FEBBRAIO 2013

A giudizio ottantenne per omicidio durante rivoluzione culturale

Le autorità della provincia orientale cinese dello Zhejiang hanno deciso di processare un ottantenne in relazione a un omicidio commesso durante gli anni dei disordini politici della Rivoluzione Culturale (1966-1976). Lo riferisce Radio Free Asia. L’uomo, identificato solo con il cognome, Qiu, è accusato di aver ucciso un medico nel 1967, strangolandolo con l’aiuto di complici e poi seppellendone il corpo. Qiu è stato fermato dopo quasi tre decenni di latitanza, in quanto l’accusa di omicidio venne formulata contro di lui nei primi anni ottanta. Il caso sta suscitando molte polemiche nel paese, alcuni commentatori on-line hanno detto che l’uomo non dovrebbe essere perseguito per un crimine che è accaduto più di 40 anni fa, mentre altri parlano di una possibile resa dei conti con la violenza politica di quel discusso periodo storico. L’avvocato per i diritti umani, Liu Xiaoyuan, ha detto tramite il suo account su Sina Weibo, il twitter cinese, che non è giusto accanirsi ora contro un solo uomo, per giunta vecchio, quando tanti omicidi ebbero luogo durante lo stesso periodo e sono rimasti impuniti. “La rivoluzione culturale – ha detto invece l’attivista Du Guangda – è stata una calamità, e tutti i cinesi sono state le sue vittime”, paragonando poi il processo a Qiu al perseguimento dei criminali di guerra nazisti che si erano nascosti in sud america. Il numero di persone che sono morte durante la Rivoluzione Culturale non è noto, anche se uno studioso di Harvard, John K. Fairbank, ha stimato che nel solo 1967 morirono circa mezzo milione di persone.
Secondo un avvocato di Pechino, Ding Jiaxi, tuttavia, nel caso di Qiu non si può pensare di andare a processo anche perché sarebbero passati i 20 anni di prescrizione previsti dal diritto penale cinese. La rivoluzione culturale e i suoi lati oscuri costituiscono ancora quasi un tabù in Cina. Nel 2010 i piani di organizzare una celebrazione per le vittime della Rivoluzione culturale a Pechino sono stati archiviati. Dall’altro lato però, poco dopo, un gruppo di ex guardie rosse di Mao, costituito da ex studenti che denunciarono e perseguirono in quegli anni insegnanti, medici in nome della rivoluzione, hanno espresso le loro pubbliche scuse nei confronti delle loro vittime. Nel 2006, nella città di Shantou, nella provincia dello Shandong, è stato costruito un museo per onorare coloro che sono morti in quella provincia meridionale durante il caos politico di quegli anni. Secondo i dati disponibili, nella sola Shantou, 100.000 persone sono state accusate come criminali, mentre più di 4.500 sono stati feriti o sono rimasti disabili, e circa 400 persone sono morte.

