Inutile negarlo: sono anni turbolenti per la cooperazione, nella morsa della crisi economica che colpisce soprattutto l’edilizia, in tempi in cui il rischio di impresa aumenta, la responsabilità sociale è sempre più difficile da mantenere e non sono mancati indagini e veleni. Ma alle difficoltà, soprattutto nei momenti di crisi è bene far fronte tenendo a mente i valori intorno ai quali le società cooperative hanno cominciato a costituirsi intorno alla seconda metà del XIX secolo, valori incardinati nella solidarietà mutualistica e nell’economia dei pari finalizzata a favorire un progresso economico anche per quelle classi subalterne che parevano escluse dalle provvidenze del laissez-faire capitalista.
Due interessanti monografie, in particolare, sono state recentemente pubblicate ed intervengono nel dibattito storiografico sul movimento cooperativo a firma di due tra i maggiori studiosi del sistema cooperativo in Italia: stiamo parlando di Cooperative: persone oltre che imprese di Tito Menzani (Rubbettino, Soveria Mannelli 2015; prefazione di Patrizia Battilani) e di La ricostruzione della lega delle cooperative a Bologna (1945-1948) di Mario Viviani (Clueb, Bologna 2015; prefazione di Rita Ghedini).
Nel suo libro Menzani – che da storico dell’economia dell’Università di Bologna non rinuncia ad uno sguardo comparativo con le esperienze straniere – comincia proprio con il ricordare le origini del movimento cooperativo sorto in seno alle visioni economiche progressiste che caratterizzarono il XIX secolo all’insegna di una critica al modello di sviluppo industriale che contraddistingueva quella fase storica, nella grave lacuna in capo all’utilitarismo capitalista che non si soffermava sulle esigenze sociali. Un capitalismo, invece, tutto imperniato intorno «all’idea che l’autoregolamentazione del mercato fosse la panacea di tutti i mali», come l’autore denuncia sull’onda lunga di quella che per secoli è stata un’erronea interpretazione del capolavoro smithiano The Welth of Nations (1777), una lettura distorta che aveva mancato di mettere in evidenza la necessità di una “close alliance” tra l’etica e l’economia fortemente avvertita tanto dall’Adam Smith economista quanto dallo Smith filosofo morale.
L’elemento della peculiare contiguità tra il mondo cooperativo e quello della politica si rivela un caposaldo del mondo cooperativo sin dalle sue origini, punto di forza di un sistema di sensibilità (liberaldemocratiche, socialiste e cristiano-sociali) che instaurò, nella seconda metà dell’Ottocento, un nuovo modo di fare politica finalizzato a favorire il perseguimento della giustizia e della parità di opportunità per tutti i lavoratori e per i loro territori di provenienza.
Un binario su cui si sofferma il volume di Menzani concerne poi il nesso tra competitività dell’impresa cooperativa e sua capacità di innovarsi straordinariamente ad ogni tornata storica proprio grazie al controllo esercitato dai soci sulle modalità di conduzione del capitale sociale (un elemento oggi reso più difficile perché per ridurre il rischio di impresa le cooperative sono sempre più grandi): l’innovazione si rivela elemento tanto più forte nelle cooperative proprio in quanto la proprietà dell’impresa da parte dei soci rappresenta un valore essenziale che ha favorevolmente inciso sul radicamento della cooperazione, via di emancipazione per lo stesso lavoratore sempre corresponsabilizzato al destino della sua impresa sui generis. Menzani cita al proposito alcuni esempi di capacità di innovare il mercato tenendo alto il vessillo del rispetto dei valori che ci si è assegnati: è il caso della Capsc (Cooperativa agricola provinciale servizi ai contadini) di Ravenna o della storia del Consorzio Cave di Bologna, delle cooperative che si sono impegnate nel rispetto del territorio e dell’ambiente in cui esse operano a partire dal favorire un uso morigerato degli antiparassitari di sintesi o dal riqualificare le zone di estrazione delle ghiaie trasformandole in parchi pubblici, stabilimenti per impianti solari o casse di espansione delle acque. Affine a questi esempi può essere citata la costituzione di gruppi di discussione tra i soci circa l’impatto dell’intercultura nelle nostre regioni sorto nell’ambito della cooperativa sociale Cadiai. Esempi positivi, insomma, di strenua ricerca di rispetto dei propri valori e della responsabilità sociale dell’impresa.
