di Pietro Masi

Le energie da fonti rinnovabili come sviluppo (anche) del rapporto agricoltura e ambiente
Il collegamento tra agricoltura ed ambiente è da sempre rilevante, come testimoniano fin dall’antichità i fattori che caratterizzano geograficamente un contesto produttivo rendendo significativa l’origine dei prodotti, ed è oggetto di attenzione sotto molti profili: basterebbe qui citare quelli del ricorso a segni geografici di diversa natura o della emissione di organismi geneticamente modificati. 
In questa sede, volendosi concentrare l’attenzione sulla produzione di fonti energetiche rinnovabili oggi sollecitata e promossa in ambito internazionale per contribuire alla protezione dell’ambiente ed allo sviluppo sostenibile (obiettivi del protocollo di Kyoto), interessano le situazioni nelle quali l’attività agricola può mirare al risultato di migliorare l’ambiente.  
La dimensione nella quale si colgono i rischi di mutamento del clima è quindi globale e diversa da quella che in passato spingeva alla bonifica di territori anche estesi con riflessi di interesse al più nazionale, anche se non mancano analogie tra le due esperienze.
Le osservazioni che seguono si collocano nell’angolazione dell’impresa agricola, destinataria delle norme incentivanti il ricorso alle produzioni in questione; l’impegno per sviluppare energie da fonti rinnovabili deve infatti concorrere con altre azioni volte alla produzione più tradizionale, prevalentemente con destinazione alimentare, già impegnative ed in costante evoluzione per il confronto con l’innovazione tecnologica e l’internazionalizzazione dei mercati.

Il coinvolgimento degli imprenditori ed il ruolo delle “attività connesse”

La scelta legislativa in senso promozionale di agroenergie sopra richiamata non può prescindere da un impegno attivo di coloro che operano nel territorio. Il primo elemento significativo in tal senso è allora la ricomprensione dell’attività produttiva di energie nell’oggetto dell’impresa agricola definita nell’art. 2135 c.c. e, di riflesso, delle figure ad essa collegate come l’Imprenditore Agricolo Professionale (IAP), rilevante e destinatario di incentivi nel sistema comunitario.

Tenuto conto della vasta tipologia di azioni capaci di produrre energie da fonti rinnovabili, non mancano situazioni che potrebbero evocare l’esercizio di attività agricole principali (coltivazione di piante per ottenere olio combustibile); mentre in altri casi (che chiamano in causa energia eolica, solare, geotermica, biomassa, solo per fare qualche esempio) l’inserzione nell’oggetto dell’impresa agricola potrebbe avvenire solamente con una qualifica di “attività connesse”.

In questo ultimo senso risultano meritevoli di nota sia la vigente formulazione dell’art. 2135 c.c. (come modificato per effetto del d.legisl. n. 228 del 2001), nella parte in cui include tra le attività connesse “le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale”, sia la più specifica previsione dell’art. 1, comma 423, della l. n. 266 del 2005 (Legge finanziaria 2006) per la quale “La produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario”.

La presunzione di connessione per diritto speciale mantiene inalterato il requisito soggettivo di esigenza di collegamento ad attività (principali) di un imprenditore agricolo, precludendo che la fattispecie si estenda a chi intende svolgere solamente la produzione di energie; mentre essa prescinde nell’espressione dal cosiddetto presupposto oggettivo, ad esempio tradotto in un criterio di prevalenza di momenti dell’attività agricola principale, come in altre indicazioni dell’art. 2135 c.c.

L’effetto della qualifica agricola per connessione è quello dell’applicazione dello statuto dell’impresa agricola, diverso dalle regole dell’impresa commerciale; è però noto che la disciplina delle due categorie di imprese tende ad assimilarsi (si pensi alle regole di pubblicità delle imprese) e che spesso la differenziazione è oggi superata per il ricorso da parte degli imprenditori agricoli alla forma di società commerciali, anche di capitali.

Spunti da norme recenti

Meritano qui un cenno alcuni interventi normativi maturati nel tempo nell’ambito dell’Unione Europea, ai quali l’azione di imprenditori agricoli volta alla produzione di energie da fonti rinnovabili potrebbe richiamarsi.