Contro l’inquinamento cinese, stop ai barbecue

Stop ai barbecue e ai picnic a base di grigliate. Per arginare la proliferazione di gas ad effetto serra, Pechino mette al bando i cibi cotti con legna o carbonella per strada e all’aperto. Il Ministero della Salute cinese li vuole vietare almeno nelle grandi città per il loro alto effetto inquinante: producono troppo fumo e inducono la gente a trascorrere troppo tempo all’aria aperta, esponendole al rischio di respirare aria inquinata. Contro la tradizione dei barbecue gioca anche il fatto che nessuno può dire cosa utilizzino i venditori ambulanti per produrre il fuoco e le braci. C’è il sospetto che vengano usati anche molti materiali dannosi. E così è semaforo verde per i pranzi e le cene in casa e per cibi cotti al vapore o al forno. Ma il divieto dei barbecue non piace ai cinesi: l’usanza di mangiare per strada e di comprare cibo nei piccoli chioschi attrezzati che arrostiscono carne (specie sotto forma di spiedini), è particolarmente diffusa nelle grandi città. La preoccupazione principale delle autorità restano le polveri sottili, il cosiddetto particolato PM 2,5, cioè le particelle di diametro inferiore a 2,5 micron, che proprio perché sottilissime riescono a penetrare con maggiore facilità nei polmoni, provocando problemi di vario genere, soprattutto respiratori. Lo stop ai barbecue è solo l’ultima delle misure di un ampio armamentario messo in campo dal governo cinese per migliorare la qualità dell’aria entro il 2020. Tra gli strumenti, anche l’introduzione di una tassa sulle emissioni di carbone per scoraggiare le grandi aziende dall’emettere sostanze inquinanti, pena il pagamento di più tasse. Ma il problema non è solo l’aria. Secondo recenti dati della China Geological Survey, il 90% delle falde acquifere cinesi è inquinato e di queste il 60% lo è gravemente. Solo meno del 3% sarebbero pulite. Un ambientalista, Deng Fei, ha lanciato una provocazione offrendo oltre 20.000 euro ad un funzionario della protezione ambientale che decidesse di nuotare in uno dei fiumi inquinati. Su internet si rincorrono le denunce e le segnalazioni, che spesso hanno per oggetto aziende senza scrupoli, e si offrono ricompense a coloro che denunciano gli scarichi illegali delle industrie. Preoccupante anche la situazione nel delta del Fiume delle Perle, dove sono stati riscontrati pericolosi concentrati di composti organici azotati che provengono dalle fabbriche della zona, in primo luogo quelle cosmetiche. I timori per l’inquinamento in Cina travalicano anche i confini nazionali. Oggi la città di Awara, nella prefettura giapponese centro-occidentale di Fukui, ha deciso di sospendere le visite degli studenti giapponesi in Cina nell’ambito di un progetto di interscambio con Shaoxing, città nella provincia dello Zhejiang, per paura di esporre i ragazzi ad aria inquinata. I giapponesi lamentano anche che la coltre di inquinamento che a metà del mese scorso ha oppresso Pechino, portando i valori del Pm 2.5 ad oltre 900, a causa dei venti ha infestato anche il paese del Sol Levante. L’aria è considerata di buona qualità se l’indice è inferiore ai 50 microgrammi per metro cubo: sopra i 300 scatta l’allarme per la salute e l’invito alla popolazione a ridurre al minimo le attività all’aperto.

Successo per i fan club online dei politici cinesi

Nascono in Cina i fan club on line dei principali leader politici del paese. Secondo quanto riferisce il Global Times questi nuovi microblog, nei quali vengono postati interventi, discorsi, attività degli uomini politici cinesi, stanno riscuotendo molto successo e contano già migliaia di seguaci nella rete. Tra i più amati quello, su Sina Weibo, chiamato “Xuexifensituan” dedicato al capo del partito e prossimo presidente della repubblica, Xi Jinping, e “Xianglixuexi” che invece si occupa del futuro premier Li Keqiang e di sua moglie, Cheng Hong, con post sulle attività del leader politico ma anche curiosità e aneddoti relativi alla sua vita e alla sua famiglia. “Brother Li” e “Sister Chen”, così sono chiamati on line Li e sua moglie, hanno già attratto on line oltre 10.000 seguaci in sole due settimane, da quando cioé il microblog ha aperto. Nella sola giornata di ieri sono stati oltre 1.000 i nuovi utenti che hanno iniziato a seguire il blog. Secondo le informazioni i microblog sono stati aperti da comuni cittadini, non necessariamente collegati ai rispettivi leader di cui parlano. Secondo un funzionario pubblico intervistato dal quotidiano cinese, il successo di questi nuovi strumenti suggerisce che la gente si aspetta un rapporto più diretto con i nuovi leader del paese, sperando che questo possa anche facilitare le riforme e una maggiore trasparenza e democrazia nelle questioni pubbliche. Il blog sul presidente in pectore, Xi Jinping, ” Xuexifensituan”, che contiene anche molte foto del leader politico, ha raggiunto oltre 1 milione di seguaci. Alcuni utenti hanno sollevato il dubbio che sia gestito da un team ‘ufficiale’, ipotesi che è stata scartata dopo che un giovane di 28 anni di Wuxi, ha dichiarato di esserne il proprietario.

