Cominciamo con questa puntata un viaggio alla scoperta delle opere letterarie che hanno come protagonista la lingua italiana: libri per bambini e ragazzi in cui le regole ortografiche e grammaticali e il lessico sono parte integrante della storia narrata. Il nostro itinerario partirà dallo scrittore per bambini Gianni Rodari, che per primo in Italia ha dato il via a questo filone letterario, per arrivare ai giorni nostri attraverso le opere, tra gli altri, di Roberto Piumini, Bianca Pitzorno, Massimo Birattari, Emanuela Da Ros, non tralasciando la produzione d’importazione, come quella del francese Erik Orsenna.

In cielo e in terra

In Italia, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, si assiste a uno sviluppo notevole dell’editoria, anche per quello che riguarda la letteratura per ragazzi, con la nascita di nuove collane, premi letterari e case editrici dedicate al mondo dell’infanzia. Accanto a una produzione conservatrice e tradizionalista, si sviluppa un filone letterario innovativo, di impostazione progressista e democratica, poco propenso a impartire lezioncine preconfezionate e orientato invece a stimolare la riflessione critica sulla realtà circostante, anche linguistica. È in questo ambito che nel 1960 Gianni Rodari dà alle stampe le Filastrocche in cielo e in terra, esito letterario di una rubrica domenicale dedicata ai giovani lettori che già da qualche anno teneva sull’"Unità". Accanto ai temi sociali (uguaglianza, solidarietà, antimilitarismo) trattati comunque con l’umorismo e la leggerezza che lo contraddistinguevano, Rodari con la sezione “La famiglia Punto-e-virgola” si inoltra nelle regole ortografiche e interpuntive della lingua italiana, dando vita a un filone volto a stimolare in maniera giocosa la riflessione sulla lingua. È il caso ad esempio della filastrocca che dà il titolo alla sezione, con la quale l'autore coglie l’occasione per ricordare la regola ortografica che prevede la lettera minuscola dopo il punto e virgola:

Al loro passaggio

in segno d’omaggio

perfino le maiuscole

diventavano minuscole:

e se qualcuna, poi,

a inchinarsi non è lesta

la matita del maestro

le taglia la testa.

Piuttosto nota, anche perché si presta a facili parallelismi, è la filastrocca dedicata a «un punto piccoletto, / superbioso e iracondo» che pensa che dopo di lui venga «la fine del mondo». Ma le parole protestano, commentando «Ma che grilli ha pel capo? / Si crede un Punto-e-basta, / e non è che un Punto-e-a-capo».

Altre filastrocche, che anticipano temi che torneranno nella sua produzione successiva, sono dedicate all’importanza dell’accento (Como nel comò) e dell’apostrofo (L’ago di Garda), nonché al modo verbale condizionale (Sospiri), attraverso il quale si potrebbe fare tutto, se non ci fosse il se a mettersi in mezzo.

Il libro degli errori

Anche nel libro successivo, intitolato Favole al telefono, è possibile rintracciare l’interesse linguistico. In particolare Il paese con l’esse davanti è un raccontino costruito sul fatto che in tale paese la s funziona da prefisso e quindi modifica il significato delle parole, dando vita a “invenzioni” potenzialmente molto utili, come lo “stemperino”, che fa ricrescere le matite consumate, e lo “scannone”, che serve per disfare la guerra: «Se c’è la guerra, suoniamo la stromba, spariamo lo scannone e la guerra è subito disfatta».

È però con Il libro degli errori, pubblicato nel 1964, che la lingua italiana diventa l’indiscussa protagonista di un’intera opera. Scrive Rodari nella pagina introduttiva:

«Per molti anni mi sono occupato di errori di ortografia: prima da scolaro, poi da maestro, poi da fabbricante di giocattoli, se mi è permesso di chiamare con questo bel nome le mie precedenti raccolte di filastrocche e di favolette. Talune di quelle filastrocche, per l’appunto dedicate agli accenti sbagliati, ai "quori" malati, alle "zeta" abbandonate, sono state accolte – troppo onore! – perfino nelle grammatiche. Questo vuol dire, dopotutto, che l’idea di giocare con gli errori non era del tutto eretica. Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? […] Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio, la torre di Pisa».

