Credit crunch, restrizione del credito o stretta creditizia? Quale espressione scegliere, posto che si tratti (come in effetti si tratta) di espressioni che rendono lo stesso significato? È un bel problema, uno dei tanti problemi di terminologia e traduzione posti dall’anfibio e galoppante linguaggio economico-finanziario dei tempi moderni. Che cosa scrivono i giornali nelle loro pagine dedicate a spiegarci le caratteristiche delle compulsive crisi che investono i mercati internazionali, destabilizzando intere nazioni col conseguente peso gettato sulle spalle dei cittadini e dei contribuenti? Come parlano di questi vitali argomenti le tv che si rivolgono a noi, vasto pubblico di – nella media – non competenti in materia? Il discorso è lungo assai. Come tutti i linguaggi specialistici, anche quello economico-finanziario ha e deve avere il suo lessico specialistico, prima garanzia “scientifica” di perfetta aderenza del termine al referente, ma anche primo ostacolo per chi specialista non è. Se chi scrive di economia e finanza si rivolgesse soltanto a chi scrive, legge e studia di economia e finanza, non ci sarebbero problemi: ci sono tante parole o espressioni tecniche internazionali, veicolate dall’inglese? Che importa, tanto se la cantano e se la suonano tra di loro.

La scelta è tra subprime e subprime

Già qui, però, le cose non stanno precisamente in questi termini, perché vi sono culture nazionali e lingue resistenti all’inglese (si pensi al francese e allo spagnolo), dunque si pongono problemi di traduzione e, conseguentemente, di interoperabilità di concetti e di linguaggi: si pensi ai problemi posti dalla complessità del campo disciplinare finanziario in relazione con la redazione di testi normativi comunitari. Noi italiani possiamo accettare di usare spread, invece di provare a tradurlo con differenziale di rendimento; i francesi usano certamente di più il calco contraction du crédit rispetto all’originario credit crunch. Poi, però, anche i francesi si devono arrendere quando il termine forestiero, essendo specchio di un fenomeno totalmente forestiero (che, cioè, non ha corrispettivi in Francia), non può avere un facile o addirittura plausibile riscontro in traduzione: il subprime, fenomeno del tutto inerente alla realtà americana, resta vincolato al termine subprime anche in francese (e in italiano, ovviamente: al massimo, si assiste alla creazione di un tentativo di composto-glossa come mutuo subprime).

La selva degli acronimi

Se poi la favella tecnica esce dai confini dei cosiddetti testi vincolanti (trattati e saggi scientifici, testi tecnici) per approdare ai testi mediamente vincolanti (testi divulgativi, espositivi, informativi, descrittivi: pensiamo agli articoli dei giornali, ai servizi televisivi di settore; assumo le definizioni da C. Mari, M.T. Zanola, La terminologia italiana del linguaggio finanziario, Bruxelles 26 gennaio 2007 http://ec.europa.eu/italia/), la faccenda si fa più intricata, perché si può creare nel lettore, di volta in volta, mancata comprensione (se il termine o, peggio, uno dei tanti acronimi della finanza, non viene tradotto; per es.: credit crunch; Cdx (Credit default swap index); Cfpa, Consumer financial protection agency; Cftc, Commodities futures trading commission) o disorientamento (se il termine viene tradotto una volta sì e una volta no; oppure in un articolo viene tradotto in un modo e in un altro articolo viene tradotto altrimenti: per es., restrizione del credito e stretta creditizia per rendere credit crunch).

Salvataggi e resilienze

Tralasciamo, infine, l’iniziale sconcerto che può provocare la tecnificazione, anche improvvisa – come accade in concomitanza dell’esplosione di crisi di vaste proporzioni, vedi il 2008 – di parole sussunte e traslate metaforicamente o da altri campi settoriali o dalla lingua comune, procedimento non raro nella lingua economico-finanziaria, che come altri linguaggi settoriali, si caratterizza rispetto alla lingua comune «non tanto perché adopera certi vocaboli specifici, ma perché adopera vocaboli anche assai comuni, ma in ‘accezioni’ specifiche» (T. De Mauro, Nota linguistica aggiuntiva,in Scrittori italiani di economia, a cura di R. Bocciarelli e P. Ciocca, Laterza, Roma-Bari 1994, p. 410): Maria Teresa Zanola (Il lessico della crisi finanziaria, Ottava Giornata REI, Roma, 30 novembre 2009 http://ec.europa.eu/dgs/) segnala, a mo’ di recenti esempi, resilienza ‘capacità di resistere agli urti del sistema finanziario’, termine recuperato dalla tecnologia dei metalli, e tossico, ‘detto di titoli e attività divenuti illiquidi’; salvataggio ‘intervento di sostegno a banche e società finanziarie’ (in questo significato, traduce l’inglese bailout).

