La notizia, data qualche giorno fa dall’attrice e attivista Angelina Jolie, della operazione di doppia mastectomia preventiva a cui si è sottoposta, ha fatto il giro del mondo: per la modalità di annuncio della notizia, con un articolo sul New York Times teso a sollecitare “public awareness” sui tumori femminili, e per la notorietà del personaggio, uno dei “sex symbol” del nostro tempo.
In America l’impressione che ha fatto la notizia è legata anche ad una lunga storia di protagonismo delle donne nelle campagne di testimonianza per i problemi di salute - salute pubblica e salute delle donne http://www.huffingtonpost.com/2013/03/18/50-women-in-health_n_2879370.html: in molti hanno ricordato Betty Ford, moglie del presidente Gerald Ford, che nel 1974 utilizzò l’attenzione della stampa per la Casa Bianca (era l’epoca dello scandalo Watergate) per un annuncio simile a quello della Jolie: a dimostrazione che l’influenza della stampa (americana) sulla politica è strettamente collegata al suo influsso sulla società.
Ma il caso di Angelina Jolie getta una luce anche sul potere delle malattie di definire l’America e il suo stato di salute fisica, mentale e spirituale. È noto che una delle pubblicazioni più illuminanti per comprendere il percorso sociale e culturale degli Stati Uniti è il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) pubblicato periodicamente dalla American Psychiatric Association (la pubblicazione della quinta edizione è prevista alla fine del mese di maggio 2013). Sono evidenti i cambiamenti avvenuti nella classificazione e nella descrizione delle malattie, e la inclusione/esclusione di alcuni fenomeni umani dalla lista delle malattie (come per il caso dell’omosessualità, a lungo classificata come malattia). Questi cambiamenti hanno un grande rilievo politico ed economico, perché alla classificazione delle malattie corrisponde un’allocazione di risorse finanziarie da parte del governo e delle assicurazioni sanitarie: la classificazione di una fenomenologia come malattia o meno cambia di molto non solo la diagnosi, ma anche la possibilità per le persone affette di essere curate e rimborsate (per quanto le assicurazioni sanitarie concedono).
Come molte altre scoperte scientifiche del secolo XX, anche l’idea di un manuale di classificazione delle malattie psichiatriche nacque dall’esercito, che ai tempi della Seconda Guerra mondiale era alla ricerca di criteri validi per accertare le cause di esonero dal servizio militare. Il primo manuale venne pubblicato nel 1946, grazie alla confluenza di tre fattori: un budget praticamente illimitato (quello della guerra mondiale), un campione di riferimento molto ampio (i giovani americani arruolati nella US Army), e un comitato di eminenti psichiatri. L’esercito americano gioca ancora un ruolo cruciale nella definizione della società americana e delle sue malattie: si pensi alla sindrome PTSD, Post-traumatic stress disorder, già classificata ai tempi della Guerra del Vietnam ma entrata a far parte della coscienza di sé dell’America dopo l’11 settembre 2001 e le guerre in Iraq e Afghanistan.
Ma il potere delle malattie di definire l’America ha a che fare con l’idea che gli Stati Uniti hanno di sé come nazione benedetta da Dio, un paese in cui ricreare un rapporto speciale con Dio e quindi ottenere la salvezza eterna. Uno degli intellettuali più ascoltati d’America, il teologo protestante Stanley Hauerwas, ha scritto che “in America gli ospedali sono diventati le nuove cattedrali e i medici i nuovi sacerdoti” http://www.abc.net.au/religion/articles/2011/08/08/2947368.htm. In pochi paesi come negli Stati Uniti è vero quanto diagnosticato sulla modernità medica da Ivan Illich, prete e pensatore libero, che nel suo libro Nemesi medica (1974)  vide come fenomeno tipico della nostra la sostituzione della “salvezza” con la “salute” – che in latino vanno sotto lo stesso sostantivo, salus. Gli americani sono il popolo religiosamente più differenziato al mondo, ma li accomuna una ecumenica fede nelle scienze della salute.