Il libro, composto di brevi racconti e filastrocche, si apre con Per colpa di un accento, che racconta che «un tale di Santhià / credeva d’essere alla meta /ed era appena a metà». Un personaggio che compare nel libro in maniera ricorrente è il professor Grammaticus, «un signore tanto perbene, con icapelli bianchi che gli uscivano di sotto il cappello nero», pedante di formazione ma animato da un forte desiderio di giustizia sociale, che gira per l’Italia correggendo i vari errori. Nella sua prima apparizione, lo troviamo su un treno, alle prese con l’ausiliare avere davanti ai verbi intransitivi. «Ho andato», sente dire agli operai meridionali emigrati all’estero, e li corregge: «Non vi hanno insegnato che si dice “sono andato”? Alla risposta addolorata di quelli, costretti ad andare, invece che a restare, e lavorare invece che frequentare la scuola, il Professore, mortificato, commenta: «Stupido che non sono altro. Vado a cercare gli errori nei verbi… Ma gli errori più grossi sono nelle cose!».

Il professor Grammaticus

Oggetto dei suoi insegnamenti sono soprattutto le grafie errate (bosci, quore, siniore, coscenza, cavagliere) e le pronunce sbagliate, come la bensina, che ovviamente rende molto meno di quanto potrebbe, il vaporeto, che rischia d’affondare in Canal Grande (ma il Professore, troppo occupato a cercare gli errori, finisce per smarrire il biglietto – o bilieto che dir si voglia – e lo dovrà ricomperare), le indaggini, destinate a scoprire solo a «stupidaggini», o il famoso cane di Firenze:

«È un cane senza testa,

povera bestia.

Davvero non si sa

Ad abbaiare come fa.

La testa, si dice,

gliel’hanno mangiata…

(La «c» per i fiorentini

è una pietanza prelibata)».

Conclude l’autore:

«Vivere senza testa

Non è il peggio dei guai:

tanta gente ce l’ha

ma non l’adopera mai».

Non mancano i raccontini dedicati ai falsi alterati: il montone (un monte assai alto), il tacchino (un tacco piccolo e sottile), finché al turno del mattone arriva «il matto grande e grosso e sempre allegro» in persona che si vendica per l’errore. Per affrontare il problema, il professor Grammaticus inventa la macchina ammazzaerrori, che però agisce con talmente tanta forza contro chi sbaglia che alla fine il professore è costretto ad abbandonarla al suo destino (ridotta al silenzio a martellate).

Forma e sostanza

Se Rodari da una parte è attirato dalla correttezza linguistica, visto come strumento di eguaglianza sociale, dall’altra è consapevole che il momento storico impone altre priorità. Si veda questo raccontino:

«Il professor Grammaticus, un giorno, decise di riformare la grammatica.

– Basta, – egli diceva, – con tutte queste complicazioni. Per esempio, gli aggettivi, che bisogno c’è di distinguerli in tante categorie? Facciamo due categorie sole: gli aggettivi simpatici e gli aggettivi antipatici. Aggettivi simpatici: buono, allegro, generoso, sincero, coraggioso. Aggettivi antipatici: avaro, prepotente, bugiardo, sleale, e via discorrendo. Non vi sembra giusto?

La domestica che era stata ad ascoltarlo rispose: – Giustissimo.

– Prendiamo i verbi, – continuò il professor Grammaticus. – Secondo me essi non si dividono affatto in tre coniugazioni, ma soltanto in due. Ci sono i verbi da coniugare e quelli da lasciar stare, come per esempio: mentire, rubare, ammazzare, arricchirsi alle spalle del prossimo. Ho ragione sì o no?

– Parole d’oro, – disse la domestica.

E se tutti fossero stati del parere di quella buona donna la riforma si sarebbe potuta fare in dieci minuti».

La visione del professor Grammaticus alias Rodari è però modernissima nel sottolineare l’importanza della ricezione. Se l’errore inficia la comprensione, allora non si tratta più di forma ma di sostanza, e l'errore va perseguito fino in fondo:

«La gente non riflette,

tira avanti in allegria:

ma gli errori non perdonano

e vi lasciano a mezza via».

Immagine: A fairy tale

Crediti immagine: Artist J. H. F. Bacon A.R.A. [Public domain]