Esplode anche in Belgio la protesta che si ispira al movimento francese dei gilet gialli. Sabato 8 dicembre manifestazioni in tutto il Paese e disordini a Bruxelles con scontri violenti e quattrocento arresti. Il movimento, che si oppone al carovita e richiede le dimissioni del governo di centrodestra, non ha assunto, almeno per ora, proporzioni simili a quelle della Francia ma si è sviluppato in un momento particolarmente delicato: il governo di Charles Michel è scosso dalle polemiche relative all’adesione del Paese al Global Compact per le migrazioni proposto dall’ONU; i ministri dell’Alleanza neofiamminga N-VA, tra cui c’è anche il ministro degli Interni Jan Jambon, hanno annunciato le loro dimissioni dall’esecutivo proprio nei giorni caldi delle proteste. Il premier Charles Michel non ha voluto fare un passo indietro; si recherà a Marrakech alla conferenza ONU portando l’adesione belga e guiderà un governo di minoranza nella delicata fase che porterà alle elezioni di maggio, che si svolgeranno in contemporanea con le Europee. La campagna elettorale è in qualche modo già iniziata e sarà probabilmente incentrata sul tema delle migrazioni e sul malcontento dovuto al carovita delle parti più fragili della popolazione. In Francia, dove il presidente Macron si appresta probabilmente a fare delle nuove aperture verso le richieste dei manifestanti, ci si interroga sull’eventuale peso elettorale di una lista legata all’esperienza dei gilet gialli. Un impatto ci potrebbe essere anche sulle elezioni europee, visto che movimenti simili si sono affacciati più o meno timidamente non solo in Belgio ma anche in Spagna e in Olanda. La rilevanza di una possibile alleanza dal basso non può essere ignorata e i tweet di Donald Trump ne sono un indicatore.

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