Trionfo del pastiche, la versione originale di Eros e Priapo è il prodotto più furibondo, dirompente e linguisticamente composito del prosatore milanese, frutto d’un’atroce «contaminazione Machiavelli-Cellini-fiorentino odierno: con inflessioni, qua e là, romanesche e lombarde» (da una lettera inedita di Gadda a Enrico Falqui del 30 giugno 1946): l’inedito da distruggere («non è pubblicabile oggi e forse non era neppure nel 1946. Bisognerebbe riscriverlo, edulcorarlo da cima a fondo: e ancora ci procurerebbe odî e seccature, processi e minacce», da una lettera alla Mondadori); il «vecchio relitto sgradevole e rozzo» (da una lettera a Piero Gadda Conti), improntato a «un’intrepidità realistica non arretrante innanzi ad alcuna risorsa scatologica od oscena» (Contini), più volte respinto da editori e riviste per la sua inaudita trivialità ed entusiasticamente accolto dal solo Pasolini, il quale, faventi Leonetti e Roversi, ne pubblicò nel primo numero di «Officina» (1955-1956) un «tratto» dal titolo Il libro delle Furie, in cui, rispetto al manoscritto autografo, l’attacco a Mussolini e alla sua masnada si fa ancor più violento. Un testo, dunque, che non integra né surroga, ma le si affianca come individuo completamente autonomo, l’addomesticata edizione Garzanti 1967, allestita al solo scopo di rimettere i debiti agli editori.

Il dattiloscritto utilizzato per la stampa fu esemplato dall’autografo gaddiano per mano d’un tuttora ignoto funzionario della casa editrice, il quale consentì «che l’originaria organizzazione fosse stravolta da un’artificiosa alternanza di sezioni fornite ora di numero ora di titolo»; inoltre, «per sciatteria e per lo stato davvero disperante dell’autografo, male interpreta singole lezioni, banalizza interi passi, introduce nuova punteggiatura o addirittura ingloba nel testo le note/promemoria. Un’opera di edulcorazione cui forse non è stato estraneo lo stesso [Enzo] Siciliano, giacché la sua grafia costella di varianti — forse dettate, forse suggerite nell’ambito di un’ampia collaborazione — il manoscritto e il dattiloscritto» (Giorgio Pinotti, dalla voce Eros e Priapo della Pocket Gadda Encyclopedia, consultabile online).

«Gadda permise — nota Pinotti — che quel “vecchio relitto sgradevole e rozzo” venisse esumato e si preoccupò solo di “edulcorarlo”. Se non “da cima a fondo”, come aveva un tempo auspicato, almeno in parte: così Pirgopolinice da Spirochetato divenne Faccia Feroce, la sua livida bagascianza si sublimò in magnificenza, le madri affette da psicosi narcissica, già streghe cioè jene e troje, si ridussero a streghe, i moralisti, maiali e cretini assoluti in quanto eterosessuali assoluti, optarono per il più rassicurante statuto di moralisti integrali cioè cretini integrali, e io, “il pronome collo-ritto”, si schermò dietro Alì Oco de Madrigal». Si veda, a riprova, come gli epiteti riservati nell’autografo al capo del fascismo dall’insaziato livore gaddiano:

