Nel 1960 gli scrittori francesi François Le Lionnais e Raymond Queneau cercarono di scrivere poesia procedendo senza l'impiego di una forma di creatività 'libera', ma soltanto sulla base di una serie di regole e costrizioni. Questa pratica venne chiamata Oulipo, acronimo di Ouvroir de la littérature potentielle (“Officina di letteratura potenziale”), e le costrizioni che limitarono il processo di scrittura coinvolsero, ad esempio, l’omissione di certe lettere, come dimostrato nel romanzo La disparition (La scomparsa, 1968) del francese Georges Perec, un lipogramma scritto senza utilizzare la vocale ‘e’, e ne Exercices de style (Esercizi di stile, 1973) di Raymond Queneau, un libro che contiene la stessa trama sviluppata in novantanove racconti distinti, ciascuno scritto sotto una diversa costrizione. Gli scritti prodotti da questa ‘officina’, ispirati dall’idea che l’elemento creativo affiorasse nella sfida a seguire una serie di regole banali nello scrivere, rivoluzionarono l’approccio alla produzione letteraria francese dell’epoca. Un esempio di ‘serie di regole banali’ fu fornito dal metodo S+7 dell’autore Jean Lescure che, formulato nel 1961, consisteva nel sostituire ogni sostantivo (S) in un testo preesistente (cioè scritto da un altro autore) con il settimo sostantivo trovato dopo di esso in un determinato dizionario.

Le regole che gli autori dell'Oulipo si autoimposero, da non confondere con le regole della metrica in poesia (ad esempio il pentametro giambico o gli schemi di rima), favorirono lo sviluppo di una forma di creatività che già all’epoca apparì impersonale o addirittura ‘meccanica’, in virtù del fatto che la procedura utilizzata nella scrittura fosse dipendente non soltanto dal rapporto tra l’autore e il testo scritto ma anche, come nel caso del metodo S+7 proposto da Lescure, dal supporto di un dizionario scelto arbitrariamente.

Questo stile di scrittura si focalizza, dunque, sulle tecniche utilizzate piuttosto che sul contenuto, nel senso che il testo finale è prodotto da una serie di costrizioni imposte all’autore, sia stilistiche (come nel caso del metodo S+7 di Lescure, ad esempio) che fisiche. Un esempio di costrizione fisica fu rappresentato dai poème de métro (poesie del metro) dello scrittore francese Jacques Jouet, in cui egli, in viaggio sulla metro parigina, concepì e compose il suo scritto mimando il percorso da lui compiuto, tessendo una rigida corrispondenza che ai versi associa le stazioni attraversate, alle strofe i cambi di treno, e così via.

Nel 2010 la teorica letteraria Marjorie Perloff sostenne l’importanza della procedura nel suo libro Unoriginal Genius, dedicato alla trasformazione dell’autorialità nell’età digitale contemporanea, esemplificata dall’emergere della letteratura concettuale (compresa la letteratura oulipiana e la letteratura del concretismo brasiliano) con conseguente riformulazione del concetto di “originalità” nel terzo millennio. La teorica statunitense sostenne che il valore e l'attrattiva letteraria dell'Oulipo, rampa di lancio per tali sviluppi letterari, non derivarono dal testo stesso ma dalle costruzioni impiegate nella sua scrittura. In accordo con il pensiero di Perloff, sosteniamo che lo sviluppo dell’Oulipo in Francia nel Novecento abbia sollevato molte domande ancora rilevanti circa il modo in cui leggiamo e affrontiamo altri generi più o meno provocatori dell'odierna letteratura sperimentale. Un esempio di tali e più recenti sviluppi dell'Oulipo è la letteratura concettuale che ci giunge dal contesto nordamericano, al centro della critica non soltanto per i problemi che essa pone riguardo il concetto di autorialità, ma, più nel particolare, per ciò che concerne la scelta dei contenuti adatti ad essere appropriati.