Nuova immolazione pro Tibet, superata quota 100

Un tibetano tra i 20 e i 30 anni, Drugpa Khar, si è suicidato dandosi fuoco a Xiahe (Sangchu in tibetano), nella provincia cinese del Gansu. Lo ha affermato oggi la Campagna Internazionale per Tibet, secondo la quale i tibetani ad essersi “autoimmolati” in una disperata forma di protesta anticinese sono 101, senza contare i due che si sono immolati a New Delhi e a Kathmandu. Prima di darsi fuoco gli autoimmolati gridano slogan favorevoli al Dalai Lama, il leader buddhista e premio Nobel per la pace che vive in esilio, e contro la politica cinese nel territorio. Dei 101 immolati, 85 sono sicuramente morti, mentre la sorte degli altri è incerta, sempre secondo la Campagna Internazionale per il Tibet. Le immolazioni sono avvenute in maggioranza nelle aree a popolazione tibetana delle province cinesi del Sichuan e del Qinghai. Decine di tibetani sono stati condannati a pene detentive fino a dieci anni per aver “istigato” o “aiutato” gli autoimmolati. Uno di loro ha ricevuto una condanna a morte “sospesa”, che in genere in Cina viene tramutata in ergastolo. Secondo Pechino sarebbe proprio il Dalai Lama a “orchestrare” le immolazioni. Il leader tibetano ha respinto le accuse e le ha condannate, pur affermando di “comprendere” le motivazioni di chi sceglie questa estrema forma di protesta.

Morto Zhuang Zedong, protagonista de “la diplomazia del ping pong”

Il suo incontro casuale con un altro giocatore di tennis da tavolo, l’americano Glenn Cowan, cambiò la storia dei rapporti tra Cina e Stati Uniti, spalancandogli le porte della leggenda come artefice della ‘diplomazia del ping pong’. La vicenda di Zhuang Zedong, morto a 73 anni, fu un episodio cruciale per la politica e la cultura degli anni Settanta, tanto da essere immortalato nell’affresco sull’America di Winston Groom Forrest Gump, portato poi magistralmente sugli schermi da Robert Zemeckis e Tom Hanks. Come giocatore Zhuang era considerato un vero e proprio eroe popolare, tre volte campione nazionale e tre volte mondiale, fino a diventare tra i preferiti di Jiang Qing, moglie di Mao Tze Dong. Nell’aprile del 1971 Zhuang si trovava in Giappone per partecipare ai mondiali con la squadra nazionale cinese, che ovviamente aveva ‘l’ordine' di vincere. Un pomeriggio Glenn Cowan, un giocatore del team Usa – morto nel 2004 – si attardò per fare un po’ di allenamento con un atleta cinese. Perse il bus della sua squadra e, a sorpresa, fu accolto su quello cinese. All’epoca le relazioni tra Washington e Pechino erano di reciproca ostilità, anche se le frizioni tra Mao e l’Urss, già degenerate sul finire degli anni Sessanta in scontri militari al confine, attiravano l’attenzione degli americani – Henry Kissinger in testa – interessati a saldare un asse anti-sovietico in Asia. “Erano passati dieci minuti, ma nessuno sembrava prestargli attenzione”, ricordò Zhuang anni dopo l’incontro sul bus: ai cinesi era vietato parlare con gli americani, “ero cresciuto con lo slogan ‘Abbasso l’imperialismo americano, ma ho pensato che era solo un atleta, non un politico, e dovevo andare a salutarlo”. Zhuang si avvicinò a Cowan, si presentò e gli regalò un’immagine su seta delle montagne Huangshan. La leggenda vuole che Cowan avesse solo un pettine per ricambiare: “Davvero non posso darti questo”, disse l’americano, che poi comprò una maglietta con il simbolo della pace e la scritta ‘Let it be’. La notizia, e le foto dei due, fece il giro del mondo, arrivando anche sul tavolo di Mao: “Zhuang Zedong non solo sa giocare bene a ping-pong, è anche un ottimo diplomatico”, pare fu il commento del Grande Timoniere. Qualche settimana dopo, la ‘diplomazia del ping-pong’ percorse i suoi primi passi: un team americano sbarcò in Cina, per una serie di partite e incontri. Solo dieci mesi dopo, nel febbraio del 1972, a Pechino arrivò Richard Nixon in persona, una visita che pose fine a quasi 25 anni di gelo. In realtà, la diplomazia ufficiale già lavorava da anni al riavvicinamento tra i due Paesi, in particolare dopo la rottura tra Mosca e Pechino sul nucleare, che avevano spinto la Cina a lavorare in proprio per l’atomica – il primo test venne effettuato nel 1964. Kissinger si era recato in segreto in Cina nel luglio del 1971 per preparare la strada alla visita di Nixon, che segnò la fine del duopolio russo-americano. Per Zhuang Zedong gli anni successivi si rivelarono però molto difficili: entrato nelle grazie della moglie di Mao nel corso della Rivoluzione culturale, si apprestava a entrare nel Comitato centrale del Partito comunista. Ma nel 1976, con la morte di Mao e la caduta in disgrazia della ‘banda dei quattro’, guidata appunto dalla moglie del Grande Timoniere, Zhuang finì in carcere per quattro anni e scontò il divieto di giocare a ping pong fino al 1980. “Ho fatto degli errori durante la Rivoluzione culturale", disse anni fa, "ma voglio essere ricordato come sportivo, non per altro. Il ping-pong è stato il grande amore della mia vita”.

