Suonavano più realistici nel 1957, rispetto a oggi, gli auspici su governabilità e stabilità. E, si badi, si trattava di politica travestita da (fanta)scienza. Gustiamoci la notizia giornalistica, comparsa sul quotidiano torinese «Stampa sera» il 15 luglio di quell'anno, a pagina 7 (miei i corsivi): «Un disco volante sarà costruito in Italia, entro la fine del 1958, dal capitano pilota rumeno Teodoro Crasnaru, fuggito undici anni fa dal suo Paese con altri due colleghi. Il suo progetto, giunto ormai alla vigilia della realizzazione, è frutto di decenni di studi. Anni or sono egli esaurì la parte strettamente teorica, iniziata nel 1930 alla Scuola di artiglieria dell'esercito rumeno e continuata presso l'Istituto di scienze matematiche della Università di Bucarest; successivamente, dopo mesi di esperienze, riuscì a realizzare un modello telecomandato. II minuscolo disco volante era potenziato da un microscopico motore a scoppio, di quelli comunemente usati dagli aeromodellisti. Il collaudo dimostrò che i calcoli di Crasnaru erano esatti. Le prove si susseguirono con buoni risultati. La stabilità e la governabilità si confermarono ottime; alcune modifiche alla parte inferiore del disco ne accentuarono la portata. Un giorno, il primo modello andò perduto e il Crasnaru ne costruì allora un secondo [...]». Dietro la notizia, che ci appare, anno 2013, simpaticamente scombiccherata, c'è la realtà di un episodio di spionaggio e controspionaggio accaduto in piena guerra fredda, ancora in tempi recenti ricordato in siti d'informazione rumeni.

Cioè, il contrario dell'ingovernabilità...

Oggi, dopo le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio, la governabilità politica in Italia sembra più aleatoria di quella strutturale e meccanica del «disco volante» di Crasnaru. Definisce così il termine governabilità, nell'accezione politica, il Vocabolario Treccani.it: «l’esistenza di un complesso di condizioni sociali, economiche, politiche e simili, tali da rendere possibile il normale governo di un paese». Ci sono, queste condizioni, nell'Italia ridisegnata dal voto? Le considerazioni politologiche in merito prosperano da mesi; di questi tempi sono incandescenti come la carlinga del razzo di Crasnaru al rientro nell'atmosfera terrestre (piace immaginare che, in un universo parallelo, il «disco volante» sia riuscito a decollare, viaggiare oltre la stratosfera e tornare a casa). Molto interessante è notare, come fa Gianfranco Pasquino, nel suo contributo sull'Enciclopedia delle scienze socialiTreccani, che «[f]intantoché esistette la governabilità, essa non costituì un problema né analitico né, tantomeno, politico. Veniva data per scontata [...]». Insomma, ci si rende conto della necessità di nominare la governabilità soprattutto in negativo: «Governabilità – Da governo, la possibilità di essere governati. Con cinquantadue governi in 45 anni, l'Italia detiene in Europa il primato dell'ingovernabilità» (S. Stimolo – G. Fregonara, Onorevole parli chiaro, Rizzoli, 1994, p. 116).

Stabilità ed efficacia decisionale

Parlando dell'Italia del Secondo dopoguerra, Pasquino fa risalire la nascita del problema della governabilità all'inizio degli anni Settanta, nell'ambito dei tumultuosi cambiamenti prodottisi nelle società cosiddette avanzate del mondo industrializzato. Nascono, crescono, esprimono domanda di rappresentanza movimenti che si organizzano e strutturano; tra i vari regimi politici, le democrazie sono le più sensibili alle nuove tensioni. Come fa una democrazia politica, stretta tra istanze capitalistiche di espansione illimitata e, dal basso, istanze sociali di affermazione crescente, a mantenere stabilità ed efficacia decisionale, condizioni ritenute fondamentali per la governabilità? Pasquino pone la questione, riferendola all'Italia degli anni Settanta e Ottanta. Qui interessa dire che Pasquino vede profilarsi all'orizzonte una corposa corrente di pensiero che intende l'efficacia decisionale – base della governabilità – «come una conseguenza probabile della stabilità politica ottenuta attraverso una diminuzione del sovraccarico» di domande poste alla politica dalla società (incudine) e dall'economia (martello). Oggi potremmo forse sostituire economia con finanza.

Prima di Craxi...

Negli anni Settanta governabilità effettivamente diventa, anno dopo anno, parola-chiave del lessico politico. I principali dizionari della lingua italiana dell'uso fissano il 1979 come anno di prima attestazione di governabilità, ma bisogna tornare indietro. Nel 1969, intanto, governabilità compare in un articolo di giornale nel significato generale di 'che può essere governato, guidato, controllato', con riferimento, però, a un fenomeno di politica economica («maggiore governabilità della domanda interna rispetto a quella estera, sottratta per ora ai poteri d'intervento dell'autorità nazionale», «La Stampa», 3 marzo 1969, p. 2); ma già nel 1970 si parla di «esigenze di unità e governabilità» interne a un partito politico; infine, nel 1974 il democristiano Carlo Donat-Cattin afferma che compito della Democrazia Cristiana «non può essere quello di portare avanti unicamente le proprie convinzioni, ma è soprattutto quello di creare condizioni di governabilità» del Paese, attraverso la collaborazione con i partiti laici e senza scontri radicali con il Pci. Quasi dispiace retrodatare dal 1979 al 1974, perché l'attestazione del 1979 è stata attribuita al segretario e leader del Partito socialista italiano Bettino Craxi, uno dei protagonisti delle battaglie politiche (e politicistiche) degli anni Ottanta, vertenti proprio sulle caratteristiche della governabilità nella dura competizione di potere tra Democrazia cristiana e Partito socialista.

… ci fu Brambilla

In realtà, come molti altri termini del discorso politico, governabilità è un cavallo di ritorno e dunque nemmeno Donat-Cattin è considerabile l'onomaturgo, il creatore della parola. Bisogna risalire ancora più indietro nel tempo, almeno alla fine del XIX secolo. La «Gazzetta Piemontese» (ovvero «La Stampa» agli esordi) del 6 agosto 1893, fornendo in prima pagina il resoconto della seduta del Senato del Regno del giorno precedente, cita l'intervento del senatore Pietro Brambilla (sposo di Vittorina Manzoni, nipote di Alessandro Manzoni):«[Brambilla, ndr] Dice che la forza economica del Paese è maggiore di ciò che si crede. Il suo buon volere o la sua governabilità sono grandissimi malgrado che da 21 anni sia mal governato». Siamo in un periodo difficile per la giovane Italia, poco più che trentenne: si susseguono ministeri dal respiro corto (mentre parla Brambilla, primo ministro è Giovanni Giolitti, da poco nominato e dopo pochi mesi dimissionario), le politiche di intervento sul bilancio da parte dei governi della destra storica hanno stremato l'Italia e, a parere dell'anziano Francesco Crispi, hanno indebolito la sua posizione nel contesto europeo, mentre le forze di opposizione (i socialisti) crescono nel Paese e all'orizzonte si profilano gravi scandali bancari...

Sembra interessante la considerazione di Brambilla sulla governabilitàdel Paese, in quanto è evocata in un momento di evidente crisi della governabilità: a conferma che governabilità è segno linguistico che presuppone un referente pallido. Quanto più spesso la governabilità è chiamata in ballo, tanto meno è presente nella realtà la possibilità di creare le condizioni per ben governare. Oggi come allora, verrebbe da dire.

Immagine: Montecitorio (esterno), Roma. Crediti: Jordiferrer [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], attraverso Wikimedia Commons.

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