Si leggono in questi giorni le notizie più inverosimili relative all’applicazione della “ideologia del gender” nelle scuole italiane. I social network le producono e le distorcono continuamente. Il Family Day le ha rilanciate e in qualche modo legittimate. Si parla di bambini costretti dagli insegnanti ad auscultarsi, toccarsi i genitali, masturbarsi tra loro; a scambiarsi gli abiti e travestirsi. Un repertorio di questi luoghi comuni si può leggere in un articolo uscito su “Internazionale”.
Chi ha dei figli che frequentano le scuole dell’obbligo (e che magari hanno la fortuna di partecipare ai corsi di educazione ai sentimenti e alla sessualità) sa che la realtà è ben diversa. Ma il proliferare di così tante “leggende metropolitane” che ruotano attorno ai bambini, alla loro integrità, alla minaccia che la scuola e alcune lobbies porterebbero loro merita un supplemento di indagine. Perché vengono credute? Perché hanno la forza di imprimersi nell’immaginario anche a fronte di evidenti smentite provenienti dalla realtà empirica (e dal buon senso)?
Le false notizie sono da almeno un secolo oggetto di storia, per lo meno da quanto Marc Bloch le osservò in azione durante la Prima guerra mondiale, tra i soldati delle trincee che davano credito alle voci più inverosimili. Spesso erano prodotte – allora come oggi – dalla propaganda dei giornali e degli alti comandi, interessati a demonizzare i nemici; ma poi esse dilagavano, si ingigantivano, diventavano virali e incontrollabili passando di bocca in bocca. «L’errore – scrisse Marc Bloch nel 1921 – si propaga, si amplia, vive infine a una sola condizione: trovare nella società in cui si diffonde un terreno di coltura favorevole. In esso gli uomini esprimono inconsapevolmente i propri pregiudizi, gli odi, le paure, tutte le proprie forti emozioni».
I racconti che girano in questi mesi – per quanto infondati sul piano fattuale – hanno radici nell’immaginario popolare tanto profonde e ramificate che meritano di essere dissepolte. Richiamano altre leggende che hanno avuto ampia circolazione, per secoli, nella cultura popolare: l’accusa agli ebrei di sottrarre i bambini cristiani per torturarli e usare il loro sangue per festeggiare la Pasqua; il terrore che le streghe rapissero i bambini per i loro sacrifici; la paura che gli zingari li rubassero per portarseli via. Sono tutte leggende, naturalmente, ma furono credute così profondamente da avere in più occasioni sollevato le folle, e causato vendette, roghi, pogrom. Le false notizie possono entrare nella storia e produrre eventi concreti e irreversibili.
Dopo ebrei, streghe e zingari – e prima di arrivare alla “lobby lgbt” – era toccato ai comunisti: accusati non solo di traviare i bambini, ma addirittura di mangiarseli (su I comunisti che mangiano i bambini ha scritto un gustoso libretto lo storico Stefano Pivato). In particolare, nel pieno della parossistica battaglia contro il comunismo che la chiesa cattolica condusse negli anni centrali del ‘900, accadde in Veneto un episodio che sembra essere un precedente di quanto sta montando in questi mesi. Nel 1951, a Pozzonovo, un paese di braccianti nella bassa padovana, il parroco accusò i comunisti locali di aver insegnato ai bambini a bestemmiare, spogliarsi e aver rapporti sessuali. Il vescovo e l’opinione pubblica conservatrice diedero credito alle accuse, e la magistratura aprì un processo, che si concluse quattro anni dopo con una piena assoluzione. Ma i bambini furono portati in aula a testimoniare e le bambine sottoposte a visite ginecologiche. Perché tanto credito e tanto accanimento su un evento palesemente infondato? Perché i comunisti in paese avevano costituito una sezione dei “Pionieri d’Italia” (una sorta di scout “rossi” ispirati da Gianni Rodari) e facevano concorrenza al parroco, che si considerava l’unico legittimo depositario del diritto di educare i giovani.
La vicenda dei Pionieri di Pozzonovo ebbe risonanza nazionale. In anni recenti sono anche usciti alcuni libri che l’hanno ricostruita sulla base dei documenti. Ma le pagine più belle sono state scritte da uno di quei bambini, che si ribellò alle accuse montate dal parroco e che poi è diventato un insegnante e uno scrittore: Tiziano Merlin, nel libro La piazza. Lo consigliamo come lettura alle Sentinelle in piedi, che si sentono chiamate a difendere i bambini e la famiglia.