Cina maggior esportatore al mondo, superati gli Usa nel 2012

La Cina nel 2012 ha strappato agli Usa la leadership degli scambi commerciali mondiali. L’anno scorso l’import-export degli States è stato di 3820 miliardi di dollari, secondo il Dipartimento del commercio, citati da Bloomberg. Le importazioni e le esportazioni della Cina, per la dogana cinese, sono state di 3870 miliardi di dollari. Pechino ha segnato un avanzo commerciale di 231,1 miliardi di dollari, Washington un deficit di 727,9 miliardi. Era dal 1945 che gli Usa dominavano il commercio mondiale. Nel 2009 la Cina è diventata il principale esportatore al mondo mentre gli Stati Uniti restano il primo importatore mondiale. Nel 2012 gli Usa hanno importato beni per 2.280 miliardi di dollari, contro i 1.820 miliardi del gigante asiatico. Secondo Goldman Sachs, con la leadership nel commercio mondiale la Cina avrà sempre più peso, minacciando la stabilità dei rapporti fra Paesi su base regionale. Ad esempio entro la fine di questo decennio, l’export della Germania verso la Cina sarà il doppio rispetto a quello verso la Francia, sottolinea la banca americana.

A maggio si chiuderà il processo diocesano per la beatificazione di Matteo Ricci

L’11 maggio, ricorrenza della morte di padre Matteo Ricci, il missionario gesuita che evangelizzò la Cina, “chiuderemo la fase diocesana del processo di beatificazione ripreso per volontà esplicita del Santo Padre”. Lo ha annunciato il vescovo di Macerata mons. Claudio Giuliodori durante un convegno a San Severino Marche. ” Speriamo in un miracolo", ha aggiunto. "Qualche segno c’é anche se non è ancora configurato”. Si tratta dell’ultima fase di un percorso che ha già visto promosso “Servo di Dio” nel 1984 il gesuita maceratese, che fu anche matematico, cartografo e sinologo. “Padre Matteo Ricci", ha sottolineato mons. Giuliodori, "ha lasciato un segno indelebile, speriamo che, grazie alle tante celebrazioni, se ne riscopra la memoria. Non è un uomo del passato ma un profeta del futuro”. All’incontro, promosso dalla Comunità montana, era presente anche l’arcivescovo di Camerino-San Severino Marche mons. Francesco Giovanni Brugnaro

Sale al 2% inflazione a gennaio, crescono le esportazioni

L’inflazione in Cina è stata del 2% in gennaio, secondo i dati diffusi oggi dall’ Ufficio centrale di statistica di Pechino. Si tratta di una crescita leggermente superiore alle previsioni, che erano dell’1,8%.
Le esportazioni della Cina sono cresciute del 25% in gennaio, raggiungendo i 345,6 miliardi di dollari, secondo i dati diffusi oggi dall’Ufficio centrale di statistica di Pechino. La crescita è più forte delle previsioni, che parlavano del 17%. Secondo gli analisti bisogna tenere conto che la crescita è calcolata su base annua e che l’anno scorso le feste per il Capodanno cinese, quando gran parte dell’attività economica si ferma, hanno avuto luogo in gennaio. In dicembre, la crescita dell’export cinese era stata del 10.2%.

