Italia, 1979: vengono uccisi l’agente di custodia Giuseppe Lorusso, il giudice Emilio Alessandrini, il responsabile del settore pianificazione della FIAT Carlo Ghiglieno (dal gruppo di Prima Linea), l’operaio, sindacalista e comunista, Guido Rossa, il tenente colonnello dei carabinieri Antonio Varisco, l’agente di polizia Michele Granato, il maresciallo di polizia Mariano Romiti (dalle Brigate Rosse), il segretario provinciale della Democrazia Cristiana palermitana Michele Reina, il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano, il magistrato, già deputato del Partito Comunista Italiano, Cesare Terranova e il suo autista Lenin Mancuso (dalla mafia), il direttore della rivista “OP” Mino Pecorelli (non si sa, ancora oggi, da chi), il somalo Mohammed Ajala (bruciato vicino piazza Navona da quattro giovani romani), il liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, avvocato Giorgio Ambrosoli (da un sicario assoldato da Sindona), il militante di destra Alberto Giaquinto (dalla polizia) e lo studente Stefano Cecchetti (da militanti dell’estrema sinistra). Per non parlare dell’installazione dei missili Pershing sul territorio italiano, dei sessantuno operai licenziati dalla FIAT (che imputa loro violenze in fabbrica), del governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi raggiunto da una comunicazione giudiziaria…

Italia 1979: dopo sei anni di silenzio, esce una nuova opera narrativa di Italo Calvino, il romanzo

Se una notte d’inverno un viaggiatore, rievocato trent’anni dopo da Domenico Scarpa nel corso della sesta, recentissima, edizione del Festival internazionale di letteratura I luoghi delle parole http://www.luoghidelleparole.it/. Si tratta di una delle opere letterarie italiane dell’ultimo trentennio più programmaticamente lontane dal brutale mondo in carne e ossa. Siamo di fronte a un modello di metanarrativa cristallina ed eterea, in grado non soltanto di sottolineare la distanza, nota, tra realtà e finzione, ma di dare con nettezza la sensazione della vanità di ogni tentativo di commisurare l’una entità all’altra.

La macchina narrativa e la precisione analitica

Italo Calvino inaugura l’era della «libertà di trattamento delle grandi forme della narrativa occidentale […] che per tutti gli anni Ottanta (e oltre) darà vita a una ingegneria di grandi (non sempre nei risultati) macchine narrative» (Tommaso Pomilio), spesso incardinate sull’ibridazione e sulla parodizzazione dei generi (un anno dopo il romanzo di Calvino, esce Il nome della rosa di Umberto Eco – la macchina narrativa per eccellenza). Strutturalismo e semiotica, Roland Barthes e Raymond Queneau, l’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle ‘laboratorio di letteratura potenziale’) e la rivista «Tel Quel» – per la quale «lo scrivere non consiste più nel raccontare, ma nel dire che si racconta» –: tutta la culturalizzazione “parigina” di Calvino precipita, dopo gli ariosteschi estri cosmicomici e le mappature aeree delle città invisibili, nella narrazione frattale e incoativa non di una storia, ma delle forme stesse della narrazione, attraverso l’uso di un linguaggio quanto mai “galileiano”, concreto, preciso, razionale ed elegante, attento a movimentare con modulazioni sinonimiche, coppie e terne nominali, elencazioni seriali la banda larga di un italiano medio lavorato a fondo per trarne tutte le risorse di ricchezza culturale e precisione d’intaglio, senza farne però una lingua diversa da quella comune. Come ha scritto Pier Vincenzo Mengaldo, «Calvino ha sempre onorato in egual misura l’imperativo dell’economia ed essenzialità e quello della precisione analitica. Quanto nella sua scrittura abbonda o magari ridonda rispetto a un ideale di perfetta economicità, è in sostanza da porre in conto della sua implacabile ricerca di precisione, di distinguere e graduare quasi micrometricamente».

Il romanzo in mutande

Come scrisse qualcuno (il Collettivo Omega di Roma), in modo pregnante ma senza bon ton, con Se una notte d’inverno un viaggiatore «il romanzo resta in mutande». Detto altrimenti, il procedimento di mise en abyme permette di rendere trasparente all’occhio del lettore la teoria del romanzo. La «funzione» tradizionale dell’autore è messa in discussione apertamente nel corso del romanzo: «Come fare a sconfiggere non gli autori ma la funzione dell’autore, l’idea che dietro ogni libro ci sia qualcuno che garantisce una verità a quel mondo di fantasmi e d’invenzioni per il solo fatto d’avervi investito la propria verità, d’aver identificato se stesso con quella costruzione di parole?».

Lasciamo perdere l’autore, dice Calvino (ridendosela sotto i baffi, ché soltanto un autore vero e capace, in carne e ossa e fosforo, può ordire simili trame e portarle a buon fine), e mettiamo in campo un multiplo e incognito Narratore. Il Narratore scardinerà il Lettore dalla posizione passiva di consumatore di storie conchiuse e lo sbalzerà sul toboga di una lettura trasformata in viaggio avventuroso, continuamente interrotto e poi ripreso per altre vie.

Se c’è stato un modo tradizionale di procedere, Calvino non se n’è dimenticato. Senza bisogno di ricorrere agli espedienti collusivi tra autore e lettore sperimentati dallo scrittore argentino Julio Cortázar nell’iperromanzo Il gioco del mondo (Rayuela, 1963), Calvino, dopo aver sparigliato per bene le carte in tavola, concede ironicamente al lettore reale il risarcimento posticcio di un happy end altrimenti frustrato dalle interminate storie giustapposte e cucite nel metaromanzo, che hanno determinato, capitolo dopo capitolo, le ansie del Lettore con la L maiuscola, il Lettore-personaggio: «Ora siete marito e moglie, Lettore e Lettrice. Un grande letto matrimoniale accoglie le vostre letture parallele. Ludmilla chiude il suo libro, spegne la sua luce, abbandona il capo sul guanciale, dice: - Spegni anche tu. Non sei stanco di leggere? E tu: - Ancora un momento. Sto per finire Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino».

In verità, Calvino mette in luce quanto la storia che il lettore termina di leggere nel letto matrimoniale sia la sua storia, del lettore stesso che legge di come sta leggendo. In sostanza, siamo al capovolgimento intestino dei ruoli, in presenza della storia del lettore che viene letto. In un’Italia del 1979 che può essere anche l’Italia del 2179.

Immagine: Italo Calvino, fotografia di Johan Brun, Oslo 1961.

Crediti: Oslo Museum/Digitalt Museum [CC BY-SA 4.0], attraverso Wikimedia Commons.