[Leggi la prima parte]

«Feci i bagagli, misi in vendita la casa e trasferii le bambine tutt’altro che entusiaste in una casetta in affitto davanti a Beacon Hill Park […] Tutti dicevano che non era possibile guadagnarsi da vivere vendendo libri. Io ripresi a respirare». Nel 1963, Alice Munro decide di vendere la propria casa a Vancouver e aprire una libreria, nell’isola Victoria. Una scelta semplice, ma rivoluzionaria, che migliora positivamente la sua salute fisica e la sua scrittura, e che cinquant’anni dopo, nel 2013, la porterà alla vittoria del Nobel per la letteratura.

Durante la permanenza all’isola Victoria finalmente Alice Munro si sente a casa, scompaiono gli attacchi di panico e tutti i sintomi della depressione. L'isola Victoria non è distante da Vancouver, ma totalmente differente dalla terraferma: un rifugio sicuro, in un territorio incontaminato, dove le abitazioni non sono accerchiate dalla foresta pluviale, ma hanno un proprio spazio vitale. Come spiega Robert Thacker, per Munro, Victoria è molto più simile all’Ontario che non Vancouver, «le ricorda le città del passato, un passato di quartieri vissuti, alberi frondosi, drogherie d’angolo con il tendone a strisce». L’ambiente isolano favorisce l’ispirazione, il paesaggio diventa «una proiezione, uno schermo dentro al quale l’uomo e l’artista proiettano la propria visione del mondo», sottolinea Flavio Caroli. Munro supera il blocco della scrittura lavorando nella libreria e parlando di letteratura con i clienti; inizierà così una delle stagioni più produttive per lei.

Dieci anni dopo l’arrivo a Victoria, nel 1973, la scrittrice divorzia dal marito Jim e abbandona anche la British Columbia per ritornare in Ontario. «È solo quando decide di lasciare il marito e la costa occidentale per tornare all’Est e inquadrare ricordi, persone e fantasmi nel paesaggio ristretto dell’Ontario, o addirittura della Huron County, che la scrittrice rivela la pienezza del suo talento» afferma Marisa Caramella. Sulla costa orientale, Munro ritorna a descrivere il Canada rurale, il Canada delle colline e dei viali alberati, il paesaggio della campagna. Le motivazioni dietro questa scelta saranno rivelate dall’autrice soltanto nel 1997:

La ragione per cui scrivo così spesso del paese a est del lago Huron è che amo quel luogo. Significa per me qualcosa che nessun altro paese, non importa quanto storicamente importante, o “bello”, o vivace, o interessante, potrà mai significare. Sono innamorata di quel particolare paesaggio, dei campi quasi piatti, delle paludi, del bush, dei boschi, del clima continentale con i suoi inverni bizzarri, eccessivi. Mi sento a casa tra le costruzioni di mattoni, i granai cadenti, le rare fattorie dotate di piscina e di campo di atterraggio, gli agglomerati di roulotte, le vecchie chiese ingombranti, i Wal-Mart e i Canadian Tire. (Alice Munro, Introduzione a Selected Stories, 1997)

Il trasferimento nella Huron County simboleggia un ritorno alla vita da artista. Iniziano gli anni Settanta, arriva la pubblicazione di Lives of Girls and Women (1971), primo romanzo di Munro, che nello stesso anno vince il Canadian Booksellers Award. L'autrice in questo periodo può contare sull’appoggio, lavorativo e sentimentale, di John Metcalf. È «grazie alla relazione con Metcalf [che] l’autrice è ora in grado di osservare, oltre che vivere, la vita dello scrittore». Secondo Gian Luigi Beccaria, linguista e critico letterario, esistono due categorie di scrittori: «c’è chi scopre prima l’uomo e chi scopre prima il paesaggio. C’è chi comprende il mondo a partire dagli altri, dai suoi simili, e chi riesce meglio ad afferrare la totalità dell’essere a partire dalla terra». Nel caso di Munro, l’autrice riscopre la propria identità sia attraverso l’uomo, John Metcalf, scrittore e critico letterario, sia grazie a uno stretto legame con la terra, con il paesaggio rurale del Canada.

