Confermata la grande popolarità del presidente Martín Vizcarra, subentrato in carica in aprile dopo che Pedro Pablo Kuczynski – insieme al quale aveva corso nelle elezioni come vicepresidente per il partito di centrodestra Peruanos por el Kambio – era stato costretto a dimettersi in seguito a uno scandalo legato a finanziamenti illeciti e corruzione. Con percentuali vicine al 90% gli elettori si sono espressi seguendo le sue indicazioni nei referendum tenutisi domenica 9 dicembre su quattro riforme della Costituzione: è stata approvata una riforma della conformazione e delle funzioni della Junta Nacional de Justicia (precedentemente detta Consejo Nacional de la Magistratura) che nomina giudici e pubblici ministeri; inoltre, gli elettori si sono espressi a favore del divieto della rielezione immediata dei parlamentari e dell’istituzione di un nuovo regolamento per i finanziamenti ai partiti politici, misure volte a combattere diffusi fenomeni di corruzione; il 90% ha inoltre detto NO all’istituzione del Senato, che avrebbe significato il reimpianto di un sistema bicamerale.
Vizcarra è dunque andato a una prova di forza – uscendone vincitore – con la maggioranza fujimorista del Congresso, attuando una politica assai diversa dal suo predecessore Kuczynski, che aveva concesso, per esempio, un provvedimento di indulto umanitario per Fujimori per motivi di salute.
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