materia di politica economica. È una riunione che viene convocata con cadenza annuale, ed è in questa occasione che la leadership cinese traccia un bilancio del lavoro svolto in campo economico nell’anno appena trascorso e delinea le politiche economiche per l’anno successivo.

L’appuntamento di quest’anno è stato seguito con grande attenzione dagli osservatori internazionali, desiderosi di carpire informazioni sulla strategia economica individuata da Pechino per il 2020 e intuire come il governo cinese affronterà al contempo il rallentamento della crescita, i rischi finanziari e la guerra commerciale. La risposta della dirigenza cinese sembra ruotare attorno alla parola “stabilità”, posta in una posizione di vertice nella scala delle priorità del Paese (wen zi dangtou 稳字当头) e giudicata elemento imprescindibile per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020.

Va detto innanzitutto che quello che sta per iniziare non è un anno qualsiasi. Non solo perché porta con sé alcune scadenze importanti, ma anche perché apre la strada a una nuova marcia che la Cina dovrà compiere per realizzare il suo sogno di “grande rinascita della nazione cinese” (zhonghua minzu weida fuxing de zhongguo meng 中华民族伟大复兴的中国梦). E, proprio in una fase cruciale come quella attuale, la formulazione di adeguate politiche economiche viene considerata dalla leadership di Pechino di assoluta importanza. La necessità di sviluppare un piano economico che permetta alla Repubblica Popolare di prepararsi al meglio alle sfide esistenti nasce, oltre che da valutazioni riguardanti dinamiche interne al Paese, anche dalla consapevolezza del permanere di numerose “incertezze” nel contesto internazionale. La “ricerca di un equilibrio dinamico tra i molteplici obiettivi” (zai duochong mubiao zhong xunqiu dongtai pingheng 在多重目标中寻求动态平衡) potrebbe rappresentare la ricetta architettata dal governo cinese per riuscire nei suoi intenti.

Sul fronte interno, nel 2020 la Repubblica Popolare dovrà mettere a segno il primo degli obiettivi dei cosiddetti “due centenari” (liang ge yi bai nian 两个一百年), facendo sì che l’edificazione di una “società del piccolo benessere” (xiaokang shehui 小康社会) trovi pieno compimento nell’anno che precede il centenario della fondazione del Partito comunista cinese. Uno dei target della “società del piccolo benessere” consiste nel raddoppiare entro il 2020 il PIL e il reddito pro capite dei residenti urbani e rurali rispetto ai livelli del 2010. Proprio a questo riguardo, diversi analisti ritengono probabile un obiettivo di crescita per il 2020 intorno al 6%: un target che segnerebbe sì un calo rispetto alla stima di quest’anno fissata in una forbice tra il 6% e il 6,5%, ma che si atterrebbe al concetto di “nuova normalità” introdotto dal presidente cinese Xi Jinping proprio in riferimento ai cambiamenti in atto nell’economia del Paese; inoltre, il suo conseguimento non dovrebbe richiedere stimoli eccessivi che potrebbero esacerbare i rischi finanziari e garantirebbe di centrare l’obiettivo del raddoppio del prodotto interno lordo.

Un tema che sta a cuore alla dirigenza cinese è proprio quello legato alla prevenzione dei rischi finanziari sistemici. Aspirazione, questa, che rientra tra le cosiddette “tre grandi battaglie” (san da gongjianzhan 三大攻坚战), legate a doppio filo all’edificazione di una “società del piccolo benessere”. Oltre alla prevenzione e all’annullamento dei rischi maggiori, le “tre grandi battaglie” hanno come fine la lotta alla povertà tramite l’implementazione di politiche mirate e l’adozione di metodi consoni alle specifiche realtà territoriali, la prevenzione dell’inquinamento e il risanamento dei territori inquinati.

Il 2020, inoltre, accompagnerà la transizione tra il Tredicesimo piano quinquennale, che arriverà alla sua naturale scadenza proprio l’anno prossimo, e il programma di sviluppo economico per il quinquennio successivo. Dovranno altresì essere gettate solide basi per il raggiungimento, entro la metà del XXI secolo, del secondo obiettivo individuato dalla leadership di zhongnanhai, ossia rendere la Cina un forte e moderno Stato socialista che sia prospero, democratico, civile, armonioso e bello (fuqiang minzhu wenming hexie meili de shehui zhuyi xiandaihua qiangguo 富强民主文明和谐美丽的社会主义现代化强国). Traguardo, questo, che prevede una tappa intermedia: nel 2035, infatti, il Paese avrà già dovuto “realizzare nell’insieme la modernizzazione socialista” (jiben shixian shehui zhuyi xiandaihua 基本实现社会主义现代化).

L’assoluta centralità che riveste la stabilità nella politica di Pechino si palesa in un altro concetto chiave coniato dalla dirigenza cinese: le “sei stabilità” (liu wen 六稳). Si tratta di un’espressione che enfatizza l’importanza di assicurare stabilità in sei diversi ambiti, ossia occupazione, finanza, commercio con l’estero, capitali stranieri e investimenti; la “sesta stabilità” deve manifestarsi nelle aspettative, attese, previsioni.

Sempre sul fronte interno, Pechino ha evidenziato alcune potenziali criticità, sottolineando, ad esempio, che “problemi di natura strutturale, istituzionale e ciclica si intrecciano gli uni agli altri”; ha parlato poi dell’influenza della cosiddetta “sovrapposizione dei tre periodi” (san qi diejia 三期叠加), espressione che denota il cambio di passo nella velocità della crescita economica, le ricadute dell’aggiustamento strutturale e l’assimilazione, ancora in atto, del primo pacchetto di misure di stimolo varato dalla Cina agli albori della crisi finanziaria internazionale; e ha citato, infine, “pressioni al ribasso in aumento sull’economia”.

Per sostenere la crescita il governo continuerà a perseguire una politica fiscale “proattiva” e una politica monetaria “prudente”. Quanto al mercato immobiliare, si continuerà a seguire il motto “le case sono costruite per essere abitate, non per la speculazione”; quest’ultima, infatti, è considerata da Pechino una grande minaccia alla stabilità finanziaria e sociale del Paese. Rimane in cima all’agenda del governo anche il tema dell’occupazione, che gioca un ruolo chiave ai fini della stabilità sociale. E si continueranno a promuovere interventi dal lato dell’offerta.

Ma la necessità di programmare un’adeguata agenda economica viene evidenziata anche alla luce dell’attuale situazione globale, caratterizzata da una crescita economica “che continua a rallentare” e dal delinearsi di “rischi e fonti di turbolenza” crescenti. La situazione genera quindi l’esigenza di farsi trovare pronti mediante la definizione di un “piano preventivo”, si legge nel comunicato diffuso al termine della riunione.

Va detto, ad ogni modo, che obiettivi economici specifici per il 2020 saranno svelati ufficialmente solo nel marzo prossimo, quando il primo ministro cinese Li Keqiang leggerà il rapporto sul lavoro del governo all’apertura dei lavori dell’Assemblea nazionale del popolo.

Immagine: Xi Jinping (5 luglio 2017). Crediti:  360b / Shutterstock.com

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