La grande novità di quest’anno scolastico è rappresentata dal nuovo esame di maturità, che conclude gli studi delle scuole medie superiori (nella lingua comune: le superiori). Ma già adoperando le locuzioni esame di maturità, comunemente scorciata in maturità, e scuola media superiore, sappiamo di non essere più al passo con i tempi e, soprattutto, con la terminologia ufficiale. L’esame di maturità non esiste più dalla fine degli anni Novanta del Novecento. Ora diciamo, rispettando il dettato ufficiale, esame di Stato di istruzione secondaria di secondo grado o anche esame di Stato del secondo ciclo (che non prevede più, da quest’anno, la terza prova). Analogamente, la scuola media inferiore (nella lingua comune: le medie; la prima media, ecc.), che aveva i suoi esami (gli esami delle medie), oggi si chiude con l’esame di Stato di istruzione secondaria di primo grado o anche esame di Stato del primo ciclo. Teniamo presente che la lingua di tutti i giorni, recepita anche dai mezzi di comunicazione, può impiegare un po’ di tempo nell’assorbire parole nuove. E forse, in alcuni casi, le parole radicate nell’uso da decenni potrebbero perfino risultare insostituibili, almeno nel breve/medio periodo.

Vediamo ora qualche parola o locuzione che caratterizza la scuola e gli studenti al tempo degli esami del 2019.

colloquio

Se pensate alla letteratura italiana (visto che siamo in tema di esami), vi ricorderete forse che si intotilava I colloqui la terza (1911) e più consapevole raccolta di versi del poeta Guido Gozzano («L’infanzia remotissima.... la scuola.... / la pubertà.... la giovinezza accesa....»). Ma il colloquio è oggi il preciso termine ministeriale che indica la parte orale dell’esame di Stato (sia nel 1° sia nel 2° ciclo). Nell’esame di Stato del 2° ciclo, «Il colloquio ha […] la finalità di sviluppare una interlocuzione coerente con il profilo di uscita, non perdendo di vista, anzi valorizzando, i nuclei fondanti delle discipline, i cui contenuti rappresentano la base fondamentale per l’acquisizione di saperi e competenze» (Precisazioni sulle modalità di svolgimento del colloquio, Nota prot. 788 del 6 maggio 2019, Miur)».

certificazione delle competenze

Questa polirematica dal sapore fortemente tecnocratico riguarda il mondo degli studenti a partire dal 2010 (c’era chi richiedeva una certificazione delle competenze a proposito dei docenti, all’inizio degli anni Novanta del Novecento), quando si prese a legiferare in materia. I contenuti di riferimento sono stati ridefiniti e aggiornati attraverso modelli, linee guida, decreti che si sono succeduti fino a oggi, ma il nucleo concettuale di base resta il seguente: i docenti, a partire dalla primaria, fino ad arrivare al 2° ciclo, devono mettere nero su bianco – forti della loro interazione educativa con l’allievo – quale è il grado di acquisizione da parte dei discenti di determinate competenze, al fine di redigere un compiuto “profilo dello studente”. Che cosa sono le competenze? La scuola deve valutare non più soltanto le conoscenze (il sapere) e le abilità (il saper fare e l’applicare le regole), ma anche le competenze (che in molti, per anglomania provinciale, chiamano skills), vale a dire le capacità di orientamento autonomo e d’individuazione delle strategie per la soluzione dei problemi in contesti reali o verosimili.

commissione d’esame

Già nella “Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia” – Italia fresca di unità territoriale e politico-amministrativa, negli anni Settanta dell’Ottocento – la locuzione commissione d’esame ricorreva in vari successivi numeri. Si trattava di commissioni universitarie, sulla cui nomina, formazione, composizione e compiti il legislatore tornava a colpi di modifiche, un po’ come succede anche oggi dalle primarie all’università. Il nuovo esame di Stato del 2° ciclo prevede un commissione formata da sette docenti: tre docenti interni (i da sempre detti membri interni o, semplicemente, gli interni), tre commissari esterni (membri esterni o gli esterni), un presidente di commissione. I nomi dei commissari esterni sono stati resi noti alle segreterie scolastiche il 31 maggio 2019. La parola commissione è carica di storia. Deriva dal latino commissione(m) e nell’italiano trecentesco si presenta coi significati di ‘incarico’ e ‘comando’. Verso la fine del Settecento, ricalcando l’inglese commission, commissione assume anche il significato di ‘gruppo ristretto e qualificato, cui viene assegnato un particolare incarico, generalmente di carattere pubblico’.

