Se mangi sano è probabile che tu lo faccia perché sei ricco. Almeno in Inghilterra. Lo rivela una ricerca appena pubblicata dal Centro di ricerche sull'alimentazione dell'Università di Cambridge che ha messo in rilievo come dal 2002 al 2012 in Gran Bretagna gli alimenti salutari, frutta e verdura in testa, abbiamo subito un aumento dei prezzi costante al contrario del “junk food”, alimenti ad alto tasso di carboidrati, grassi e zuccheri come pane, pizza surgelata e ciambelle.

Gli studiosi hanno monitorato per 10 anni 94 tra cibi e bevande fra i più consumati nel Paese da 1491 adulti che per anni hanno acconsentito a segnare tutto quello che hanno mangiato. Ogni cibo è stato assegnato a un gruppo di alimenti (per esempio “frutta e verdura” o “pesce, carne e altre fonti di proteine”) e poi ulteriormente diviso in “meno sano” o “più sano” utilizzando un modello di profili nutrizionali sviluppato dalla Food Standards Agency.
La ricerca, la prima di questo tipo in UK, mostra come la media del prezzo per 1000 kcal dei primi sia di 2.50 sterline mentre per i cibi più salutari si alzi a 7,49 sterline, una media di tre volte di più rispetto alle alternative meno salutari.  
Nella giornata mondiale dell’alimentazione che ci siamo appena lasciati alle spalle (il 16 ottobre) uno dei punti cardine è stato ricordare che nel mondo ci sono ancora 842 milioni di persone che soffrono la fame, di cui 200 milioni sono bambini. Eppure riflettere sul costo degli alimenti e su quanti possano effettivamente permettersi di comprarlo, a livello economico ma anche in termini di tempi da dedicare all’acquisto e alla preparazione, non è meno importante.
In Inghilterra, come in altri Paesi Europei, sta diventando un problema. Secondo uno studio condotto da ricercatori dell’UK Health Forum e dell’Organizzazione mondiale della sanità e presentato al convegno della Società europea di cardiologia nel maggio scorso, la percentuale di persone in sovrappeso e obese è destinata a crescere in quasi tutti i Paesi europei da qui al 2030. Tra i maschi, le percentuali più alte sono previste in Irlanda (90%), in Spagna, Repubblica Ceca e Polonia (80%), e in Gran Bretagna (75%). La ricerca collega l’epidemia di obesità e sovrappeso all’aumento di malattie coronariche e ictus, che nel 2030 potrebbero coinvolgere 1.604 persone ogni centomila individui a livello europeo, con tassi superiori ai 2.500 casi in Austria, Lettonia e Turchia.
L’Italia non è messa molto meglio: se si continua così la prevalenza del sovrappeso dovrebbe passare al 64 per cento nel 2020 e al 70 per cento nel 2030, contro il 58% del 2010. Lievemente inferiore, e comunque in crescita, per le donne: arriverà al 44 per cento nel 2020 e al 50 per cento nel 2030, contro il 39 per cento del 2010. Gli obesi passeranno dal 12 per cento (10 per le donne) del 2010 al 20% nel 2030. Ma il dato che più preoccupa è forse quello dei bambini: secondo l’OMS è proprio l'Italia ad avere la percentuale maggiore di minori in sovrappeso in Europa (il 22,2 per cento) e il Ministero della Salute stima che uno su tre abbia problemi di sovrappeso e uno su cinque di obesità. Di certo pesa la scarsità di movimento praticato, ma non è da sottovalutare la facilità con cui il fast e junk food può essere acquistato e consumato anche dai più piccoli. E il costo di questi comportamenti lo paghiamo tutti.