Secondo il rapporto Rainforest mafias. How violence impunity fuel deforestation in Brazil’s Amazon curato da Human Rights Watch e pubblicato il 17 settembre, la deforestazione nell’Amazzonia brasiliana non sarà fermata fino a quando non verranno sradicate le fitte reti criminali che coordinano attività illegali di disboscamento, lavorazione e vendita su larga scala di legname. Si tratta di un documento di centosettanta pagine che, basandosi sulla diretta testimonianza di funzionari locali, di membri della comunità indigene e di altri cittadini residenti negli Stati di Maranhão, Pará e Rondônia, dimostra come il disboscamento illegale e gli incendi siano accompagnati da forme di violenza e di intimidazione contro i difensori delle foreste e siano favoriti dall'incapacità dello Stato di perseguire sia i crimini ambientali sia i delitti connessi. I gruppi criminali, chiamati Máfias do Ipê (l’albero ipê fornisce uno dei legni più pregiati e richiesti sul mercato) si sono macchiati di una gigantesca devastazione ambientale e di violenze continue contro chiunque si opponesse. Negli ultimi dieci anni, più di trecento persone sono state uccise nel contesto di conflitti relativi all’utilizzo della terra e delle risorse amazzoniche, e la responsabilità diretta ricade soprattutto su persone coinvolte nel disboscamento illegale, appartenenti alla cosiddetta mafia del legno. Tra le vittime compaiono agenti di controllo ambientale, membri di comunità indigene e cittadini che avevano denunciato alle autorità episodi di disboscamento illegale. Le indagini sono inadeguate e spesso non vengono effettuate nemmeno le autopsie; si tratta di un comportamento riconosciuto dalla polizia che si difende dalle critiche sottolineando che si tratta di aree del Paese raggiungibili con difficoltà. In queste condizioni, la maggior parte dei delitti rimane impunita perché non si arriva proprio a celebrare i processi. Le azioni illegali, le violenze che le accompagnano e l’inefficacia delle misure preventive e repressive approntate dal governo sono state fortemente denunciate dalla Chiesa brasiliana e in particolare dalla Commissione pastorale della terra (CPT, Comissão Pastoral da Terra) e dal Consiglio indigenista missionario (CIMI, Conselho Indigenista Missionário). Sotto accusa le scelte politiche operate dall’avvio della presidenza di Jair Bolsonaro; il governo ha ridotto il budget del ministero dell’Ambiente, smantellato una parte delle agenzie e delle strutture destinate alle operazioni antidisboscamento e ostacolato l’azione delle ONG, provocando fra l’altro il blocco dei sostanziosi finanziamenti che arrivavano dalla Norvegia. Il risultato scontato, secondo il rapporto di Human Rights Watch è che gli incendi sono aumentati e le sanzioni e le multe sono diminuite. Nonostante i ripetuti allarmi, il vertice delle Nazioni Unite del 23 settembre dedicato al clima e una maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica internazionale, la lotta per la difesa dell’Amazzonia e contro il cambiamento climatico stenta a ottenere risultati effettivi. Ogni anno le foreste nel mondo si assottigliano di una superficie grande come il Regno Unito.

Immagine: Foresta pluviale in fiamme, Brasile. Crediti: w:NASA. Fonte, http://www.nasa.gov/centers/goddard/news/topstory/2006/amazon_crops.html [Public domain], attraverso commons.wikimedia.org

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