compito di realtà

Gli esami al termine del 1° ciclo raccoglierebbero anche il frutto formativo delle competenze acquisite dagli studenti attraverso la pratica costante dei compiti di realtà. Per capire in prima battuta che cosa s’intenda con questa curiosa recente polirematica, lasciamo la parola alle Linee guida ministeriali: il compito di realtà è «una situazione problematica, complessa e nuova, quanto più possibile vicina al mondo reale, da risolvere utilizzando conoscenze e abilità già acquisite e trasferendo procedure e condotte cognitive in contesti e ambiti di riferimento moderatamente diversi da quelli resi familiari dalla pratica didattica. Pur non escludendo prove che chiamino in causa una sola disciplina, privilegiare prove per la cui risoluzione l’alunno debba richiamare in forma integrata, componendoli autonomamente, più apprendimenti acquisiti. La risoluzione della situazione-problema (compito di realtà) viene a costituire il prodotto finale degli alunni su cui si basa la valutazione dell’insegnante». Lavorando, per esempio, ai progetti scolastici (teatro, coro, ambiente, legalità, intercultura, ecc.), gli studenti sarebbero portati, anche attraverso lo strumento dell’autovalutazione, a riflettere sul lavoro svolto attraverso questionari, interviste, modelli di classificazione concettuali.

credito

Va detto: da una ventina d’anni a questa parte ha preso piede una concezione della scuola intesa non tanto o non più come istituzione basilare della democrazia repubblicana, ma piuttosto come servizio da erogare. La scuola come banca che produce dati per la formazione dei futuri operatori dell’azienda-Italia? Questo riduzionismo economicistico sembra manifestarsi attraverso certe spie lessicali, come il termine credito (dicitura scorciata di credito scolastico), inteso come ‘quota parte di un punteggio maturato dallo studente, importante nella determinazione del voto finale dell’esame di Stato’. In questa accezione, la parola (dal 1997 in italiano) è un calco semantico dell’angloamericano credit. Col nuovo esame di Stato, per la determinazione del voto finale contano i crediti acquisiti dallo studente durante il trienno finale, da un minimo di 24 a un massimo di 40.

eccellenze

Come talvolta capita nella nostra lingua, le novità riguardanti le parole passano anche attraverso fenomeni di coesistenza di un significato astratto e uno concreto: la bellezza astratta (indica la qualità di ciò che è bello, la bellezza del panorama) può essere anche la bellezza concreta (una cosa o persona bella: quel vestitino è una bellezza!; le bellezze premiate al concorso). Ciò vale per il nome eccellenza: da ‘qualità molto elevata, superiorità’, negli ultimi anni è passato a indicare anche, specialmente al plurale, le cose o persone eccellenti: basti pensare alla locuzione (quasi un tormentone) le eccellenze del made in Italy. Ora, anche la scuola sfoggerà le sue eccellenze, perché gli studenti che avranno ottenuto il punteggio finale di 100 e lode potranno richiedere di essere ammessi all’Albo delle eccellenze del Miur, dal quale le università e le aziende potranno pescare potenziale forza lavoro qualificata.

latin-greco

Questo curioso nome composto è un neologismo. Si tratta di una sintesi – forse un po’ minacciosa agli occhi degli studenti – dei nomi latino e greco, indicanti le materie d’esame della seconda prova, ovviamente per il liceo classico: una prova in cui vengono testate contemporaneamente questioni di lingua e letteratura latina e questioni di lingua e letteratura greca. Ecco un’attestazione tratta da un quotidiano on line: «mentre gli studenti erano convinti di dover aspettare fino a giugno per conoscere se la temutissima seconda prova di "latin-greco" sarebbe stata la traduzione dal latino o dal greco, il ministro Marco Bussetti annuncia per certo: "Sarà dal latino"», repubblica.it, 28 marzo 2019 (link).