Altri sei tibetani condannati per incitamento alle immolazioni

Continua la repressione cinese nei confronti dei tibetani anche nel tentativo di frenare le immolazioni. Altri sei tibetani, oltre ai due condannati ieri, sono stati condannati a pene detentive tra i tre e i 12 anni per aver incitato alcune persone ad immolarsi. La decisione, riferisce l’agenzia Nuova Cina, è stata presa da un tribunale della provincia nord occidentale del Gansu. La condanna degli uomini sarebbe legata in particolare all’immolazione di Togye Rinchen, avvenuta lo scorso 23 ottobre. Secondo la ricostruzione fatta dalla polizia ed accolta dai giudici, quattro di loro – Padma Tamdru, Kelsang Gyamuktso, Padma Co e Lhamo Tamdru – avevano attaccato i poliziotti per impedire loro di avvicinarsi al corpo dell’immolato. Altri due tibetani – Do Gekyap e Yang Monje – avevano creato disordini sul posto, bloccando il traffico nella zona. Ieri due tibetani sono stati condannati – uno a morte con sospensione della pena e uno a 10 anni di carcere – per aver incitato e spinto otto persone ad immolarsi.

Coppia gay mette in rete foto matrimonio, proteste

Polemiche online in Cina per le foto che due omosessuali hanno postato annunciando il loro matrimonio. I due sessantenni, ‘grande tesoro’ e ‘piccolo tesoro’, come si chiamano in rete, hanno annunciato le loro nozze (illegali in Cina, in quanto il matrimonio omosessuale non è contemplato) postando sulla loro pagina di Weibo – il servizio cinese di microblog più usato – foto nelle quali il ‘piccolo tesoro’ indossa un abito bianco con veletta, al braccio del suo sposo. In altre immagini, i due si mostrano mentre si baciano, si abbracciano, stanno insieme e si scambiano effusioni. Le foto hanno catturato l’attenzione di molti internauti, suscitando commenti spesso critici. In uno, una persona che si firma ‘meschugge’ si chiede se i due non vogliano portare ‘la stessa malattia che affligge l’occidente’. Secondo il loro racconto, i due vivono a Pechino dove uno è un insegnante in pensione e l’altro è di origine delle zone rurali. I due hanno raccontato di problemi con le famiglie e con molti vicini, ma che sono determinati ad andare avanti nel loro amore e nel loro proposito di sposarsi. Uno dei due, già sposato, ha detto che suo figlio non gli parla più da quando ha scoperto l’omosessualità del padre e questi si è trasferito a vivere con il suo compagno. Nei prossimi giorni i due hanno annunciato che si sposeranno. Anche se non riusciranno a ricevere il certificato di matrimonio dalle autorità, chiedono benedizioni e auguri a tutta la Rete.

Il Guandong prima provincia ad annunciare stop a laojiao. Sarà vero?

Potrebbe partire dalla provincia meridionale del Guangdong l’abolizione del ‘laojiao’, ovvero il sistema cinese di rieducazione attraverso i campi di lavoro. Un primo importante passo, che darebbe il via – almeno in un secondo tempo – all’abolizione di questa pratica, in vigore dal 1950, anche nel resto del Paese. Il dipartimento di Giustizia del Guangdong ha reso noto che entro l’anno il laojiao scomparirà e gradualmente coloro che sono detenuti nei campi di lavoro, scontate le pene, torneranno a casa. Ma c’è chi resta scettico e pensa che si tratti solo di propaganda politica e che il giorno in cui il laojiao scomparirà è ancora molto lontano. Già all’inizio di gennaio si era diffusa la notizia secondo la quale il governo cinese stava prendendo in considerazione l’ipotesi di abolire i campi di lavoro. Ma poco dopo l’agenzia di stampa ufficiale, Nuova Cina, aveva affermato che il governo avrebbe effettuato solo una ‘riforma’, senza mai citare la possibilità della chiusura dei campi. Il sistema del laojiao, che ultimamente sta suscitando molte polemiche, prevede che la polizia possa inviare persone nei campi di rieducazione fino a tre anni (con possibilità di estensione di un anno, ufficialmente), senza processo. Normalmente vi vengono mandati coloro che si macchiano di reati minori, spacciatori e prostitute, ma anche oppositori al regime, dissidenti e appartenenti a fedi e religioni. Lo scorso mese di agosto suscitò molto clamore il caso di una donna condannata a 18 mesi nei campi di rieducazione per aver protestato contro il governo contro la pena di soli sette anni comminata agli uomini che tempo prima avevano rapito, stuprato e spinto alla prostituzione la figlia, allora solo undicenne. Il caso della donna destò l’attenzione e le proteste di accademici e dell’opinione pubblica, tanto che dopo circa una settimana il governo decise di liberarla. Ed è di questi giorni la notizia che la signora ha ora chiesto un risarcimento danni per ingiusta detenzione di 2.400 yuan (circa 260 euro) per il tempo trascorso nel campo di rieducazione. Il numero dei laojiao attualmente presenti in Cina non è chiaro. Secondo Nuova Cina, che diffonde dati relativi al 2008, sarebbero 350 i campi di rieducazione, nei quali sono rinchiuse 160.000 persone, mentre fonti televisive cinesi parlano di 300.000 reclusi. Secondo altre fonti, come ad esempio quelli forniti da alcune Ong americane, in Cina ci sarebbero 1.422 campi tuttora attivi. Sono stati ufficialmente aboliti nel 1997, invece, i ‘laogai’, i campi di lavoro nei quali si veniva mandati a scontare le condanne penali. Tuttavia, secondo molti esistono ancora, anche se vengono chiamati prigioni.

