Le discriminazioni fiscali e gli...
Maurizio Orlandi
Maurizio Orlandi
Le discriminazioni fiscali e gli aiuti di Stato nel diritto dell’Unione europea,
Aracne, Roma 2018,
Collana di Diritto internazionale e Diritto dell’Unione europea
Il mercato unico europeo costituisce uno spazio senza frontiere interne, nel quale i diversi fattori produttivi possono e devono circolare liberamente senza incontrare barriere di tipo tariffario o di altro genere. In questo contesto, le imprese dei diversi Stati membri dovrebbero essere poste in grado di competere il più possibile ad armi pari, ma le differenze tra le misure di sostegno che gli possono essere offerte nei singoli Paesi (aiuti) sono ampie, così come sono ampiamente diversificati i regimi fiscali cui sono sottoposte e che possono incidere sulla loro competitività. Sotto entrambe i profili il tema dell’armonizzazione dei sistemi fiscali dei singoli Stati membri è dunque un tema particolarmente ‘caldo’ negli ultimi anni. Resta il fatto che, in subjecta materia le competenze dell’Unione sono decisamente contenute e le possibilità d’intervento della Commissione e delle altre istituzioni europee sono circoscritte.
Proprio sul tema delle diverse competenze dell’Unione in materia fiscale si concentra la prima parte del corposo lavoro di Maurizio Orlandi, il quale correttamente evidenzia come alcune competenze dell’Unione sono addirittura delle competenze esclusive (in particolare quelle in campo doganale), altre costituiscono delle competenze concorrenti Unione europea/Stati membri (in particolare quelle relative alle imposte indirette quali l’IVA e le accise), e che nel corso di 60 anni d’integrazione comunitaria sono state consistentemente armonizzate, ed infine la rimanente e preponderante parte di competenze (quella che riguarda più da vicino le imposte dirette) rientra tra le competenze esclusive degli Stati membri.
Se gli Stati membri hanno sempre tenuto a conservare gelosamente le proprie prerogative in materia fiscale, cionondimeno, l’azione dell’Unione europea si è fatta sentire, sia pure indirettamente, anche in questo settore, soprattutto a partire dalla presentazione, nel 1996, di due memorandum in materia da parte dell’allora Commissario Mario Monti.
In particolare, stando alla puntuale ricostruzione fattane da Orlandi, soprattutto in tempi successivi ai richiamati memorandum, la Commissione ha decisamente e progressivamente cercato di applicare alle imposte dirette due distinti gruppi di norme: quelle tese prevenire le discriminazioni tra i cittadini, i lavoratori, i prestatori e destinatari di servizi ed i capitali che abbiano una diversa nazionalità o una diversa residenza o sede sociale e quelle tese a circoscrivere la concessione degli aiuti di Stato.
Secondo la rigorosa e documentata analisi che l’Autore ha condotto sulla base della copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia, l’applicazione dei due gruppi di norme al settore fiscale non è sempre stata esente da vizi e, soprattutto in materia di disciplina degli aiuti di Stato, talvolta si sono raggiunti o forse anche travalicati i limiti delle competenze europee.
Procedendo con ordine si deve sottolineare come l’approccio usato per analizzare l’impatto delle singole libertà di circolazione garantite dal TFUE, è un approccio scientifico tipicamente di Diritto dell’Unione europea. Esso ha portato l’Autore ad individuare la sussistenza di un ‘divieto di discriminazioni in materia fiscale’ che non ha una propria autonomia funzionale ma si presenta come la summa e la sintesi dei princìpi di non discriminazione i quali, con le diverse sfaccettature che li caratterizzano, governano la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali. In effetti, in ciascuno dei richiamati ambiti, è enunciato un principio di non discriminazione applicabile anche in materia fiscale che, seppure risponde ad una logica comune, non opera in ogni settore con le stesse identiche modalità.
Non diverso è l’approccio usato per verificare l’applicabilità e l’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato al settore fiscale, applicazione che risponde anch’essa all’esigenza di garantire l’effettività del principio di non discriminazione (in effetti aiutando alcune imprese che operano sul mercato interno europeo si finisce con il discriminare le altre, quelle che non percepiscono agevolazioni) e all’esigenza di mantenere viva ed operativa la concorrenza nel mercato interno.
In questo contesto l’Autore parte da una corretta ricostruzione della nozione di aiuto di Stato, e dall’individuazione delle condizioni nelle quali la sua concessione risulta vietata. Egli evidenzia peraltro in maniera critica come la prassi della Commissione e la giurisprudenza della Corte abbiano interpretato le condizioni del ‘pregiudizio al commercio tra gli Stati membri’ e di ‘alterazione della concorrenza’ in maniera eccessivamente estensiva consentendo di fatto il controllo di qualsiasi iniziativa statale, anche di quelle che in realtà sembrano avere poco a che fare con la disciplina enunciata negli articoli 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea.