lode

Un pizzico di poesia resta in questa parola che gli universitari conoscono da tempo (110 e lode) e chi fece le elementari e le medie non può dimenticare (10 e lode): la parola, infatti, condivide l’etimo latino laude(m) (propriamente ‘elogio’) con le laudi (la seconda parte della liturgia delle ore) e, attraverso queste ultime, con la lauda (la composizione poetica di argomento religioso caratteristica  della letteratura italiana medievale). La votazione finale dell’esame di Stato del 2° ciclo prevede la possibilità della concessione della lode da parte della commissione. Quale maturando può meritarla? C’è bisogno di una media superiore al 9 durante il triennio e del massimo punteggio in tutte le prove dell’esame di Stato. Ai maturati con lode il ministro dell'Istruzione riconosce un premio in denaro di 450 euro ciascuno. Insomma, studiare paga – questo sarebbe il messaggio.

maturando

Aggettivo (gli allievi maturandi della V C) e, più spesso, sostantivo, questo vocabolo (attestato per la prima volta nell’italiano scritto nel 1931) significa ‘che, chi deve sostenere o sta sostenendo l’esame di maturità’. Maturando rimanda quindi al “prima”, agli ordinamenti ministeriali di un tempo, di cui è però impregnata la memoria di più generazioni. Tanto ne è impregnata, che si perpetua l’uso della parola: «La seconda prova? Quest'anno sarà il 20 giugno e per la prima volta gli studenti dovranno cimentarsi con più materie. L'elenco è uscito lo scorso gennaio, pubblicato dal Miur che ha proposto ai maturandi due simulazioni il 28 febbraio e il 2 aprile» (repubblica.it, 22 maggio 2009; link). Ricordiamo che la locuzione esame di maturità è attestata per la prima volta nella lingua scritta nel 1868 e l’ellissi maturità dalla metà degli anni Sessanta del Novecento. Sono 469.799 i maturandi del 2019.

punto

Terminata per molti versi l’onda lunga della scuola postsessantottina, che rimise in discussione anche il punteggio (il voto espresso in numeri) come espressione di giudizio valoriale sulla preparazione acquisita dal discente, il punto è tornato protagonista. L’accezione contabile del nome punto è relativamente recente: sul modello del francese point, in italiano si indica dal 1871 con punto ognuna delle unità convenzionali usate per esprimere valutazioni di merito o indicare la posizione in una graduatoria. Molto più matematizzato di un tempo (i vari 7+ e 6= sono anticaglia), si esprime oggi con precisione perfino centesimale (7,3 e 5,75) nei registri di classe elettronici, consultabili on line dalle famiglie. Nel più netto voto finale al termine del nuovo esame di Stato del 2° ciclo, il massimo dei punti è 100: fino a 40 i punti sono espressione dell’accumulo di crediti nel corso del triennio; le tre prove d’esame contribuiscono col massimo di 20 punti ciascuna. La filigrana tecnocratica si intravede nel lessema complesso punti bonus: da 1 a 5, possono essere assegnati dalla commissione al termine del colloquio orale ad alcuni studenti per alzare il punteggio finale.

traccia

Nel linguaggio scolastico, la traccia non è altro che il titolo, articolato, di un tema da svolgere o affrontare. Una traccia si sviluppa. L’esame di Stato del 2° ciclo, naturalmente, non fa altro che proporre numerose tracce, segnatamente per la prima prova scritta, quella d’italiano. In particolare, nelle tre tipologie previste per la prova, le tracce sono sette: due per l’analisi del testo (prima tipologia), tre per il testo argomentativo (seconda tipologia), due per il tema d'attualità (terza tipologia). La locuzione tema d’attualità ci rammenta che nella tecnocratizzazione montante dell’attività scolastica e del linguaggio che la riguarda, a scuola, durante l’anno, non si fanno più i compiti in classe d’italiano con il classico tema (da svolgere), ma delle verifiche scritte, le quali riguardano anche altre materie (a cominciare dalle lingue e dalla matematica). Le interrogazioni sono ora verifiche orali. Siamo un popolo di poeti di artisti di eroi  di santi di pensatori di scienziati  di navigatori di trasmigratori. E di tecnocrati.

*Giornalista, lessicografo

Immagine: Roma, Ministero della Pubblica Istruzione a viale Trastevere

Crediti immagine: Lalupa [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

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