sudicio Poffarbacco, Somaro principe, kuce, imbianchino, il Sozzo nostro, furioso babbeo, ladro, mascelluto, gradasso, faccia ’e malu culori, capocamorra, Caino Giuda Maramaldo, gaglioffo ipocalcico dalle gambe a roncola, autoerotòmane, eredoalcoolico ed eredoluetico, luetico, teratocèfalo, rachitoide babbeo, spiritato basedòwico, scacarcione sifoloso, mortuario smargiasso, Merda di cervellone Caino, farabutto-Giuda-Maramaldo, Paflagone smargiasso, Scacarcione giacomo-giacomo, maccherone furioso, Napoleone fesso, sanguinolento porcello, Scipione Africano del due di coppe, provolone imbischerito, mascelluto Caino in peste, forlimpopolesco mascellone, principe Maramaldo, Giuda pestifero, il fass tutt mè, il son chè mè, dittatore di scemenze, Gran Cacchio, parolaio-istrione, lurido Poffarbacco, virulento babbeo, provinciale saturo di sifilide e di furori blasfemi, Costruttore, ex agitatore ed agitato sempiterno, ficaiolo, discepolo del messer Niccolò buggeratissimo, poltrone e istrione, sanguinolenta jena, Priapo Ottimo Massimo, Batrace luetico, tumescente Priapo, Priapo-Imagine, Super Balano, il beneficiente, mascelluto e stivaluto Poffarbacco, furbo di provinciaccia, tumefatto balano, messer Mastro Pùgolo, Predappioculo, bel maschione, Sbrodolini, asino indomenicato al giro d’Italia, Priapo Esibito, Priapo marcio, Maramaldo omicida, Appiccata Carogna, kuce Cacchio, culone a cavallo, bellone, fezzone, buccone, stivalone, maschio maschione, sifilitico sifiliticone, rincoglionito Quirino, inturgidito Predappio, Forlimpopoli Priapomastro, pietoso mimo, Pirgopolinice Spirochetato, kùce-verga, tracotante birro, tetro feneratore de le genti, Priapo Maccherone Maramaldo, trombone in fiera, Gran Correggia del Nulla, Predappiofava, batrace, Somaro Sopracciò, Maccherone Ingrognato, acromegalico e batracico avortone, il ragghiante, l’Impestato, Batrace Tritacco, Priapo Concionante, nanonzolo, batracico testone-mascellone acromegalico, rachitoide ipocalcico, eredoalcool, eredolue, Predappiofesso, Fava, Favente Genio, Favante Tutore della Italia, Condottiero d’Italia in Guerra Lampo, Tempista/Politico, Gran Somaro Nocchiero, Scacarcione Mago, Fottutissimo Scacarcione Bombarda di Tripla Greca, kuce grasso, appiattato Scacarcione a dugento miglia da battaglia, Fava Unica, Fava Maramaldo, Invincibile Fava, Predappioasino, el Fava (Impestatissimo), Pupazzo, Nullapensante, Maramaldo dal viso livido, Somaro Fava, il Leccato-che-Lecca, Coglione, provolone sciocco, Trombone trombatissimo, Socero Schifoso, mentecatto principe Fava, Naticone ottimo massimo, Pavone Etico Ufficiale, Priapo Tumefatto, Batrace dalle mascelle forzute, Priapo luetico, τύραννος_, furioso, pavido idolatra del numero e della forza, φαλλός, l’Estrovertito, mietitore degli universi frumenti, agitato-sempiterno, Sovrano seminatore e trebbiatore pometino, il vessillifero della spaghettifera patria co’ ’a pommarola in coppa, Gran Khan, messer Mastro Pùngolo, ex-Bomba in pullover, tiranno vaniloquente, cavalcatore di cavalli e di femine in gloria, inturgidito Modellone, Pirgopolinice il glorioso, Modellone Torsolone, frivolo e fortunato mimico, il Maestro, Sopraumano Sopracciò, Furioso Ingrogato, il Mugliante, sozzo e priapesco istrione_

si riducano a un manipolo d’appellativi dettati più da astio di maniera — in salsa non tragico-sardonica ma decisamente comico-farsesca — che da inarginabile furia (manca, per esempio, all’appello «Appiccata Carogna», in riferimento ai fatti di piazzale Loreto):

Vigile dei destini principe, imbianchino, il Cupo nostro, spiritato, ruggente lïone di tutto coccio stivaluto e medagliuto, Primo Ministro delle bravazzate, Maresciallo del cacchio, vaso di tutto coccio, Primo Racimolatore e Fabulatore ed Ejettatore delle scemenze e delle enfatiche cazziate, furioso babbèo, il mascelluto, Kuce, mimo, animalino, capocamorra, il frenetico, mortuario smargiasso, Marco Aurelio ipocalcico dalle gambe a ìcchese, autoerotòmane affetto da violenza ereditaria, parolaio da raduno, teratocèfalo e rachitoide babbèo, Pirgopolinice smargiasso, Caino, ex agitatore massimalista, Scipione Affricano del due di coppe, Napoleone fesso e tuttoculo, il fàss tutt mè, il son chè mè, pilota e bagnasuga del cavoletto, principe Maramaldo, gradasso ipocalcico, Super Balano, Poffarbacco, Mascellone Mago, despota di ogni nulla, Bombetta, ex agitatore ed agitato-sempiterno, discepolo di messer Niccolò buggeratissimo, Priapo Ottimo Massimo, fallo paterno padronale e precipuo, tumescente Giove Ottimo Massimo, organo generatore dominante, capo maestro, sederone a cavallo, Sovrano seminatore e trebbiatore pometino, dèspota statolatra, Priapo-Imagine, messer Mastro Pùngolo, L’Estrovertito, ex-Bomba, tiranno vaniloquente, Gran Khan, bellone, fezzone, buccone, stivalone, maschio maschione cervellone generalone di greca tripla, rincoglionito Quirino, pietoso mimo, inturgidito Modellone, feneratore delle genti, tracotante birro, Pirgopolinice il glorioso, Modellone Torsolone, trombone in fiera, Gran Tamburone del Nulla, istrione millantatore, Uno e Mimico, satrapo, Paflagone inturgidito, Sopraumano Sopracciò, Furioso Ingrogato, Faccia Feroce, il Mugliante, Batrace Tritacco, Gran Somaro Nocchiero, favente Genio e favante Tutore della Italia e Condottiero d’Italia in Guerra Lampo e Tempista Politico, Nullapensante, Omicidiale Denegatore d’ogni umana condizione, Pirgopolinice Bombarda di tripla greca, Mascellone Unico, Gran Maestro, Pupazzo, somaro dalle gambe a ìcchese, Fava Unica, Somaro in ragli, impareggiabile capataz, grandissimo Somiero, Faba Optima Maxima Unica, spiritato Somaro, mentecatto principe, ultraistrione.

