Undici domande a Giuseppe Antonelli, tra lingua e vita

Autobiografia in un tweet

Studio, scrivo, vivo la lingua italiana.

1. La parola al centro della sua vita: quando lo ha capito?

Famiglia. Quando con mia moglie Gaia abbiamo saputo che stava per arrivare la nostra Maddalena.

2. Un modo di dire, una frase, un proverbio, il verso di una poesia o di una canzone che le ritorna in mente.

Il meglio deve ancora venire.

3. Una parola o espressione, anche dialettale, del suo lessico familiare.

«Je la stai a ffà!». Puoi farcela, anche nell’inflessione ironico-sarcastica tipica del romanesco.

4. La parola che la fa volare.

Ali.

5. La parola che la amareggia.

Bile.

6. Il dizionario: pesante o leggero?

Il dizionario è la mia casa: direi spazioso, arioso, luminoso (non petaloso).

7. Tre lemmi che eliminerebbe dal dizionario e perché.

Adirarsi, recarsi, dinanzi e altri simili: poiché si odono soltanto presso la scuola.

8. Chi sono i padroni della lingua?

«L'Uso è l'arbitro, il signore delle lingue, come tutti affermano; anzi, si può dire, è le lingue stesse» (A. Manzoni).

9. L’aggettivo che più le si addice.

Tenace?

10. Quello al quale non vorrebbe mai essere associato.

Infido, con l’accento sulla seconda i_._

11. L’emoji con cui si identifica.

Il pollice alzato alla Fonzie: più che della generazione Goldrake, io mi sento della generazione Happy Days …

Illustrazione di Stefano Navarrini

Le interviste già pubblicate

Marino Sinibaldi