Preoccupazioni per i debiti crescenti delle province cinesi

Cresce la preoccupazione sia in Cina che all’estero per il consistente ammontare di obbligazioni emesse dalle province cinesi. Secondo quanto rivela l’agenzia di rating Fitch, riportata dal South China Morning Post, i fondamentali economici di molte province, in particolare dell’Hubei, Jilin, Hainan e Hunan, si stanno indebolendo, con una limitata raccolta di tasse e la difficoltà ad accedere a credito bancario a causa di criteri per prestiti più severi. Questi sono stati imposti dopo che le stesse banche cinesi hanno espresso preoccupazioni per la forte esposizione di molte province nei loro confronti. Al momento le banche cinesi hanno reinvestito almeno i tre quarti di tutti i prestiti ai governi locali che erano in scadenza entro la fine del 2012, ponendo una grande sfida all’abbassamento del debito. Le province hanno fatto ricorso a molti prestiti da parte delle banche cinesi per aggirare la crisi e creare stimoli, ma si sono messi una condizione di difficile solvibilità. Secondo calcoli del Financial Times, le banche hanno dilazionato almeno l’equivalente di 482 miliardi di dollari – e forse più – dei circa 640 miliardi in prestiti più gli interessi che i governi locali avrebbero dovuto pagare entro la fine dello scorso anno.

Nuova regola ai compagni: vietato sprecare cibo

Chiunque abbia visitato una città cinese ha avuto modo di constatare come i cinesi di qualsiasi etnia o ceto, indipendentemente dal lavoro o dall’attività che facciano, mangino in continuazione, in qualsiasi posto, a qualsiasi ora del giorno e della notte. I ristoranti, di qualsiasi tipo, sono sempre pieni. Spesso dipende anche dal fatto che molte case sono piccole e si mangia per pochi spiccioli in ristoranti improvvisati per strada. Questo, aumenta lo spreco di cibo e così le autorità cinesi hanno deciso di prendere provvedimenti. Spinti da una indicazione del ministro del commercio Chen Deming, molti ristoranti hanno cominciato ad offrire un premio (sconti, coupon o altro) ai clienti che finiscono tutto il cibo ordinato o che lo portano via, il cosiddetto da bao (che al momento sono solo 10 milioni in Cina). Alcuni ristoranti hanno già cominciato, servendo porzioni grandi la metà rispetto al passato. Quella che ora è una attività di pochi ristoranti, dovrà, nelle indicazioni governative, diventare la normalità dovunque, con accompagnamento di cartelloni, striscioni e slogan. Sul campo anche iniziative di comunicazione meno celebrative: sui menù, infatti, dovrebbe essere indicata la quantità degli ingredienti, il peso del piatto e la stima di quante persone possa sfamare. Secondo stime della China Agricultural University, riportate dalla stampa di Pechino, ogni anno oltre 22 miliardi di euro in cibo, che potrebbe sfamare circa 200 milioni di persone, viene sprecato in Cina. Ad essere buttati, tra gli altri, circa 50 milioni di tonnellate di grano ogni anno. Dopo un sondaggio tra 2.700 avventori di ristoranti in diverse città cinesi, ricercatori della stessa università sono arrivati alla conclusione che almeno 8 milioni di tonnellate di proteine e 3 milioni di grasso edibile vengono buttati ogni anno. Ma La campagna “pulisci il tuo piatto” e l’invito a non sprecare cibo, unito all’invito alla sobrietà invocato dal segretario del partito comunista cinese Xi Jinping ai funzionari di partito, sta creando non pochi problemi ai ristoratori. Con la diminuzione dei banchetti, fonte primaria di spreco di cibo e della dimostrazione del potere dei funzionari, molti ristoranti registrano perdite considerevoli e alcuni sono obbligati a chiudere. Così ci saranno altre bocche da sfamare.