In sintesi, la letteratura concettuale adotta lo stesso principio alla base dell’arte concettuale, per cui il senso dell'opera d'arte debba essere rinvenuto non tanto nell'opera stessa, quanto piuttosto nel concetto ad essa sottostante. La letteratura concettuale, in particolare, rimane abbastanza controversa (soprattutto tra gli autori statunitensi) a causa dei dibattiti da essa suscitate inerentemente a tematiche come il plagio e l'autorialità. Per avere un’idea, basti pensare al lavoro dell’autore Kenneth Goldsmith, professore di scrittura creativa all’Università della Pennsylvania, il quale ha condotto alcuni corsi intitolati “Uncreative Writing”, cioè scrittura non creativa, e ha incoraggiato i suoi studenti a scrivere “non creativamente” partendo da testi preesistenti, trovati ad esempio su internet, trasformandoli in poesia attraverso i mezzi più vari e senza tuttavia modificare il testo. Goldsmith valuta positivamente i suoi studenti in base alla loro capacità di plagiare il lavoro degli altri, togliendo loro punti dal voto d'esame a seguito della presenza di elementi di originalità nel loro lavoro. Come poeta e critico, Goldsmith ammette che il plagio gioca un ruolo fondamentale anche nella propria scrittura; il poeta newyorkese difende infatti la sua metodologia e l’uso del plagio adducendo ciò che lui chiama “repurposing”, ossia il decontestualizzare un testo per ricontestualizzarlo in un nuovo ambito. Ad esempio, il suo Day, libro di 836 pagine pubblicato nel 2000 e venduto sotto l'etichetta poesia, contiene ogni lettera, simbolo e numero stampati dal New York Times nell’edizione pubblicata il 1° settembre del 2000.

Un altro esempio degli sviluppi dell'odierna letteratura concettuale americana è offerto dalla poesia di Vanessa Place, scrittrice concettuale, avvocatessa e sedicente performance artist, le cui opere sono particolarmente controverse: essendo i suoi clienti principalmente molestatori sessuali, lei ricontestualizza gli atti dei loro processi trasformandoli in materiale poetico. Diversamente da Goldsmith, Place dissemina i suoi scritti concettuali non sempre tramite libri ma anche attraverso performance o progetti sui social media. In uno di questi, ad esempio, cominciato nel 2011 con una durata di quattro anni, l’artista ha twittato ogni frase dal romanzo dal 1936 di Margaret Mitchell, Via col vento, ampiamente ritenuto razzista per il suo “whitewashing” della realtà della schiavitù nel Sud degli Stati Uniti durante l’era della Ricostruzione dopo la Guerra di successione. Senza chiarire le motivazioni del suo lavoro e con l’impiego di un Twitter bot, Place ha trascritto ogni frase dal libro di Mitchell, in accordo con il limite di 140 caratteri all’epoca imposto dal social network, tagliando le parole quando non conformi al limite dei caratteri. A livello formale e strutturale, Place ha fatto quello che ha fatto Goldsmith con il suo Day: sotto il pretesto del “repurposing”, Place ha decontestualizzato il testo del libro Via col vento trasportandolo in un contesto nuovo, quello virtuale.

Se una tale iniziativa abbia costituito un successo per l'autrice è una questione ancora dibattuta: da un lato, Place ha presentato una critica antirazzista impiegando un testo con connotazioni fortemente razziste per attirare l’attenzione del pubblico sull’argomento; dall'altro, la sua scelta di impiegare Via col vento ha scosso la comunità afroamericana che ha giudicato i suoi intenti come razzisti. Da un punto di vista più generale, l'opera concettuale della scrittrice americana non è stata accolta positivamente dalla comunità, ricevendo valutazioni negative tanto da altri poeti ed esperti quanto dal grande pubblico. Avvenuta nel 2015, la pubblicazione virtuale del testo ha suscitato una risposta esplosiva su internet terminata nella denuncia, partita nei confronti dell'autrice e di altri artisti statunitensi (per la maggior parte bianchi) sulla rivista Los Angeles Review of Books, di mancanza di sensibilità verso le problematiche razziste. Schermati dal pretesto di aver elaborato un'opera concettuale, questi avrebbero agito ignorando completamente gli effetti politici delle loro azioni.