Tornando al credit crunch (attestato sulla stampa quotidiana italiana dal 1990), ci limiteremo a segnalare che i nostri giornali oscillano nell’uso tra l’espressione in lingua originale e le due traduzioni che abbiamo più su proposto (anzi, talvolta se ne affacciano anche altre: erosione del credito, contrazione del credito). Il tutto per definire la congiuntura economica caratterizzata dalla difficoltà di reperimento di capitale d’investimento da parte di banche o investitori a causa della loro sfiducia nel mercato o, in altro senso, per definire l’intervento di politica monetaria teso a restringere il volume di credito disponibile in un sistema economico. Insomma, parliamo di cose che ci riguardano molto vicino, qui in Italia.

Il lemma

credit crunch locuzione inglese [propriamente « stretta » (crunch) «(del) credito » (credit)], usata in italiano come sostantivo maschile invariabile – 1. Difficoltà di reperimento di capitale d’investimento da parte di banche o investitori a causa della loro sfiducia nel mercato. 2. Intervento di politica monetaria teso a restringere il volume di credito disponibile in un sistema economico.

Elaborato dalla redazione di “Lingua italiana” del Portale Treccani

Esempi d’uso

Un anziano agente di cambio sostiene di non avere mai assistito a un così sistematico deprezzamento dei corsi senza panico, senza vendite tumultuose e con un volume di scambi tanto modesto. Il vecchio agente di cambio non sa che un fenomeno del genere è molto raro (si è verificato una sola volta prima della crisi del ’29) e si chiama credit crunch.

Massimo Fabbri, Repubblica.it, 15 novembre 1990

Pier Domenico Gallo, presidente di Meliorbanca, è un banchiere di lungo corso, tra i più sensibili nel tastare il polso alla congiuntura. E la sua diagnosi non lascia adito a dubbi: le aziende italiane soffrono di mal di credito. In gergo tecnico si parla di «credit crunch», diretta conseguenza della depressione dell’attività economica. I sintomi? Più resistenza in banca di fronte alle richieste della clientela industriale e dei servizi; difficoltà del mercato a recepire progetti di vario genere, dalla quotazione in Borsa al lancio di nuove obbligazioni o di altri piani di finanziamento. Tutti, banche in testa, preferiscono essere liquidi.

Ugo Bertone, Stampa.it, 23 febbraio 2004

Non si fa attendere la replica del Centro Studi Confindustria che, pur non citando mai l’Abi, ribatte punto su punto a quanto sostenuto dal bollettino dell’associazione bancaria. «La stretta creditizia in Italia – si legge nel documento – c’è ed è arrivata addirittura prima della recessione». Si tratta – scrive il CSC – di una stretta selettiva del credito alle imprese e, in minor misura, alle famiglie». Una stretta che infatti ha preceduto la contrazione di investimenti e consumi. […]Per cui, per Confindustria, non si può dire: siamo in recessione, perciò non c’è evidenza di credit crunch fino a che la dinamica dei prestiti non diverge, verso il basso, da quella dell’economia reale. È più opportuno dire: si è verificato un irrigidimento delle condizioni di accesso al credito, che ha preceduto la contrazione nella domanda di credito, indicando quindi la presenza di un credit crunch». Come dire: la recessione è una conseguenza e non una causa della restrizione del credito.

Sole24ore.com, 18 novembre 2009

Passera: nessun rischio di credit crunch - «Non vedo attitudine o rischio di credit crunch» (titolazione) – L’amministratore delegato di Intesa SanPaolo, parlando al Meeting di Rimini, rassicura sulla solidità del sistema bancario. «I prestiti alle famiglie e alle imprese – ha detto – andavano meglio in Italia che nell’Eurozona nel secondo trimestre. Ci aspettavamo momenti difficili e per questo abbiamo fatto aumenti di capitale. Le nostre banche, come abbiamo dimostrato in occasione dell'ultima crisi sanno navigare attraverso situazioni difficili».

Tempo.it, 23 agosto 2011

All’indomani del credit crunch del 2008 ci fu la corsa a disegnare la lettera giusta della ripresa: la Germania si è rilanciata a V, altre economie hanno disegnato una U, l’Italia pare essersi fermata a una L. E adesso arriva una nuova ondata di crisi. Come reagiranno le banche? […] Adesso sono in molti a sostenere che dopo questa nuova bufera economica, nel caso di stretta creditizia, i Confidi non sarebbero in grado di ripetere i risultati di tre anni fa.

Isidoro Trovato, Corriere.it, 10 ottobre 2011

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