Il primo si coglie nella Direttiva n. 2001/77/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, attuata in Italia per effetto del d.legisl. n. 387 del 2003. Sono previsti interventi di sostegno di vario genere, con il rilascio fra l’altro di garanzie di origine dell’elettricità prodotta. Il riferimento ai produttori agricoli è incidentale, ad esempio nella definizione contenuta nell’art. 2, par. 1, lett. b), di “biomassa” come “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse …”, ma la potenzialità di loro coinvolgimento pare fuori discussione.

Il secondo è espresso nella Direttiva n. 2003/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, attuata in Italia con il d.legisl. n. 128 del 2005. L’attenzione è concentrata in questo caso su biocarburanti e biomassa, con un richiamo nell’art. 2, par. 1, lett. c), ai carburanti ulteriori originati da fonti definite nella citata Direttiva n. 2001/77/CE, e sulla destinazione ai trasporti che, come si ricorda in un “considerando” (4) richiedono energia per un 30% del consumo finale di energia della Comunità. Anche in questo caso l’azione non è riservata ai soli imprenditori agricoli, ma ne intende favorire il coinvolgimento.

E’ recentissima poi la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 5 giugno 2009 della Direttiva 2009/28 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica, abrogandole, quelle del 2001 e del 2003 appena citate, stabilendo un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili e fissando fra l’altro obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e per la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti.

Per inciso, può ricordarsi che un ruolo interessante ai fini dell’assunzione di impegno da parte degli imprenditori agricoli potrebbe essere svolto dai “certificati verdi” (cfr. D.M. Sviluppo economico 18 dicembre 2008, spec. artt. 11. ss.), che possono essere emessi in relazione all’energia incentivata prodotta e negoziati, in termini tali da premiare i produttori di energia e penalizzare chi non è coinvolto costringendolo ad un acquisto da terzi.

Nuove esigenze della disciplina

La proiezione dell’impresa agricola nel settore delle bioenergie – in una prospettiva di multifunzionalità sulla quale può qui per tutti richiamarsi ADORNATO, Agricoltura e zootecnia, in Enciclopedia Giuridica Treccani (agg. 2007) - sollecita qualche spunto per la riflessione in termini di disciplina.

Per quanto concerne l’esercizio delle attività considerate, sfuma il rilievo di una destinazione alimentare dei prodotti significativa ai fini dell’applicazione di molte regole specialmente comunitarie, mentre ci si deve preoccupare di una sicurezza di tipo diverso, tradizionale ad esempio in materia di combustibili o elettricità. Anche i prodotti – si pensi ai biocarburanti destinati al trasporto; e anche all’esperienza del legno, escluso dal novero dei prodotti agricoli nel mercato dell’Unione europea - sfuggono alle regole del mercato agricolo impostato sugli alimenti, salve scelte specifiche non agevoli da realizzare di volta in volta.

La presenza in ambito nazionale di competenze legislative diverse e potenzialmente tra loro confligenti - quella esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 117, 2° co., lett. s, Cost.) e del paesaggio (art. 9, 2° co., Cost.), e quella concorrente tra Stato e regioni in tema di produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia (art. 117, 3° co., Cost.) - rende imprescindibile uno specifico coordinamento dell’azione delle diverse autorità legislative coinvolte.

Venendo agli imprenditori agricoli, già l’esperienza di attività connesse come l’agriturismo aveva posto in luce l’evoluzione della distinzione tradizionale, nell’ordinamento italiano, tra impresa agricola ed altre categorie di imprese (impresa commerciale e oggi, ad esempio, impresa di pesca oggetto di autonoma considerazione legislativa). Si è già accennato che il percorso sembra quello di una omologazione di discipline, anche in ragione della “forma commerciale” generalmente adottata, e di un mantenimento invece della distinta rilevanza della qualifica agricola nel sistema comunitario ed in quello nazionale derivato che prevedono uno specifico  mercato.

Resta infine da aggiungere che la regolamentazione, per l’evoluzione del dato tecnico e di quello economico, risulterà di applicazione difficile agli agricoltori senza un coinvolgimento adeguato di chi rappresenta i loro interessi diffusi o quelli del territorio. La produzione di energie da fonti rinnovabili, infatti, suppone azioni di valutazione, investimento e gestione che normalmente superano la dimensione della singola azienda richiedendo forme di cooperazione e programmazione adeguate.

Pubblicato il 6/07/2009