Appena tornata alla ribalta la spinosa questione del tracciato dell’Alta velocità della linea Torino-Lione nel tratto che interessa la Val di Susa, sui media ha ripreso a martellare l’acronimo TAV, che vale Treno ad Alta Velocità (in grado cioè di viaggiare a velocità superiori ai 250 km orari). Le cronache si sono riempite delle manifestazioni di protesta e delle reazioni delle forze dell’ordine, e il dibattito si è alimentato delle opinioni espresse dagli opposti schieramenti degli anti-Tav o no-Tav e dei pro-Tav (composti neologistici tutti ben documentati nel volume di Neologismi della Treccani curato da Giovanni Adamo e Valeria Della Valle). Dalle cronache suddette, intanto, ci vengono esemplificazioni efficaci di come certi procedimenti di formazione delle parole nuove stiano intensificando la propria produttività, anche grazie al filtro alchemico della lingua giornalistica, detta e scritta (su carta o in rete), sempre più votata per struttura e fini alla sintesi verbale (come ha scritto, tra gli altri, Riccardo Gualdo https://www.treccani.it/lingua_italiana/speciali.html). In un articolo comparso il 27 giugno 2011 sul «Corriere della sera» (http://www.corriere.it/cronache/), nel titolo, luogo deputato al risparmio delle parole, ci si riferisce al «presidio No Tav» (intendendo con presidio il cumulo di oggetti ammassati sulla strada dell’Avanà, presso Chiomonte, per impedire lo sfondamento da parte della polizia); nell’attacco dell’articolo, si dice del «presidio dei No Tav».

Dinamici e sintetici

È interessante notare, a questo proposito, che la dinamica velocizzante e sintetica del linguaggio giornalistico riguarda innanzi tutto il meccanismo di composizione con il prefisso no- (ma anche con non), che ci proviene dall’esempio di numerosi composti inglesi, recepiti in misura sempre più massiccia nella nostra lingua. Si vedano l’unità lessicale superiore no tax area ‘(di) fascia esente dalla tassazione sul reddito delle persone fisiche’, non fiction ‘(di) opera letteraria, film o programma basati su storie vere’, non-oil ‘(di) prodotto o servizio che prescinde dal petrolio e dai suoi derivati’, di non (o no) profit ‘(di) ente che opera senza scopo di lucro’.

Non è che l’italiano non conosca, da tempo, sostantivi o locuzioni sostantivali autoctoni in cui la negazione funzioni in origine in un modo paragonabile a un prefisso negativo. Basti pensare, per esempio, a noncuranza (1604). In tempi più vicini a noi, o vicinissimi, si nota la tendenza dell’avverbio di negazione a comportarsi come un primo elemento di formazione di parole: non fumatore, non intervento, nonviolenza, non belligeranza, nonluogo ‘luogo privo di caratterizzazione locale e culturale, come autogrill, centri commerciali, aeroporti’ (ma qui forse si tratta di calco del francese non-lieu e, in francese, di parola d’autore: onomaturgo è l’antropologo Edgar Morin).

È certo però che negli ultimi due decenni si mostra «[p]articolarmente produttivo il prefisso non-, forse per influenza di analoghe espressioni di origine inglese (non autosufficiente, non persona). La stessa cosa vale per il prefisso no- (no fumo, no Tav)» (Valeria Della Valle, Tendenze recenti nella formazione delle parole nuove, Atti Convegno Assiterm 2009, Publif@rum, n. 12 http://publifarum.farum.it/). Insomma, dall’importazione diretta di composti angloamericani si passa alla produzione in proprio di composti, assumendo gli originari avverbi di negazione no e non come veri e propri prefissi «di tipo valutativo o concettuale» (secondo la definizione di Adamo e Della Valle): non lavoro, non-ideologia, non denaro ‘denaro elettronico’, non-lettore, non-notizia, non-personaggio, non utilizzo, non voto ecc.

Un altro forte segno dell’assunzione di attitudini scorciatoie dall’inglese – tornando al nostro no Tav, con o senza trattino – è la doppia diatesi di sostantivo e di aggettivo posposto: il presidio dei No Tav (sostantivo usato nel corpo dell’articolo, designante gli oppositori della Tav) ma anche il presidio No Tav (aggettivo posposto usato nel titolo dell’articolo). Va detto, sempre citando Della Valle, che neoformazioni come no-Tav (anche quando, come in questo caso, non abbiano riscontri millimetrici nelle altre lingue) «possono essere considerate veri e propri “internazionalismi”, perché adattano o ricalcano in vario modo elementi lessicali – spesso di matrice inglese o angloamericana – e si riferiscono ai grandi eventi di portata mondiale o alle esperienze della vita quotidiana, che tendono a somigliarsi sempre più in ogni luogo del pianeta».

Persone come sigle

Un altro fenomeno che esprime una coazione alla sintesi, ben noto anche all’inglese e alle altre lingue di cultura europee, è l’aumento nella nostra lingua di acronimi e sigle come per l’appunto TAV. Il processo di riduzione a sigla ha in realtà, nel caso di nomi di persona, valenza di concentrazione iconico-simbolica, che risponde a intenti insieme di enfasi e di familiarizzazione: come l’inglese d’America conosce il classico JFK , sorta di protome onomastica in luogo di John Fitzegarld Kennedy, il castigliano ha conosciuto, durante la campagna elettorale per le presidenziali, il digramma _ZP ‘_Zapatero Presidente’; da noi, nel 2006-2007, si ebbe, con fortuna soltanto giornalistica, la riduzione di Tommaso Padoa-Schioppa, allora autorevole ministro dell’Economia del Governo Prodi, al telegrafico TPS.

La coscienza linguistica collettiva tenta di reagire a quanto di poco tradizionale essa stessa coglie nel tipo morfologico e lessicale che è portata a incorporare attraverso due strade. Da una parte (scrive ancora Della Valle) si colgono «indizi di un processo di progressiva familiarizzazione di acronimi e sigle nel lessico italiano, trasformati in veri e propri nomi che il parlante medio non è più in grado di sciogliere (cito almeno Mose ‘Modulo sperimentale elettromeccanico per difendere Venezia dall’acqua alta’)» o, comunque, può decidere di riformulare secondo le più tradizionali tipologie fonetiche, grafiche e morfologiche (essemmesse per SMS, il cosiddetto “messaggino” via cellulare, diggì ‘direttore generale’, pidielle ‘P[opolo] d[elle] l[ibertà]’); dall’altra si tenta di “sciogliere” acronimi e sigle nell’organismo lingua ricavandone forme derivate (tecnicamente: neologismi deacronimici), che si rimodellino seguendo dettami grafico-morfologici noti: si pensi, in politica, a diessino ‘sostenitore dei D(democratici) (di) S(sinistra)’, aennino ‘sostenitore di A(lleanza) N(azionale), pidiellino ‘sostenitore del P(opolo) d(elle) L(ibertà)’ o, per tornare al tema della TAV, tavizzarsi ‘diventare seguace della TAV’ nello slogan estemporaneo e ironico “Camminatore, tavizzati!”, coniato da alcuni attivisti contrari alla TAV in Val di Susa.

Immagine: ETR 500 Frecciarossa (Red_Arrow). Crediti: Peter Broster [CC by 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/deed.it)]. Fonte: https://www.flickr.com/people/32038338@N02, attraverso Wikimedia Commons