Quanto al valore scientifico dell’analisi socio-politico-psicanalitica condotta nel libro, gli editori concordano nel reputare la versione originale — più che una mera intemerata contro il «tracotante birro», come EPG — «un trattato di psicopatologia delle masse valido in ogni epoca e per ogni forma di totalitarismo in cui si assiste all’abdicazione del principio di Logos e alla sottomissione di Eros alla sua degenerazione narcissico-priapica» (Pinotti, Nota al testo, p. 411).

In realtà, il capolavoro incompiuto del genio lombardo, come tutti i pasticci e i pasticciacci è meno opera saggistica che francamente musicale, ponendosi quale inno alla lingua e alle sue infinite potenzialità; una lingua che simula continuamente di modularsi in ampie cadenze argomentativo-ammaestrative ma si fa sùbito spettacolo, urlo disarticolato, comedìa furbesco-macaronica, come dimostra l’impressionante spiegamento d’apparecchi retorici, allotropi e grafie concorrenti ammassati nella stessa frase, spesso a onta del senso e della misura. Una pagina-mondo-enciclopedia in cui tutto, micro e macro, può accadere e ha diritto d’asilo: anche l’insistita, ossessiva replicazione del già detto e la demolizione del già demolito frantumato polverizzato; persino i più insoffribili truismi e scurrilità:

la donna ama e riverisce chi comanda (46)

[il narcisista] ejacula Io (142)

La donna ama l’uomo che si esibisce e si agita: che ha bottoni d’oro e alamari sulla giubba, che cavalca clok clok il suo roano o il suo pomellato, con quel gradevole movimento alternativo delle reni, del deretano e del busto che è per lei una imagine potentemente analogica: in quanto le richiama un’altra alternazione e un altro e non meno gradevole modo di cavalcare (208)

Scurrilità e truismi leciti solo in contesti, per l’appunto, “poetici”, e infatti plenariamente riscattati dall’architettura e dall’orchestrazione formale.

Accurata in ogni sua parte, come peraltro tutti i lavori dei due insigni gaddisti, l’edizione critica — stabilita sul complesso autografo irto di correzioni e rifacimenti plurimi a tratti quasi indecifrabili, composto a Roma dal settembre 1944 al settembre 1945 e scoperto nel 2010 presso il Fondo Gadda di Arnaldo Liberati, erede della governante dello scrittore Giuseppina Liberati —, oltre a rappresentare le varianti alternative, le note d’autore e le postille autoesegetiche, tutte assenti in EPG, offre due preziosissime appendici che consentono al lettore di penetrare nello stupefacente arsenale gaddiano: Avantesti e riscritture (contenente il sinora inedito rimpasto dello Schema del capitolo II, svolto in séguito alla lettura del freudiano Totem e tabù, con un forte incremento della quota psicanalitica; BG, vera e propria riscrittura del capitolo primo destinata alla rivista «Prosa» di Enrico Falqui e Gianna Manzini, che la rifiutarono perché «intollerabilmente oscen_a_»; LF, cui s’è accennato); La galassia di «Eros e Priapo», in cui si ripropongono i testi che Gadda estrasse — sempre profondamente rimaneggiandoli — dal capitolo secondo: MS, Le Marie Luise e la eziologia del loro patriottaggio verbale, Teatro patriottico anno xx.

Più d’una perplessità suscitano i criterî d’edizione, definiti «rigorosamente conservativi» ancorché si contino ben 600 interventi di forma e di sostanza — non tutti esplicitati nella tavola delle Uniformazioni, integrazioni e correzioni —, due terzi dei quali concernenti l’interpunzione (che nel Nostro, come in tutti i grandi, svolge un ruolo di prim’ordine).

