Numerosi sono gli indizi che si possono dedurre oggi sulla direzione che prenderà il processo di transizione tunisino partendo da quanto è avvenuto durante il Congresso del partito al-Nahdha (lett. “La Rinascita”), la prima forza politica del paese.
I lavori congressuali, iniziati a Tunisi lo scorso 12 luglio e conclusi cinque giorni dopo, hanno rappresentato la prima manifestazione pubblica di questo genere del movimento, dopo oltre quarant’anni di clandestinità.
Tema del congresso è stato la definizione delle strategie economiche e politiche del partito per i prossimi due anni. Un periodo delicato per un movimento che, a capo della coalizione di governo, dovrà traghettare il paese fino alle prossime elezioni legislative, previste per il 2013, ed allo stesso tempo affrontare una profonda crisi economica. Da qui la necessità di definire una linea unitaria, modellata sui nuovi rapporti di forza interni e capace di dettare una più coerente road map all’attività dei rappresentanti di al-Nahdha nell’Assemblea costituente e nel governo provvisorio.
Prima tappa del Congresso l’elezione del nuovo Presidente e dei 100 membri che, per il momento, comporranno il Majlis al-Shura, ovvero il Consiglio nazionale del partito. La vittoria di Rashid Ghannushi, storico leader del movimento, con oltre il 72% dei voti è stata da tutti considerata come la conferma della linea adottata negli ultimi mesi dal partito. A Ghannushi il Congresso ha dato inoltre via libera per costituire autonomamente l’Ufficio esecutivo, anch’esso con un mandato biennale.
Altre risoluzioni adottate avranno tuttavia un peso maggiore nel processo di transizione. Il Congresso ha infatti definito la linea del partito su alcune tematiche che nei mesi passati hanno suscitato profonde polemiche, indebolendo l’immagine di “partito unificatore” che al-Nahdha si era costruito nel corso dei primi mesi del 2011.
Contro le accuse di oscurantismo, spesso presenti sulla stampa nazionale più laica, è stata confermata l’intenzione di mantenere intatti i diritti delle donne che la Repubblica tunisina ha maturato negli ultimi quarant’anni. Alle correnti più intransigenti e conservatrici che accusavano il partito di eccessivo moderatismo è lo stesso Abdellatif Mekki, Presidente del Congresso e Ministro della Salute a rispondere, affermando nella conferenza stampa di chiusura l’intenzione di “criminalizzare coloro che oltraggiano la religione, perché chi oltraggia la religione viola la libertà degli altri”.
Numerosi interventi hanno sostenuto la necessità di costruire un partito capace di attrarre il maggior numero di consensi, anche attraverso una più accorta politica di alleanze. Tra le proposte accolte vi è stata anche quella di allargare l’esecutivo ad altre forze moderate, al fine di aumentare la propria legittimità di azione. È probabile quindi che si produca a breve un rimpasto di governo, se gli altri partiti della coalizione daranno il loro assenso.
I rapporti con questi partiti sembrano in effetti non essere proprio idilliaci. Profonde divisioni sono emerse negli ultimi mesi, soprattutto intorno all’architettura istituzionale che l’Assemblea costituente tunisina dovrà definire in un lasso di tempo relativamente breve. La mozione generale approvata dal partito alla fine del Congresso ha proposto un regime parlamentare fondato su un sistema elettorale proporzionale assoluto. Tale scelta (che a detta di molti politologi premierebbe i maggiori partiti, soprattutto se accompagnata da una soglia di sbarramento per l’ingresso in Parlamento) non è condivisa dagli altri partiti della coalizione, che preferirebbero un regime presidenziale con un sistema solo parzialmente proporzionale. Con tale mozione il Congresso ha deciso di affermare con forza la volontà del partito di mostrarsi compatto su alcuni punti chiave del processo di transizione, nonostante le divergenze interne emerse nelle ultime settimane.
Oltre le dichiarazioni di facciata, tali divisioni sono comunque emerse durante i lavori congressuali, soprattutto in alcuni momenti chiave come nelle fasi di votazione dei prossimi quadri di partito.
Ad esempio, come ha sottolineato Mounir Ben Mahmoud dalle pagine del quotidiano Business News, la maggioranza dei membri del Congresso si è rifiutata di adottare il “Rapporto morale” presentato dalla Direzione del movimento, giudicandolo troppo moderato nei giudizi ed insufficiente nel descrivere i problemi che i militanti di al-Nahdha hanno dovuto affrontare durante il periodo di clandestinità.
È da segnalare inoltre il comportamento differente da parte dei congressisti durante le elezioni del Presidente del partito e quelle del Consiglio nazionale. L’ampia vittoria di Rashid Ghannushi per la carica di Presidente (portatore di una linea moderata e pragmatica) ha avuto come contraltare la netta vittoria nel Majlis di Sadok Shourou una delle figure maggiormente rappresentative dell’ala radicale.
L’esistenza di divergenze programmatiche in seno al partito non è del resto un mistero. I membri del Congresso hanno tuttavia dimostrato di saper assegnare loro il giusto peso politico, senza minare l’unità d’intenti del movimento. L’equilibrio raggiunto sembrerebbe mettere oggi al-Nahdha in una posizione di forza rispetto alle altre forze politiche tunisine. A loro la prossima mossa.
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