Undici domande a Attilio D’Arielli, tra lingua e vita

Autobiografia in un tweet

Nasco a Viterbo, nel 1959, ambientalista, fotografo, naturalista, scrittore, sposato con Angela e padre di Daniele e Simone. Subacqueo da sempre.

1. La parola al centro della sua vita: quando lo ha capito?

Kilimangiaro fu la prima parola che mi esplose dentro. Mio padre si recava spesso in Africa e quando faceva ritorno era tutto un crepitare di racconti, di parole e d’immagini.

2. Un modo di dire, una frase, un proverbio, il verso di una poesia o di una canzone che le ritorna in mente.

«Avvampando gli angeli caddero; profondo il tuono riempì le loro rive, bruciando con i roghi dell’orco»: William Blake, riadattato in una nota opera cinematografica (Blade runner, ndr). Una frase epica ed onirica al tempo stesso per rappresentare il cosmico pessimismo che aleggiava nel film dove, in un futuro distopico, vagavano sulla Terra delle repliche artificiali di esseri umani anch'esse, paradossalmente, impegnate nella ricerca di un’identità, di un Dio o, forse, della scintilla dell’anima.

3. Una parola o espressione, anche dialettale, del suo lessico familiare.

«Passata la festa, gabbato lo  Santo», un vero e proprio inno all’ingratitudine.

4. La parola che la fa volare.

Salvare, decisamente in linea con i tempi. È una parola con una sua musicalità, è bellissima e carica d’amore. In questo particolare momento storico, potrebbe rappresentare un’ultima chance per un’umanità da tempo sprofondata nell’oblio.

5. La parola che la amareggia.

Estinzione: è la negazione stessa del concetto di vita. Sempre associata alla fine di alcune specie, significa in realtà molto di più, perché riguarda la fine di tutto, anche della speranza. Dovrebbe rappresentare un monito per la nostra specie.

6. Il dizionario: pesante o leggero?

Pesante e dentro uno zainetto, per avere la sensazione di portarti tutto il mondo sempre con te.

7. Tre lemmi che eliminerebbe dal dizionario e perché.

Calendarizzare, prassi e istituzionale. Da sempre utilizzate in politica, appaiono come parole vuote, di comodo, oppure funzionali a interessi spesso privati. Istituzionale, in particolare, sembra aver smarrito la sacralità di un tempo.

8. Chi sono i padroni della lingua?

Ancora oggi, pochi influenzano il destino di molti. Nessuno, però, sarà mai realmente padrone della Lingua, perché essa è in continua trasformazione. Usata talvolta per assoggettare i deboli, la lingua ha fatto e farà crollare anche coloro che se ne sentono “padroni”.

9. L’aggettivo che più le si addice.

Leale.

10. Quello al quale non vorrebbe mai essere associato.

Corrotto.

11. L’emoji con cui si identifica.

La piccola onda, ispirata all'opera del giapponese Hokusai. Essa per me rappresenta tutta la potenza dell’energia del mare, che viene proiettata fuori dallo schermo del telefonino fin dentro le pagine del libro della nostra vita.

Illustrazione di Stefano Navarrini

Le interviste già pubblicate

Marino Sinibaldi