E siamo al cuore del nostro assunto. Avvertire l’esigenza di razionalizzare e normalizzare Gadda depurando sia pure in minima parte la sua olla podrida e uniformando oscillazioni scuciture incongruenze, non prova forse che la cultura italiana è fisiologicamente inetta a ricevere le fecce, gli svarioni, i solecismi, i tranelli, i depistaggi proprî del pastiche, anzi a esso connaturati? «Come sopportare — scrive Claudio Vela, centrando il nocciolo della questione senza esaurirla — il doppio Beaudelaire del Girolamo e dell’Adalgisa nota 8? Eppure il fatto stesso che ricorra in due racconti diversi e che sia sempre così nei manoscritti dimostra trattarsi di una grafia d’autore, fatta ‘a memoria’, tipica di chi sa di possedere bene una lingua straniera […] e perciò non controlla ogni volta la correttezza della trascrizione delle parole dalla mente alla pagina: e così l’errore nasce e pervicacemente resta. Ripristinare la lezione corretta […] ha un che di scolastico: questo non è un refuso, che viene a tradire la volontà di Gadda, è il suo modo (scorretto) […] di scrivere il nome di Baudelaire»: il suo modo scorretto di scrivere Baudelaire e anche vaudeville («veaudevilles»), sebbene, com’è noto, toscaneggiasse in francese quasi come in italiano. Ciò depone per la piena intenzionalità d’un’operazione tesa a sabotare la grammatica e a frastornare il lettore intossicando la pagina d’incoerenze, sviste, pseudosviste, scrizioni eslegi, sconnessioni d’ogni tipo: tattiche di disturbo e diversione che il filologo deve assolutamente astenersi dal risarcire, non perché contribuiscano alla conoscenza dell’autore rivelandone sapere e lacune culturali (ciò varrà per altri autori, non certo per l’ipercólto Ingegnere), ma in quanto il pasticheur fonda mondi, ergo si fabbrica una lingua avente la medesima dignità di quella che guasta e rinnega. In altri termini, Gadda scrive Beaudelaire (e Saint Simon e Nietsche e Fröhlich e Tilsitt e La Vallier e Mannlicher e Bismark, oltre agli innumerevoli spropositi di cui infra) perché anche la grafia sia specchio della nevrastenia, dell’acredine, della furia devastatrice che fomentano ogni suo gesto.

Per quale motivo, allora, non lasciare a testo, rifugiando le correzioni in apparato, tanto le suddette storpiature onomastiche quanto le infrazioni alle norme grafiche e grammaticali nelle parole e frasi greche, latine e straniere? Ne discorreremo approfonditamente nella prossima puntata.

Abbreviazioni

BG (Il bugiardone), EPG (Eros e Priapo. Da furore a cenere, Milano, Garzanti, 1967; ma qui si cita da Opere di Carlo Emilio Gadda, ed. diretta da Dante Isella, Milano, Garzanti, 1988-1993, vol. iii. Saggi Giornali Favole ii, pp. 213-374), LF (Il libro delle Furie), MS (I miti del Somaro). In assenza di sigla si allude all’edizione in questione.

Riferimenti bibliografici

Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo. Versione originale, a cura di Paola Italia e Giorgio Pinotti, Milano, Adelphi, 2016.

Carlo Emilio Gadda, Lettere alla Mondadori [1943-1968], a cura di Giorgio Pinotti = «I Quaderni dell’Ingegnere. Testi e studi gaddiani», n. s., iii, 2013, pp. 41-98, a p. 75.

Piero Gadda Conti, Le confessioni di Carlo Emilio Gadda, Milano, Pan, 1974, p. 140.

Carlo Emilio Gadda, Un gomitolo di concause. Lettere a Pietro Citati (1957-1969), a cura di Giorgio Pinotti, con un saggio di Pietro Citati, Milano, Adelphi, 2013, p. 83.

Gianfranco Contini, La letteratura dell’Italia unita. 1861-1968, Firenze, Sansoni, 1968, p. 1049.

Carlo Emilio Gadda, L’Adalgisa, a cura di Claudio Vela, Milano, Adelphi, 2012, p. 385.

Luigi Matt, Gadda. Storia linguistica italiana, Roma, Carocci, 2006, p. 131, nota 18.

Gli articoli già pubblicati nell'àmbito della serie La parola verticale. L'italiano degli autori, scritta e curata da Gualberto Alvino:

L’Ignoto marinaio di Consolo

La parola orcinusa (Stefano D’Arrigo)

La parola orcinusa - 2 (Stefano D’Arrigo)

La parola orcinusa - 3 (Stefano D'Arrigo)

La parola orcinusa - 4 (Stefano D'Arrigo)

La parola orcinusa - 5 (Stefano D’Arrigo)

La parola orcinusa - 6 (Stefano D’Arrigo)

Immagine: Affresco raffigurante Priapo

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