Dal latino respondēre (“dare risposta”), indica la condizione di essere responsabili, ovvero assumere le proprie azioni e rispondere del loro significato e delle loro conseguenze. Il termine trova applicazione in ambito filosofico, politico, morale e soprattutto in ambito giuridico, dove il diritto (civile, penale, amministrativo, tributario) codifica come il soggetto responsabile è chiamato a rispondere della violazione di obblighi giuridici.

Il concetto di responsabilità è strettamente connesso con quello di libertà, del quale rappresenta per certi versi il rovescio: l’idea di “responsabilità” non solo presuppone infatti il libero arbitrio e la libera scelta del soggetto, ma attira anche l’attenzione sui limiti di tale libertà, e dunque sui doveri che si accompagnano necessariamente ai diritti di ciascuno. Proprio per questo stretto legame con la libertà, in ambito politico il termine è di affermazione recente: si trova per la prima volta al centro del dibattito pubblico a fine 1700 negli Stati Uniti, con gli articoli de Il Federalista in cui i Padri fondatori J. Madison, A. Hamilton e J. Jay si interrogano su come definire teoricamente e praticamente le “responsabilità” del governo nei confronti dei cittadini.

Il ricorso al termine “responsabilità” si accompagna di fatto spesso al tentativo di introdurre una dimensione etica in ambiti originariamente ad essa estranei, o comunque da essa distinti. Proprio in questo senso Max Weber ad inizio Novecento fa del concetto di responsabilità il fulcro della propria riflessione sulla scienza e sulla politica (in La scienza come professione. La politica come professione, 1917-19): per entrambe le figure dello scienziato (e dell’insegnante) e del politico di professione egli preconizza la necessità di un’“etica della responsabilità”, che induca l’uomo di scienza a mettersi al servizio della chiarezza e del sapere allontanando le tentazioni della militanza e del profetismo, e l’uomo politico a rispondere sempre delle conseguenze, anche di lungo periodo, delle proprie azioni. Come Weber numerosi intellettuali del Novecento, da T. Mann a A. Camus e R. Aron, contrappongono l’“etica della responsabilità” (incentrata sulla previsione delle conseguenze delle azioni) all’“etica dei principi” (che fa invece discendere l’azione da principi ideali), e definiscono la propria funzione pubblica proprio attraverso la nozione di “responsabilità”, per attirare l’attenzione sull’importanza del ripensamento continuo delle proprie convinzioni, di contro appunto alla fedeltà ad un’opinione precostituita.

La “responsabilità” è inoltre intimamente connessa alla ricomposizione tra prospettiva individuale e collettiva. Infatti, la responsabilità delle proprie azioni è da intendere come responsabilità verso se stessi, ma anche e soprattutto verso gli altri: coloro che entrano in relazione diretta con il soggetto, così come l’insieme più ampio della comunità umana, presente e futura. Tra i pensatori che hanno maggiormente esteso l’accezione di responsabilità in tal senso è Hans Jonas (Il principio responsabilità, 1979), che concepisce la responsabilità, in special modo politica, come la previsione dell’impatto delle proprie azioni su ciò che ci circonda, ovvero l’ambiente, e su ciò che ancora ha da venire, ovvero il futuro, che trova incarnazione nelle generazioni più giovani come nella posterità. Il termine “responsabilità” si trova per questo tramite apparentato all’idea di “cura” dell’altro, e anche all’idea, sempre più frequente nel discorso a noi contemporaneo, di “sostenibilità”.

La pandemia ha rafforzato e moltiplicato i discorsi sulla responsabilità, a vari livelli. Anzitutto a livello del rapporto del singolo con la propria comunità: adottare comportamenti responsabili per contrastare il contagio ha significato e significa anche affrontare sacrifici per non mettere in pericolo la vita degli altri oltre alla propria. Una ritrovata cittadinanza responsabile ha potuto così essere da alcuni contrapposta all’immagine del cittadino come cliente-consumatore, attento anzitutto ai propri interessi, che era andata affermandosi negli ultimi decenni. A livello politico-istituzionale, la situazione ha poi imposto alcune scelte effettivamente improntate all’etica della responsabilità e non fondate né sul calcolo immediato né sulla prassi politica intesa in senso deteriore; la necessità e la priorità di scelte di questo tipo sono tanto più invocate in vista della costruzione di una valida via d’uscita dalla crisi, e per andare oltre i tecnicismi (economici, scientifici) che hanno mostrato i loro limiti. Sul piano internazionale, l’Europa in special modo è sollecitata a confrontarsi con le proprie responsabilità, verso i propri cittadini, verso gli Stati nazionali che la compongono, così come verso i partner mondiali: solo a partire dall’etica della responsabilità, che si sostanzia ed accompagna con una visione di futuro, essa potrà infatti raccogliere le sfide storiche che le sono poste. Infine e soprattutto, la pandemia ha richiamato l’uomo tecnologico alle proprie responsabilità nei confronti dell’ambiente e degli altri esseri viventi, rendendo ancora più urgenti le riflessioni già pressanti su cambiamento climatico e sulla salute mondiale.

Immagine: Paramedico all’esterno di un ospedale durante l’emergenza Covid-19. Crediti: eldar nurkovic / shutterstock.com

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