Papa Francesco ha annunciato la lista dei nomi dei suoi primi cardinali, cioè dei 19 cardinali (16 elettori e 3 non elettori perché già ultraottantenni) che saranno “creati” nel concistoro del 22 febbraio prossimo. La lista dice molto dell’idea di chiesa globale, o meglio di “chiesa-mondo” che Bergoglio ha in mente, e da questo punto di vista vi sono già molte analisi disponibili.

Papa Francesco ha innovato la geografia ma non rivoluzionato la struttura del collegio cardinalizio, e ha nominato, secondo tradizione, anche cardinali non elettori, di età molto avanzata. Alcuni cattolici affetti da un pragmatismo funzionalista e cieco al simbolismo della chiesa come istituzione ritengono la nomina di cardinali ultraottantenni non elettori una reliquia del passato, insignire di dignità cardinalizia anziani prelati che non hanno più nessun peso all’interno dei momenti decisionali e che dovrebbero non essere disturbati nel loro pensionamento (cioè, dai quali non dovremmo farci disturbare). Un ragionamento del genere fa torto al peso e al ruolo dell’esperienza dei “presbiteri”, degli anziani, nella storia del cristianesimo. Uno degli elementi problematici della cultura istituzionale del cattolicesimo contemporaneo è la tendenza a vedere come un peso di cui liberarsi ministri della chiesa ormai pensionati: quello di cui viene accusata la moderna società capitalistica, quello di creare “scarti umani”, affligge talvolta anche la chiesa, affetta da una certa ansia di ricambio generazionale come meccanismo che implicherebbe necessariamente un progresso e un miglioramento.

Tra questi anziani e ormai da tempo pensionati monsignori vi è monsignor Loris Francesco Capovilla, classe 1915, segretario di Giovanni XXIII dal 1957 come patriarca di Venezia fino alla morte del papa il 3 giugno 1963. La nomina di Capovilla dice del rapporto tra papa Francesco e il Vaticano II. L’inizio del pontificato di Francesco non è intelleggibile senza il Vaticano II e quello che il concilio ha cambiato nella chiesa negli ultimi 50 anni. Ma se il papa ha citato il Vaticano II in documenti importanti (come l’esortazione Evangelii Gaudium), ha parlato del concilio in maniera diretta soltanto in poche occasioni pubbliche, come se fosse al corrente dell’effetto divisivo che ha in certi settori della chiesa il presentare decisioni e orientamenti in nome dell’eredità lasciata dal concilio – effetto divisivo specialmente da alcuni anni a questa parte e in particolare dal pontificato di Benedetto XVI in poi (si veda l'articolo Le opposizioni a Papa Francesco). In questo, come in altri campi, il pontificato di papa Francesco rappresenta la ripresa di un filo interrotto più che l’inizio di un nuovo discorso.

Ma il pontificato di Giovanni XXIII occupa un posto particolare nel pontificato di Bergoglio, col quale condivide molto in termini biografici, per la situazione di chiesa ereditata dal predecessore, e per i toni e gli accenti prevalenti nel suo magistero: i poveri e la misericordia. Papa Francesco è quello che ha deciso di canonizzare Giovanni XXIII insieme a Giovanni Paolo II ex certa scientia, ovvero in mancanza del secondo miracolo, il prossimo 27 aprile 2014. La decisione di papa Francesco della porpora cardinalizia per monsignor Capovilla rappresenta un elemento non secondario del recupero senza distinguo del concilio Vaticano II e del papa che decise di convocarlo.

Monsignor Capovilla ha agito, dalla morte di Giovanni XXIII il 3 giugno 1963 in poi, come custode della memoria e dell’eredità di un papa riconosciuto come santo fin da subito e quasi da tutti: Capovilla si è speso personalmente in modo generoso, tanto per il grande pubblico dei fedeli, quanto per la comunità degli studiosi che negli ultimi trent’anni hanno lavorato senza sosta per andare oltre lo stereotipo ingannevole del “papa buono”. Su entrambi questi fronti, Capovilla ha lavorato per la chiesa e per la sua storia in un modo che dovrebbe entrare a far parte dello speculum degli ecclesiastici della generazione presente e di quelle future. Chissà che la nomina di Capovilla non serva anche a ridare dignità ad una funzione, quella di segretario di vescovi, cardinali e papi, anch’essa travolta dall’era di VatiLeaks.