Primo fra le istituzioni europee e compatto nella sua decisione, il Parlamento europeo ha ufficializzato il suo supporto all’opposizione venezuelana e all’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidó affinché traghetti il Paese verso elezioni democratiche giovedì 31 gennaio, quando, riunito in sessione plenaria a Bruxelles, ha votato a larga maggioranza (439 sì, 104 no e 88 astensioni) una risoluzione non vincolante in cui «riconosce Juan Guaidó come legittimo presidente ad interim della Repubblica bolivariana del Venezuela […] e sostiene appieno la sua tabella di marcia». Non solo, il Parlamento UE «chiede che l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea e gli Stati membri assumano una posizione ferma e unita e riconoscano Juan Guaidó come unico e legittimo presidente ad interim del paese fino a quando non sarà possibile indire nuove elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili per ripristinare la democrazia».

Parlamento UE da tempo al fianco dell’opposizione venezuelana

Il riconoscimento della presidenza di Guaidó è solo la più recente di una serie di iniziative con cui il Parlamento europeo ha sostenuto l’opposizione democratica venezuelana negli ultimi anni. Nel 2017 l’Assemblea nazionale di Caracas e i prigionieri politici del governo Maduro furono insigniti del Premio Sakharov per la libertà di pensiero, il riconoscimento che il Parlamento UE assegna ogni anno a persone e associazioni che si siano distinte nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali. «Il premio è per tutti i venezuelani nel mondo», disse all’epoca il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. Per celebrare il riconoscimento, la gigantografia di una manifestante di Caracas con una bandiera venezuelana sul petto e la mano sul cuore ha sovrastato per mesi Place du Luxembourg a Bruxelles, dove ha sede l’assemblea legislativa comunitaria.

Giovedì, poco dopo il voto in aula, Tajani ha postato sui social network un estratto della sua telefonata con Guaidó in cui gli ribadiva il sostegno dell’Aula al suo operato. «Ti siamo vicini» ha detto Tajani in spagnolo all’autoproclamato presidente ad interim.

Il Giano bifronte della politica estera europea

Ma sono bastate poche ore perché il Giano bifronte della politica estera europea mostrasse il suo secondo profilo. Dopo che alcuni Paesi dell’Unione (Francia, Germania, Spagna, e poi anche Gran Bretagna) avevano lanciato un ultimatum a Nicolás Maduro, i ministri degli Esteri UE non avevano trovato l’intesa sul riconoscimento ‒ seppur implicito – della presidenza ad interim di Guaidó a causa del voto contrario dell’Italia. Le prime avvisaglie dello scontro in atto fra diplomazie europee c’erano già state pochi giorni prima, quando Roma aveva tentato di smorzare i toni di una dichiarazione dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza dell’Unione Europea Federica Mogherini concordata con tutte le capitali UE, nella quale l’Unione si dichiarava a favore di elezioni libere nel Paese, «altrimenti saranno intraprese ulteriori azioni».

La seconda picconata al castello che la Commissione europea stava faticosamente tentando di costruire era arrivata proprio con il voto al Parlamento UE. Gli eurodeputati di Lega e Movimento 5 stelle sono stati compatti nell’astenersi, sostenendo di voler far prevalere la mediazione e il dialogo politico sullo scontro, «preoccupati che qualche Stato possa cercare di forzare la mano lanciandosi in avventure militari dal dubbio esito», ha spiegato l’europarlamentare pentastellato Fabio Massimo Castaldo.

Al mancato appoggio dei partiti di governo italiani si è aggiunto, un po’ a sorpresa, anche quello di sei parlamentari del PD. Il testo messo ai voti avrebbe «danneggiato il lavoro di mediazione portato avanti dall’Alto Rappresentante Mogherini sostenuto dai governi europei, dando l’immagine di una ingerenza sproporzionata in una fase delicatissima», ha detto Brando Benifei, uno dei sei eurodeputati che hanno deciso di distanziarsi dalla linea del Partito democratico.

Il mondo si schiera

Bypassando la mancanza di accordo fra gli Stati, Mogherini ha deciso di creare un Gruppo di contatto internazionale sul Venezuela, formato da otto Stati UE (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito) e quattro dell’America Latina (Bolivia, Costa Rica, Ecuador e Uruguay), che si riunirà per la prima volta il 7 febbraio a Montevideo. L’obiettivo è creare le condizioni per una transizione politica pacifica che porti ad elezioni libere e trasparenti.

Il tentativo di Mogherini non riesce però a nascondere che l’Unione Europea è arrivata ancora una volta divisa all’appuntamento con la storia. E forse non è azzardato pensare che uno scenario del genere fosse quello a cui aspirava anche il presidente USA Donald Trump, fra i primi leader mondiali a riconoscere la presidenza ad interim dell’ingegnere trentacinquenne Guaidó. Una mossa studiata che ha costretto il mondo a schierarsi, mettendo a nudo tutte le contraddizioni che stanno minando le basi dell’Europa contemporanea.

Crediti immagine: Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

Argomenti

#Europa#Bruxelles#Parlamento europeo#venezuela