Esempi che andrebbero riconsiderati oggi, soprattutto in ragione della sempre maggiore diffusione internazionale del modello cooperativo: stando ai dati più recenti dell’International Co-operative Alliance (ICA), infatti, si contano oltre un miliardo di soci nelle imprese cooperative di tutto il mondo. E l’Italia ha numeri tra i più ragguardevoli: 40.000 imprese cooperative, 12 miliardi di soci, un fatturato di 140 miliardi di euro che impatta sul PIL per poco meno del 10%.
Anche un libro come quello di Viviani su La ricostruzione della Lega delle Cooperative a Bologna, che si sofferma sulla rinascita post-bellica e l’esigenza di riscatto e di risposta al bisogno dei ceti sociali subalterni, può tornare molto utile per comprendere che la linea direttrice del rispetto dei valori sociali è quella che dovrebbe orientare ancora in chiave proattiva il lavoro delle cooperative nella più stretta contemporaneità. Il libro di Viviani è corredato da un cospicuo repertorio fotografico e documentario che illustra il cimento delle donne e degli uomini bolognesi alle prese con la ricostruzione post-bellica e con il precedente discredito che il Fascismo e la guerra avevano gettato sul movimento cooperativo, un movimento capace invece proprio negli anni della ricostruzione di avviare un percorso di ripresa economica nei settori nevralgici quali il consumo, l’agricoltura, l’edilizia, il lavoro ed i trasporti. Prescindendo dal solo contesto bolognese, Viviani riprende e commenta le documentazioni del XXI Congresso nazionale delle Cooperative di Reggio Emilia (1947) in cui emergono con chiarezza alcuni tra i temi principali su cui ci si interroga ancora oggi tra cui I) le necessità di sostegno economico del Mezzogiorno; II) il rapporto tra sistema cooperativo e le forze del capitalismo; e III) l’unità del movimento cooperativo nella critica ad un sistema cooperativo da intendersi solo quale “cinghia di trasmissione” tra partiti e società. Numerose fotografie, come s’è detto, documentano la vita delle cooperative “dall’interno”, producendo un apparato iconografico di tutto rispetto nella consapevolezza dell’“immediatezza” e dell’“oggettività” delle fotografie che risultano assai utili nella ricostruzione storica, ovverosia capaci, ma solo insieme alla documentazione scritta, di fare «scoprire altri aspetti, in quell’andirivieni naturale che è la storia» (p. 84).
Si guarda a queste fonti originarie, a questo spirito «ante litteram di corporate social responsibility» come lo chiama Patrizia Battilani nella sua prefazione al libro di Menzani (p.7), nella consapevolezza dell’esigenza di contemperare ancora nell’attualità quella capacità di innovazione e quel rispetto dei valori sociali che per un lungo periodo della storia ha reso grande la storia del sistema cooperativo. Oggi il panorama cooperativo italiano è caratterizzato dalle fusioni e dalla lotta alle cooperative spurie, ovverosia quelle imprese che si camuffano da cooperative solo per godere del particolare regime fiscale che al movimento cooperativo viene riconosciuto. Il 1° gennaio di quest’anno, in particolare, ha visto l’avvio di Alleanza 3.0, la più grande cooperativa italiana ed europea con oltre 2,7 milioni di soci nata dalla fusione di Coop Adriatica, Consumatori Nordest e Coop Estense che si ripropone di ripercorrere i valori cardine dell’originaria cooperazione mutualistica e democratica con particolare riguardo per la valorizzazione del territorio dei centri minori e per la vicinanza al consumatore (lo stesso nome “Alleanza” evoca le primissime esperienze storiche delle cooperative italiane). Frattanto, ha cominciato il suo iter al Senato italiano la proposta di legge di iniziativa popolare sostenuta dall’Alleanza delle cooperative italiane «contro le false cooperative», un disegno di legge particolarmente severo che prevede la cancellazione dall’albo per quelle cooperative che non tengono fede agli impegni stabiliti dalla legge attraverso un sistema di monitoraggio fatto di vigilanza e ispezioni. La battaglia per la difesa della trasparenza organizzativa delle cooperative si fa forte di oltre centomila firme a sostegno del disegno di legge.