Nel 1975, Munro incontra Gerald Fremlin, ex compagno di università, laureato in Geomorfologia e, dopo una breve frequentazione, decide di trasferirsi da lui, nella città di Clinton che, essendo molto vicina a Wingham, riporta l’autrice ai luoghi della sua infanzia, immersi nella natura. Munro utilizzerà gli studi storici e geologici effettuati da Fremlin per documentarsi sul territorio di alcune zone dell’Ontario e qui ambienterà il testo Places at home. Il ritorno a casa descritto è un ritorno ai luoghi della Huron County, al paesaggio delle verdi praterie e degli edifici a mattoni, molto simile a Wingham, dove l’autrice ritrova la sua giovinezza. Clinton è l’altrove, così diverso dalla Columbia, ma che la riporta alle sue origini. In questo paese trova una nuova casa e riconosce di avere una famiglia.

Non solo Alice è tornata a Huron County, ai luoghi della giovinezza, ma anche alle incombenze domestiche di allora: vivere con Fremlin comporta occuparsi della madre, della casa; abitare vicino a Wingham significa preoccuparsi per il padre malato di cuore, conoscere la donna che ha sposato. Ma la coppia trova il tempo per coltivare un orto e un giardino e fare escursioni nei dintorni, anche notturne, con gli sci. Durante una di queste, la visione di un cumulo di neve che copre una forma misteriosa serve da spunto per un nuovo racconto, Raptus.

Questo dimostra, come sostiene Beccaria, che «in ogni caso il paesaggio non vive in sé. Non vive che dentro l’uomo e dentro l’interpretazione dell’artista. Uno scrittore, un pittore, quando vuole dipingere un paesaggio o un personaggio, lo crea da sé, lo ritrova in sé stesso». Nella nuova vita, in una nuova città e in un’abitazione più modesta rispetto agli edifici di Vancouver, ma nel paesaggio tipico dell’adolescenza, i ricordi di Munro diventano più vividi e reali. Nella sua produzione si può osservare un intreccio definito, con episodi che tornano ripetutamente in più racconti; tuttavia, la struttura narrativa non genera un impoverimento dei contenuti, ma tesse invece le fondamenta di una scrittura d’ambiente, innovativa e originale, con frequenti metamorfosi dello spazio e della psiche.

Le storie di Munro, più o meno autobiografiche che siano, sono strettamente intrecciate alla memoria e al ricordo di luoghi esplorati e inesplorati, alcuni vissuti, altri solamente immaginati, dall’Ovest all’Est, e viceversa. «Nella narrativa di Alice Munro sono le vicende dei personaggi a primeggiare. Ed è il paesaggio geografico e culturale, più di quello politico o sociale, a fare da sfondo a tali vicende» conferma Caramella, **«**la lingua di questa dettagliata geografia, di esterni e di interni, la lingua di Alice Munro, è in definitiva la lingua materna». Una lingua che rievoca le forti passioni della sua gioventù, da figlia, le difficoltà dell’età adulta e del suo esser moglie e madre, una lingua che esprime le gioie e le paure della maternità, **«**quella [lingua] impossibile da dimenticare, e difficile da ricordare se evoca dolore, sofferenza, inquietudine o senso di colpa». Se gli anni Settanta avevano rappresentano l’affermazione di Alice Munro tra le migliori scrittrici canadesi, gli anni Ottanta e Novanta consacrarono definitivamente il successo dell’autrice a livello internazionale. A chi le domandava in quali altre zone del Canada avrebbe ambientato i suoi racconti, rispondeva: «scrivo di dove sono nella vita».

Per saperne di più:

Si suggeriscono i testi critici di Sheila Munro, Lives of Mothers and Daughters. Growing Up with Alice Munro, Toronto, McClelland&Stewart, 2001 e di Catherine Sheldrick Ross, Alice Munro. A Double Life, Toronto, ECW Press, 1992, che analizzano la biografia di Munro da un punto di vista femminile. Per un’interpretazione maschile, si propone la biografia scritta da Robert Thacker, Alice Munro – Writing Her Lives: A Biography, Toronto, McClelland&Stewart, 2005 e, dello stesso autore, l’opera Reading Alice Munro 1973-2013, Calgary, University of Calgary, 2016.

Per approfondire il rapporto tra letteratura e paesaggio, si consigliano gli studi di: Georg Simmel, Saggi sul paesaggio, Roma, Armando Editore, 2006; Michael Jakob, Paesaggio e letteratura, Firenze, L. S. Olschki, 2005; Giorgio Bertone, Letteratura e paesaggio, Lecce, Manni, 2001. Tra i contributi più recenti: Flavio Caroli, Philippe Daverio e Sebastiano Vassalli, Le anime del paesaggio, Milano, Interlinea, 2013; Fabrizio Schiaffonati, (a cura di), Le anime del paesaggio: spazi, arte, letteratura, Novara, Interlinea, 2013.

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