Le modalità secondo le quali i regimi fiscali nazionali o locali possono di fatto essere articolati – e di contro l’ampia definizione della nozione di aiuto di Stato data a livello europeo - rendono in molte circostanze particolarmente difficile il tentativo di tracciare una netta linea di separazione tra i due strumenti. In effetti, determinare quando una misura ‘aiuti’ un contribuente e quando costituisca invece ‘una misura giustificabile alla luce della natura o della struttura del sistema fiscale di riferimento’ è spesso un’impresa improba, ma in proposito l’Autore fornisce indicazioni e puntualizzazioni doviziosamente argomentate.
Seguono due capitoli di grande interesse scientifico, rispettivamente l’VIII ed il IX in cui vengono trattate tematiche ancor più specifiche e di particolare attualità: nel capitolo VIII si esamina infatti il delicato rapporto tra i crediti fiscali e gli aiuti di Stato, evidenziando come un’azione scarsamente incisiva dell’amministrazione fiscale possa finire con l’agevolare alcune imprese; nel capitolo IX, invece, viene affrontata la relazione tra gli interpelli, i prezzi di trasferimento e gli aiuti di Stato. Quest’ultima questione è in effetti particolarmente delicata. La Commissione ha infatti affrontato con Decisione alcuni casi (Apple, Starbucks, Fiat Finance and Trade, nonché il sistema dei centri di coordinamento in Belgio, tutti attualmente al vaglio del Tribunale) nei quali ha qualificato come aiuti di Stato delle misure adottate dai governi irlandese, olandese, lussemburghese e belga che si concretizzano in interpelli attraverso cui sono state determinate le imposte gravanti su delle operazioni di ‘trasferimento prezzi’ tra imprese dello stesso gruppo industriale ma appartenenti a Stati diversi. I prezzi di trasferimento, secondo le diverse amministrazioni fiscali che li hanno calcolati/omologati, sarebbero sempre stati basati sui princìpi elaborati dall’OCSE ed in particolare sulle «Linee Guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le Amministrazioni fiscali» (documento rigorosamente non vincolante) e calcolati nel rigoroso rispetto della normativa nazionale, mentre secondo la Commissione conterrebbero dei favoritismi e sarebbero stati calcolati in difformità dal principio generale di diritto europeo ‘di libera concorrenza’ (at arm’s length), principio che ricorda da vicino le linee guida OCSE.
L’esistenza di tale principio – allo Stato dell’arte del diritto dell’Unione europea – è vivacemente contesta dall’autore, il quale lo considera invece esistente solamente nella misura in cui sia stato recepito dalle legislazioni degli Stati membri. Orlandi, per di più, evidenzia come la Commissione abbia finito con l’applicarlo ancor prima di definirlo.
Vi è da aggiungere che, sempre secondo le coerenti argomentazioni sviluppate dall’autore, nella giurisprudenza della Corte, vi sarebbe un solo richiamo a tale principio, peraltro contenuto in un obiter dictum, del tutto insufficiente a fondarne l’applicazione secondo i rigidissimi parametri usati dalla Commissione.
Il volume si conclude quindi con una attenta ed apprezzabile analisi delle conseguenze che possono derivare dall’illegittima concessione di aiuti di Stato, non solamente l’ormai consolidato obbligo di restituire quanto indebitamente percepito, ma anche l’intentabilità di azioni risarcitorie per i danni derivanti dalla concessione di aiuti di Stato illegittimamente concessi, azioni che a vario titolo potrebbero essere promosse contro lo Stato erogante e contro il beneficiario delle agevolazioni, ma che potrebbero anche coinvolgere direttamente la responsabilità del singolo funzionario che ha erogato la misura agevolativa o addirittura quella del giudice che nell’ambito di una controversia in materia di aiuti di Stato abbia erroneamente applicato il diritto dell’Unione europea. Si tratta di argomenti decisamente nuovi, che attendono ancora una precisa codificazione da parte della Corte di giustizia.
In sostanza il libro di Orlandi, affronta con sicurezza e sistematicità tematiche giuridiche complesse e di grande attualità. Le argomentazioni in esso sostenute sono puntuali ed innovative, e sono caratterizzate da una profonda conoscenza della materia e da un’accurata e sistematica analisi della giurisprudenza del Tribunale e della Corte di giustizia. Infine, gli abbondanti riferimenti alla dottrina, italiana e straniera sono sempre puntuali.
Francesco Corda
14 dicembre 2018