Cina nomina monaco di 16 anni in organo politico, per alcuni tentativo di Pechino di controllo

La Cina ha nominato un monaco buddista tibetano di 16 anni come membro della Commissione per il Tibet della Conferenza del popolo cinese, un importante organo consultivo in Tibet. Lo riferisce la stampa locale. Suonam Phuntso, considerato l’incarnazione di Reting Rinpoche, un titolo detenuto dagli abati del Monastero di Reting, un influente centro buddista nel Tibet centrale, è stato nominato alla importante carica, diventando così il più giovane membro della commissione. Secondo alcuni analisti la decisione di Pechino va vista in un’ottica anti Dalai Lama, come tentativo ulteriore, cioè della Cina di dire la sua nella fase post Dalai Lama e di avere sempre maggiore voce in capitolo nelle questioni anche religiose tibetane. Già nel 2010 il governo cinese aveva chiamato il Panchen Lama, allora 22/enne, a far parte del CPPCC (Chinese Peoplés Political Consultative Conference). Anche se il Panchen Lama di Pechino non è quello voluto dai Tibetani. Il giovane Rinpoche, secondo le informazioni disponibili, ama la tecnologia, l’iPhone, navigare sul web e i microblog che usa per interagire con la gente. In uno dei suoi ultimi post online ha scritto che “non importa chi è il leader, ma importa chi tratta la gente bene”. In un altro suo commento si legge che “i Buddha viventi devono frequentare il popolo. Senza le persone, non ci sono leader, né Buddha viventi”. Descritto come uno sportivo ma anche amante dello studio delle lingue, ha detto di aver imparato oltre al tibetano anche il cinese e l’inglese. Sono in totale 115 le figure religiose che sono state elette membri del Comitato della CCPPC in Tibet. Hanno ottenuto 63 seggi in più rispetto allo scorso anno e rappresentano il 18% del totale. Molti i giovanissimi, nati negli anni Ottanta e Novanta.

Petizione per evitare pena di morte a donna vittima di abusi

Oltre cento tra avvocati e docenti universitari hanno sottoscritto una petizione inviata alla Suprema Corte cinese affinché ritiri la sentenza di morte nei confronti di una donna che ha ucciso il marito perché questi la sottoponeva a ripetute violenze domestiche. La motivazione della richiesta, secondo quanto scrive la stampa cinese, risiede nel fatto che condannando alla pena capitale una vittima di abusi domestici mostra che queste vittime non sono protette dalla società e dalla legge. Li Yan, della contea di Zizhong nella provincia meridionale del Sichuan, è stata condannata a morte per aver ucciso con una pistola suo marito, dal quale subiva ripetute violenze, il 3 novembre del 2010. Nel dibattimento, che ha portato alla condanna lo scorso agosto, è emerso che l’uomo la picchiava ripetutamente, anche la stessa sera nella quale è stato ucciso, e non le permetteva di comunicare all’esterno. L’uomo le tagliò anche un dito e usava spegnere le sigarette sul corpo della donna, oltre a lasciarla per ore al freddo sul balcone con abiti leggeri. La donna avrebbe anche provato invano a divorziare. In suo favore, si è schierata anche Amnesty International. La sentenza, confermata a metà gennaio, dovrebbe essere eseguita nelle prossime settimane.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata