La crescita delle comunità di origine straniera verificatasi in Italia negli ultimi decenni ha comportato un aggiornamento nella descrizione sociolinguistica dell’italiano, che annovera oggi, fra i tratti più innovativi, le interferenze con le “nuove minoranze linguistiche” o “lingue immigrate”. Da una parte sono da considerare le varietà di apprendimento e il percorso d’integrazione linguistica dei nuovi italiani (gli immigrati di seconda generazione e, in generale, i cittadini con passaporto straniero stabilmente residenti in Italia); d’altra parte, meritano attenzione i mutamenti intervenuti nella fisionomia dell’italiano per effetto del contatto plurilingue.

Un nuovo paesaggio linguistico

Al momento, i segni più visibili che le lingue madri degli immigrati imprimono nelle strutture dell’italiano si manifestano al livello del lessico. Specialmente in alcuni contesti si registrano nuove voci provenienti dalle numerosissime lingue presenti oggi nel territorio italiano: arabo, rumeno, albanese, cinese, ucraino, pakistano sono solo le più rappresentate fra le circa 190 cittadinanze censite. Le scritture multilingui si concentrano nei quartieri urbani più caratterizzati in senso multietnico, dove il paesaggio linguistico – insegne dei negozi, avvisi pubblici, informazioni – è contrassegnato da forme di plurilinguismo. Ha peculiari tratti stilistici anche quel filone della narrativa contemporanea noto come “letteratura italiana della migrazione”, in cui gli scrittori, provenienti da diversi Paesi, inseriscono nel tessuto della lingua di adozione elementi lessicali appartenenti all’idioma d’origine, con lo scopo di descrivere realtà tipiche e di esprimere le proprie radici e identità. Multiculturalità e multilinguismo affiorano inoltre nei siti e nei blog delle seconde generazioni, un canale utilizzato negli ultimi anni per veicolare tematiche di specifico interesse. Altri spazi di contatto interlinguistico sono la scuola e il mondo del lavoro, dove le interferenze emergono perlopiù a livello orale. Qualche conseguenza, infine, si registra nel sistema antroponomastico: si vanno diffondendo nomi di persona come Alì, Yang, Jamila, e aumentano, specialmente nelle grandi città, cognomi come i cinesi Chen, l’indopakistano Singh, il rumeno Timis.

Neoesotismo eurocentrico

Nelle indagini finora condotte, i vocaboli stranieri derivati dalle lingue immigrate sono stati variamente denominati: si tratta in generale di «forestierismi» o «prestiti», come li chiamano alcuni studiosi, affidando poi alla definizione la specifica valenza e gli ambiti di attestazione; altri parlano di «esotismi», categoria abitualmente associata a tutti quei lemmi, che, dal Medioevo a oggi, giungono da aree geografiche culturalmente più remote, ovvero con le quali, nel corso dei secoli, lo scambio è stato meno intenso che con le altre lingue europee e del Mediterraneo. La più ristretta etichetta «neoesotismi» ha il vantaggio di ricondurre questo particolare gruppo di parole straniere all’attualità; tuttavia, sia la nozione di esotismo sia quella di neoesotismo possono evocare un punto di vista eurocentrico e di tipo colonialista (o post-colonialista): nella nostra tradizione, infatti, le citazioni di esotismi appartengono a testi di scriventi italiani, che, descrivendo mondi lontani e diversi, hanno voluto colorire con voci estranee e peregrine le loro narrazioni: relazioni e racconti di viaggio, letteratura coloniale, romanzi d’avventura ecc.

La novità del migratismo

Tra le designazioni circolanti, si possono aggiungere «parole migranti» e «parole migrate», impiegate per le interferenze lessicali prodotte dai diversi processi migratori della storia antica e recente; formule da non confondere con quelle apparentemente simili «parole della migrazione» e «parole dell’immigrazione», che circoscrivono i tecnicismi di uno specifico campo semantico – da clandestino a rifugiato, da permesso di soggiorno a centro di accoglienza – sempre più in rilievo nei mezzi di comunicazione.