La rilevanza dell'Oulipo al fine di comprendere la letteratura concettuale consiste nel fatto che le sue novità stilistiche contestino l'idea di creatività: un'opera creativa sarebbe così prodotta mediante un processo meccanico e tutto sommato 'banale', non coinvolgendo una dimensione creativa illimitata e facendo invece affidamento sulla riproducibilità meccanica dei testi. Questa cosiddetta meccanizzazione del processo di scrittura è esemplificata dall'impiego, durante la stesura, di un dizionario, attuando il metodo S+7; ‘meccanicizzazione dello scrivere’ che, mediante costrizioni ancora più estreme, arriverebbe addirittura a coincidere con una più radicale 'meccanicizzazione della creatività’. Nonostante lo stesso Goldsmith non sia particolarmente interessato alla metodologia dell'Oulipo, che considera una 'narrativa convenzionale' (in virtù del fatto che le costrizioni oulipiane non siano sempre rivelate dagli autori ma spesso scoperte dai critici) e non sufficientemente radicale, tanto la procedura meccanica della scrittura oulipiana quanto il "repurspousing" della scrittura concettuale contestano il ruolo dell’autorialità, della creatività e dell’autore stesso. La creatività, o meglio la sua assenza, nelle scritture concettuali e oulipiane rimane un tema pertinente e importante per il modo in cui pensiamo allo sviluppo della letteratura sperimentale nell’età contemporanea nella quale i testi, le immagini e le informazioni vengono costantemente condivise. Tuttavia, il procedimento della scrittura concettuale, cioè il plagio volontario, e la sua validità come genere letterario si trovano in difficoltà quando c’è bisogno di giustificare la scelta del testo da ‘ricontestualizzare’. Non solo la Place è stata recentemente al centro di controversie inerenti alla scelta di materiale da lei operata. Anche Goldsmith, infatti, è stato attaccato a causa di una sua scelta 'poco sensibile', avendo egli inteso come 'poesia' il rapporto dell’autopsia di Michael Brown, un giovane afroamericano vittima della brutalità della polizia nel 2014 a Ferguson (Missouri). In entrambi i casi, gli autori hanno ricevuto una grande attenzione mediatica, giungendo infine ad essere fortemente criticati in virtù delle loro scelte e ricontestualizzazioni ritenute dalla maggioranza come razziste ed inadeguate.

Allo stesso tempo, tuttavia, al fine di giustificare il loro plagio inerentemente ad opere concettuali meno controverse, Goldsmith ha chiarito le motivazioni delle sue decontestualizzazioni ponendole in analogia con le intenzioni sottostanti ai ready-made di Marcel Duchamp, uno degli artisti più influenti del Novecento ed artefice di una rivoluzione dell'idea di creatività e di originalità nel periodo dell'avanguardia. Goldsmith, ha esplicitato quindi come la sua poesia tratti il testo preesistente come un ready-made. Al fine di concludere, le questioni principali sollevate dalla letteratura concettuale e dai suoi sviluppi possono essere così riproposte: chi ha l’autorialità nella scrittura delle opere e dei testi concettuali o ancora, più alla base, chi può avere il diritto di proporre scritti concettuali? Inoltre, come definire i limiti oltre ai quali l’arte concettuale diviene una scusa per il razzismo? Mentre il plagio rimane un argomento particolarmente discusso nell'ambito degli scritti concettuali, la questione della scelta del materiale si presenta come particolarmente delicata, restando tuttavia fondamentale per l'eventuale sviluppo del genere.

Per saperne di più:

Jacques Jouet, Poèmes de métro, P.O.L., 2000.

Majorie Perloff, Unoriginal Genius, Chicago University Press, 2010.

Kenneth Goldsmith, Marjorie Perloff: A Conversation with Kenneth Goldsmith, intervista di Marjorie Perloff, http://jacketmagazine.com/21/perl-gold-iv.html.

Kim Calder, «The Denunciation of Vanessa Place», Los Angeles Review of Books, https://v2.lareviewofbooks.org/article/the-denunciation-of-vanessa-place/.

Alison Flood, «US Poet Defends Reading of Michael Brown Autopsy Report as a Poem», The Guardian, 17 marzo 2015, https://www.theguardian.com/books/2015/mar/17/michael-brown-autopsy-report-poem-kenneth-goldsmith.

Edward Helmore, «Gone With the Wind Tweeter Says She Is Being Shunned by US Arts Institutions», The Guardian, 25 giugno 2015, https://www.theguardian.com/books/2015/jun/25/gone-with-the-wind-tweeter-shunned-arts-institutions-vanessa-place.

Kenneth Goldsmith, «It’s Not Plagiarism. In the Digital Age, It’s “Repurposing.”», The Chronicle of Higher Education, 11 settembre 2011, https://www.chronicle.com/article/Uncreative-Writing/128908.

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