Da martedì 22 a venerdì 25 gennaio si svolge a Davos, in Svizzera, il World Economic Forum, l’incontro annuale che riunisce leader politici, imprenditori, economisti per analizzare la situazione globale e in qualche modo indirizzarla verso lo sviluppo. L’incontro di quest’anno, il quarantanovesimo, è dedicato alla quarta rivoluzione industriale, soprattutto all’impatto dell’innovazione tecnologica sulla finanza e sull’industria. Alla conferenza non partecipano Donald Trump, Emmanuel Macron e Theresa May impegnati in complessi problemi interni (shutdonw, gilet jaunes, Brexit). Ci sono però Angela Merkel, Antonio Conte, Shinzo Abe, Jair Bolsonaro e tanti altri, leader politici, imprenditori, esperti di finanza mondiale.

Lunedì 21 gennaio, durante l’aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale (FMI) che ha preceduto il summit vero e proprio, sono stati indicati, tra i motivi di possibile arretramento globale dell’economia, i rischi connessi alla Brexit senza accordo, la Francia attraversata dalle proteste di strada, le difficoltà della Germania a causa del settore auto e del calo della domanda esterna e per l’Italia la debolezza della domanda interna e il costoso intreccio fra rischi sovrani e rischi finanziari.

Il Fondo monetario internazionale riduce allo 0,6% la previsione di crescita dell’Italia nel 2019, un quadro più negativo rispetto a quello delineato a ottobre. La reazione del governo italiano a questa analisi è stata piuttosto netta. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha negato che l’Italia sia un fattore di rischio per l’Unione Europea e per l’economia globale, mettendo piuttosto sotto accusa le politiche consigliate dal FMI, che accumulando risorse per prevenire la crisi finiscono per provocarla. Nello scenario globale sembrano incidere notevolmente le fragilità e le tensioni che attraversano l’Europa, su cui pesa anche la scadenza elettorale di maggio.

Crediti immagine: World Economic Forum from Cologny, Switzerland [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons

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