In analogia con gli altri elementi della serie (anglicismi, francesismi, arabismi, ispanismi ecc.), è stato infine proposto il termine migratismi, per rappresentare una classe più chiaramente autonoma da quelle già esistenti, e in particolare per segnalare la parte attiva svolta dagli stessi migranti nell’introduzione e nell’affermazione delle nuove voci, tangibile forma di trasmissione, visibilità e persistenza della cultura di appartenenza piuttosto che esteriore preziosismo lessicale.

Nella maggioranza dei casi, si tratta di prestiti di necessità, spesso a quel livello massimo di intraducibilità che è proprio dei cosiddetti realia, cioè quei vocaboli che esprimono oggetti e concetti culturospecifici (cibo, riti, costumi, flora e fauna), strettamente legati al contesto di provenienza e difficili da trasferire in altre lingue.

La prudenza dei dizionari

Alcuni esempi sono arabismi di recente penetrazione come i piatti tipici kebab, felafel/falafel, gli opposti termini halam ‘consentito dalla legge islamica’ e haram ‘vietato dalla legge islamica’, o le espressioni d’uso corrente yalla ‘oddio!’ e salam alekum/aleikum ‘buongiorno’; dal rumeno si possono citare mulţumesc ‘grazie’, la mulţi ani ‘buon compleanno’,e Marţişor ‘festa della primavera’. Molte parole sono legate alla cucina locale come l’albanese ballokume ‘biscotti’ o l’eritreo zighinì ‘spezzatino di carne’; altre indicano oggetti tradizionali come gli abiti indiani _kamiz/kameez, kurta_e sari, o i cinesi cheongsam e hanfu. Solo pochi di questi lemmi sono finora registrati dai vocabolari italiani dell’uso, i quali, nonostante l’apertura ai forestierismi di recente ingresso, tendono ad accogliere solo forme legittimate da una circolazione non del tutto marginale.

Indicazioni di lettura

Bagna, C., Dalle ‘lingue esotiche’ all’italiano di contatto: scelte e strategie comunicative all’interno del mercato dell’Esquilino (Roma), in E. Banfi, G. Iannàccaro (a c. di), Lo spazio linguistico italiano e le “lingue esotiche”. Rapporti e reciproci influssi. Atti del XXXIX Congresso internazionale di studi della Società di Linguistica Italiana (Milano, 22-24 settembre 2005), Roma, Bulzoni, 2006, pp. 463-92.

Caffarelli, E., Hu, Chen, Mohamed, Singh e Warnakulasuriya. Dizionario dei cognomi dei “nuovi italiani”, Roma, Società Editrice Romana, 2015.

Cartago, G., La lingua degli scrittori italiani multietnici, in «Mondi migranti», 2018, pp. 223-33.

Gualdo, R., Le parole dell’immigrazione, in M. Biffi, F.Cialdini, R. Setti (ac. di), «Acciò che ’l nostro dire sia ben chiaro».Scritti per Nicoletta Maraschio, Firenze, Accademia della Crusca, 2018, pp. 533-54.

Palermo_,_ M., I nuovi italiani e il nuovo italiano (link).

Ricci,L., Neoislamismi e altri “migratismi” nei romanzi di Amara Lakhous, in «Carte di viaggio» VIII, 2015, pp. 115-42.

Ricci, L., Parole migrate nel lessico dell’italiano: dal blog 2G “Yalla Italia”, in M. Vedovelli (a c. di), L’Italiano del nuovi italiani. Atti del XIX convegno nazionale del Giscel (Siena, 7-9 aprile 2016), pref. di A.A. Sobrero, Roma, Bulzoni, 2017 pp. 127-45.

Immagine: Doner at Istanbul

Crediti immagine: My self [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/)]

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata