Kaïs Saïed è il nuovo presidente della Tunisia; il ballottaggio che si è svolto domenica 13 ottobre ha decretato una vittoria schiacciante per il docente universitario di diritto costituzionale, che ha ottenuto il 72,71% dei voti ‒ un vero e proprio plebiscito ‒ sbaragliando il suo avversario Nabil Karoui, magnate della televisione, proprietario della principale televisione privata del Paese, Nessma TV, che ha trascorso gran parte della campagna elettorale in carcere, con l’accusa di corruzione e frode fiscale. Candidato indipendente, sebbene abbia ricevuto il sostegno del partito conservatore Ennehada, Saïed, 61 anni, non ha esperienza politica e si è proposto come simbolo dell’onestà e dell’anti-establishment, riuscendo a intercettare il voto dei giovani delusi dalle aspettative suscitate dalla Primavera araba e da una classe politica che non è riuscita a offrire soluzioni ai problemi economici di larghe fasce della popolazione: secondo un sondaggio infatti ha votato per lui il 90% degli appartenenti alla fascia d’età 18-25 anni. Estremamente sobrio e austero nei modi, nel linguaggio e nello stile di vita, ha fatto della lotta alla corruzione e della decentralizzazione del potere i suoi cavalli di battaglia e ha esposto senza reticenze le sue posizioni molto conservatrici su alcuni temi importanti: è in favore della pena di morte, considera l’omosessualità qualcosa di alieno alla società tunisina, è contrario alla pari eredità per uomini e donne (secondo la legge islamica una figlia femmina eredita una quota pari alla metà di ciò che riceve il maschio).

Il suo antagonista al ballottaggio, il populista Karoui aveva invece puntato tutto sulla abilità di comunicatore. Il partito di Karoui è stato danneggiato anche dallo scandalo che ha coinvolto per molestie sessuali, un suo deputato, Zouhair Makhlouf, la cui vicenda è stata rilanciata dalla blogger e attivista tunisina Lina Ben Mhenni, ottenendo una grande risonanza e scatenando una caterva di testimonianze di donne molestate. Nella Tunisia che cerca di trovare una sua stabilità democratica, può giocare un ruolo anche il movimento delle donne, attraverso #EnaZeda, ‘Anch’io’, versione tunisina del fenomeno mondiale #Metoo.

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