Si apre un ulteriore periodo di incertezza politica in Spagna; la sinistra vince ma non ha comunque i numeri per governare da sola. Affermazione significativa dell’estrema destra di Vox, che ottiene il 10% circa moltiplicando i voti rispetto al 0,2 di appena tre anni fa. Un vero terremoto elettorale, che corrisponde però a quanto avevano anticipato i sondaggi delle ultime settimane: il Partito socialista conquista il 28,7% dei consensi (contro il 22,6% del 2016) e 122 seggi in Parlamento, ed è nettamente il primo partito della Spagna. I popolari si fermano al 16,7% − meno della metà del 33% del 2016 − e avranno a disposizione soltanto 66 seggi. Poco distanti dai popolari per numero di consensi i liberali di centro di Ciudadanos che ottengono 57 seggi passando dal 13,1% del 2016 al 15,8 attuale: arretra fortemente la sinistra di Podemos, che con il 14% ottiene soltanto 42 seggi, ben 29 di meno di quelli ottenuti con il 21,2% tre anni fa. Quindi il PSOE di Pedro Sánchez guadagna 38 seggi, ma l’altra formazione di sinistra Podemos perde un terzo dei suoi consensi; insieme non hanno comunque una maggioranza.

L’estrema destra vince, ma sottraendo principalmente voti ai popolari. Anche un’eventuale alleanza di Partido Popular, Ciudadanos e Vox, oltre a essere politicamente poco credibile, sarebbe ben lontana dall’avere i voti necessari a sostenere un governo. Le sinistre potrebbero allearsi con le formazioni indipendentiste e ottenere una maggioranza eterogenea ma cementata dall’idea di trovare una soluzione politica e non giudiziaria alla questione catalana, anche per quando riguarda la sorte dei condannati e dei reclusi. Un esito tutto da costruire, ma che corrisponderebbe alla divisione che sta attraversando la politica spagnola e che appare forse più sentita di quella classica fra sinistra e destra; la contrapposizione fra un polo dialogante con le istanze autonomiste o indipendentiste da un lato, e dall’altro un polo intransigente e centralista, che accomuna posizioni molto divergenti come quella liberale di Ciudadanos, quella conservatrice del Partito popolare e quella dell’estrema destra di Vox. Tra l’altro nelle file dei centralisti si sono rafforzate proprio le posizioni meno duttili, di Ciudadanos e di Vox, che erano state critiche rispetto all’atteggiamento più cauto mantenuto da Mariano Rajoy quando era primo ministro; una prudenza in qualche modo sconfessata anche dal nuovo leader dei popolari, il giovane Pablo Casado, che ha sancito una svolta a destra del partito.

Dopo il voto, grande festa dei socialisti e notevole incertezza; se il problema catalano rimane al centro della politica spagnola, le elezioni sanciscono però un ricambio iniziato da qualche anno. I protagonisti dei partiti storici saranno Pedro Sánchez, che rappresenta una rottura con la vecchia guardia e l’apparato, e il trentottenne Pablo Casado. Inoltre, pur con storie estremamente diverse, Podemos, Ciudadanos e Vox rappresentano formazioni che si sono affermate solo recentemente in campo nazionale.

Immagine: Pedro Sánchez a Gijón, Spagna (12 ottobre 2015). Crediti: FSA-PSOE. Attribution-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-ND 2.0), attraverso www.flickr.com