Fa piacere vedere che dove c’è stata la possibilità di dare costrutto alle proprie abilità, esemplari di giovani italiani sono riusciti a mettere fuori il capo dalla palude di incertezza, precarietà e scoramento esistenziali, flessibilità lavorativa. Molti hanno dovuto emigrare all’estero e di là, intervistati dai giornali o in tv, raccontano di non aver potuto far valere le loro qualità in patria, nella quale un giorno si ripromettono di tornare per fare quello che sanno fare e che in Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, ecc. possono già fare con serietà e giusta remunerazione. Qualche volta si rimane un po’ spiazzati perché le figure professionali in cui s’incarna lo spirito dei tempi sono nuove perfino da nominare. Si scopre, infatti, che tali figure camminano a braccetto con parole e termini nuovi e non di rado prendono vita o assorbono energia dal ribollente brodo di coltura virtuale della rete.

Le ferragnine di Chiara

Non so, fuori dal recinto degli addetti ai lavori, quanti sappiano, per esempio, dell’esistenza “dei” e, soprattutto, “delle” fashion blogger. Né quanti sanno che una delle fashion blogger note ormai anche oltre i confini nazionali è una studentessa bocconiana, Chiara Ferragni, a bordo del suo frequentatissimo blog scritto in inglese (http://www.theblondesalad.com/). Dal blog, com’è nella semantica dell’espressione fashion (‘moda’) blogger (‘autore di un blog’), Chiara indica e influenza tendenze di moda a chi le dà retta, in virtù di una conoscenza e un sesto senso allenati da una pratica di frequentatrice, a metà tra giornalista, scout e fotografa, di sfilate, gallerie, negozi, bancarelle… Il fenomeno delle e dei fashion blogger non è folklore contemporaneo. Folklore, forse, è che le ragazzine fan della Ferragni si facciano chiamare ferragnine: ma l’estemporaneo ferragnina, in un mondo che etichetta per assegnare valori (prima di tutto spendibili sul mercato), è una garanzia che il marchio Chiara Ferragni, per ora, funziona. E non è folklore che la Ferragni, partita secondo alcuni un po’ invidiosi da «regina delle truzze» (http://www.brokendollie.com/), sia spesso in prima fila ad assistere a sfilate di moda di livello assoluto, là dove, fino a qualche anno fa, seggevano soltanto celebrities dello showbiz. Non è folklore perché il blog, clicca che ti riclicca, è diventato appetibile per gli inserzionisti pubblicitari e si è trasformato in un business per la blogger di moda e per i modaioli nel blog.

Alice, comunicatrice non convenzionale

«Di lei dicono che sia un’esperta di comunicazione non convenzionale e new media e che nel tempo libero frequenti l’Istituto Europeo di Design di Torino»: a proposito di Alice Avallone (nata ad Asti nel 1984) così si legge in un’intervista del 2007 (http://www.youmark.it/). Alice a 22 anni aveva già dimostrato non soltanto che cosa significa appartenere alla net generation («Non percepisco internet come una vera e propria rivoluzione, semplicemente perché con questo mezzo di comunicazione ci sono nata»), ma anche di avere una bella quantità e qualità di sale in zucca: nel 2006 creò un paradossale sito (Katahomo) in cui, demistificando la riduzione di ogni substantia a res (merce), metteva virtualmente in vendita persone in carne e ossa.

È chiaro, Alice Avallone è crossover: coglie informazioni, incrocia competenze, raccoglie istanze, immagina proposte, individua richieste e aggrega bisogni emergenti, scaldando tutti i motori del social networking. Ideatrice, immaginifica, disseminatrice, utilitarista (ideale discendente di Jeremy Bentham), nel 2009 fonda Nuok, un sito che da punto di riferimento per disegnare efficaci percorsi di vita metropolitana tra giovani italiani intraprendentiche si trovino, per un periodo (breve o lungo che sia) a vivere in una città straniera, si trasforma in una sempre aggiornata vetrina e guida turistica (di 46 città, per ora http://www.nuok.it/).

Nuok, il sito delle sitis

Il principio di funzionamento è semplice: il sito, tramite una selezione, accoglie reportage di giovani che si sono trovati in giro per il mondo, allargando la propria mappatura. E consente ai migliori di entrare a far parte della redazione del sito. Dice Avallone: «Sono giovani talenti che vivono e lavorano in città straniere o che scrivono dall’Italia su città che conoscono molto bene. Sono veri e propri “urban reporter” che ci inviano ogni settimana foto e testi su locali, luoghi, mostre. Collaborano con noi gratuitamente» (http://city.corriere.it/) Sì, anche qui (come nel caso di fashion blogger), c’è una parola nuova: questo tipo di giornalista metropolitano fai-da-te è il nuoker,una nuova, potenziale, figura di professionista. Parola accattivante, ben conformata, anche perché esce dalla forgia onomaturgica di Alice stessa. Ci senti dentro New York, ma anche, in omeoteleuto, l’ammiccamento intellettualino alla prestigiosa rivista «The New Yor_ker_». Ecco come Avallone spiega la nascita di Nuok, base derivativa di nuoker, e dei nomignoli delle città mappate che compaiono sul sito e che con gioco di letteralizzazione della pronuncia inglese vengono chiamate sitis < cities: «“Nuok” è la trascrizione di come un bambino che ha appena cominciato a parlare pronuncerebbe la parola “New York”. Per ogni città ho mantenuto lo schema: prendo il nome in inglese, per esempio London, e immagino come potrebbe essere pronunciato da un bambino che ne ripete il suono». Da London si passa a Lannon; e poi, sulle labbra di questo immaginario bambino poliglotta, fioriscono Peris, Chioto, Rroma, Pizburg, Ellei, Venessia e – in mezzo a tante prime donne – il campanile di casa, Ast (sì, proprio Asti, tra corso Vittorio Alfieri e il cielo), a testimonianza che Alice Avallone, attraverso la rete, si spinge e spinge gli altri molto lontano, accorcia distanze e crea legami, ma non dimentica di ripartire sempre da sé.

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