Il razzismo e l’odio corrono sul web. A farne le spese sono soprattutto gli immigrati, oltre a personaggi pubblici e omosessuali. È quanto emerge da una ricerca sull’hate speech realizzata dall'Osservatorio Giovani dell'Istituto Giuseppe Toniolo incentrata su “Diffusione, uso, insidie dei social network”, che sarà presentata il 17 e 18 febbraio a Trieste in occasione del convegno promosso da “Parole Ostili”, community cui aderiscono oltre 300 tra giornalisti, politici, comunicatori e influencer. Iniziativa nata proprio per combattere l’odio in rete, alla quale ha dato la sua adesione la Presidente della Camera, Laura Boldrini, che da tempo si batte per sensibilizzare i cittadini su questo importante tema.

Secondo la ricerca, condotta su un campione di 2.182 cittadini italiani, di età compresa tra i 20 e i 34 anni, le principali vittime dell’hate speech, ovvero di insulti di ogni genere, sono proprio gli immigrati, con il 58,8%. Una percentuale che fa riflettere. Sicuramente in Italia i razzisti non sono oggi più numerosi che in passato, ma probabilmente lo sono più di prima e meno nascosti. La situazione attuale è paradossale: da un lato emerge un nuovo individualismo e la tolleranza è un valore considerato in crescita, dall’altro si sviluppano sentimenti di rigetto, cristallizzati intorno all’immigrazione. È un razzismo che non è ancorato a una specifica ideologia, ma deriva piuttosto dal cedimento dei valori collettivi. La paura per sé stessi alimenta l’odio per gli altri.

A farne le spese non sono solo gli immigrati. Secondo la ricerca ci sono anche le persone pubbliche (con il 37,1%), gli omosessuali (35,4%), i musulmani (33%) e le donne (25,3%). Il rischio più grave in Italia non è dato dalla presenza di razzisti dichiarati, ma dalla possibilità di contagio verso persone ricettive. Educare, dunque, è una delle prime necessità dal momento che il 90,3% dei ragazzi tra i 20 e i 34 anni ha un account su Facebook, il 56,6% segue Instagram, il 53,9% Google+ e il 39,9% Twitter. Senza dimenticare gli utenti di nuovi social come Snapchat o di strumenti più professionali come Linkedin. Il 90% degli intervistati considera comunque l’hate speech un fenomeno negativo. Solamente al 30,1% dei soggetti coinvolti non è mai capitato di imbattersi in forme di discriminazione sul web, mentre il 10,5% ammette di leggere spesso commenti poco eleganti sui social network. La stessa Laura Boldini è stata vittima di cyberbullismo e di frasi del tutto infondate a lei attribuite dai frequentatori del web. Il 25 novembre scorso, giorno dedicato alla violenza sulle donne, ha voluto pubblicare i commenti che normalmente le è capitato di ricevere; frasi violente, feroci, quasi sempre a sfondo sessista e razzista, firmate con nome e cognome, e ha deciso inoltre d’istituire alla Camera una commissione, composta da deputati ed esperti, che andrà nelle scuole per insegnare a ragazzi e docenti la cultura del web e spiegare loro che non è opportuno fare troppo affidamento su ciò che possono leggere sul web.