«Esisteva una città. Si chiamava Senza. Era un posto senza colori. Senza odori. Senza sapori. In tutti i posti succede qualcosa, si sa. Ma a Senza non succedeva mai niente, e poi ancora niente e ancora niente, niente e niente di niente. C’era una sola strada grigia. E cinque palazzi. Grigi pure quelli. Da dove non usciva mai anima viva, tanto che, se qualcuno fosse passato da quelle parti – dove però non passava mai nessuno –, avrebbe pensato che Senza fosse una città deserta». Introduco questo secondo contributo sul tema delle interconnessioni tra colori e cultura (cliccare qui per leggere il primo) con l’incipit del racconto di Chiara Gamberale Tutti i colori della vita (2018) per sottolineare quanto sia centrale il ruolo dei colori nei sistemi simbolici di tutte le comunità. Nella società attuale delle immagini, il colore nelle mappe informa; nelle pubblicità seduce; al cinema narra; nelle previsioni del tempo gerarchizza; nell’infografica organizza; nei cosmetici valorizza; negli alimenti distingue; nella segnaletica stradale oppone; nei campionari si mostra; nelle tute mimetiche nasconde; nelle opere d’arte si ammira; infine, nell’esperienza di ciascuno, piace. Il colore non è solo una sensazione né un mero attributo delle cose. Il colore è spesso un’idea o un’aspettativa: ad esempio, convenzionalmente il nero è associato al lutto, il rosso al comunismo, l’azzurro al manto della Madonna. Come chiarisce la traduttrice del volume di Kassia St Clair (2018), il colore va considerato una costruzione culturale. Noi tutti abbiamo una struttura biologica che ci consente di distinguere la luce dal buio e un colore scuro da uno chiaro, ma il modo in cui interpretiamo questi fatti non è universale, e ci sono tantissimi modi diversi di definire una sfumatura che a noi sembra inequivocabilmente tale. A questo punto interviene la lingua e quel porpora che per noi italiani è un rosso, per gli inglesi è un viola; il carne che per noi appartiene alla famiglia dei rosa, per l’autrice del volume si inserisce tra gli arancioni.

I colori delle merci

Tenendo a mente gli studi di etnolinguistica compiuti da Cardona (2006), in cui si chiarisce come parlare un’altra lingua non significhi semplicemente dire in modo diverso le stesse cose, ma anche articolare diversamente il mondo di cui si parla e addirittura crearlo, analizziamo brevemente alcuni cromonimi presenti nella sequenza proposta da B. Berlin e P. Kay nel 1969 (Vaccarelli 2018), considerando talune espressioni idiomatiche di colore in chiave comparativa inglese/italiano.

Nel settore merceologico, la lingua inglese utilizza una serie di colour idioms per indicare determinati beni di consumo: red goods, orange goods, yellow goods, i cui colori, con valenza metaforica, fanno riferimento alla velocità di consumo e di sostituzione, di riacquisto, di tali beni, in relazione anche al codice di colore usato nel triage in pronto soccorso, o nei livelli di criticità della protezione civile, e che identifica classi di urgenza/emergenza crescenti. In italiano si abbandona l’espressione metaforica e si traducono rispettivamente: beni di prima necessità, con un alto indice di rotazione, come ad esempio i prodotti alimentari; beni il cui tasso di sostituzione, e la cui durata, ha un valore medio, pertanto sono sostituiti ad una velocità media, come ad esempio i capi di abbigliamento, i cosmetici, elementi di arredo; beni con scarso indice di rotazione, di solito costosi, come ad esempio un SUV, una vasca idromassaggio Jacuzzi, il condizionatore d’aria. Un’altra gamma di beni è identificata da colori con valenza metonimica, che rappresentano il genere di bene e il loro stereotipato colore: white goods, brown goods, grey goods, ossia rispettivamente elettrodomestici tradizionalmente di colore bianco, come lavatrice o lavastoviglie, oppure biancheria per la casa, convenzionalmente bianca; televisori e impianti stereo, i cui primi esemplari furono di colore marrone, per armonizzarsi con il colore dell’arredamento in legno; apparecchiature hardware, come computer, stampanti, scanner, ma anche telefoni cellulari, o impianti stereo di ultima generazione, per il tipico colore standard grigio di queste componenti.

Rosso e Red

L’esempio tratto dalla merceologia consente di delineare i tratti distintivi di uso idiomatico, metaforico e metonimico in italiano e in inglese dei cromonimi citati. Il rosso, oltre a essere il colore del sangue e simboleggiare sia l’amore e la passione che la rabbia e la violenza (vedere rosso/see red, ossia essere in preda a un’ira violenta), compare in espressioni che sia in italiano che in inglese hanno una connotazione di allarme, pericolo, avvertimento, urgenza (essere in rosso/to be in the red, ossia registrare un passivo in un conto, in un bilancio, dal colore rosso dell’inchiostro usato per indicare tali perdite nei libri contabili – mentre to be in the black corrisponde all’italiano essere in attivo; cartellino rosso/red card, per indicare una espulsione in ambito sportivo e in generale un blocco, un divieto, così come semaforo rosso/red light; quartiere a luci rosse/red-light district, dove sono presenti locali a luci rosse, ossia luoghi adibiti a spettacoli di carattere pornografico, il cui codice di colore deriva proprio dal fatto che sono segnalati da una o più lampade rosse, indicanti divieto come nei semafori – ma da sottolineare che un film a luci rosse viene tradotto in inglese a blue film; filo rosso, ossia un filo conduttore che attraversa e lega un groviglio di fatti, e che non è tradotto con il cromonimo corrispondente in inglese ma con common thread), ma denotano anche autorità, importanza e regalità e, per estensione, burocrazia (red tape è la metonimia inglese che traduce il concetto di burocrazia, ma nel senso più deteriore di lentocrazia, lungaggini burocratiche, e deriva dal colore rosso del nastro che convenzionalmente legava i faldoni polverosi dei documenti negli archivi amministrativi; tappeto rosso/red carpet, espressione usata per indicare il percorso di eminenti personalità politiche nelle cerimonie o in occasioni formali, e negli ultimi decenni estesa all’uso da parte di VIP e celebrità in occasione di eventi formali). Il rosso è altresì il colore simbolo dei movimenti e partiti di sinistra, anche se nelle elezioni presidenziali statunitensi, a partire dal 2000, i Red States sono gli Stati attribuiti ai Republicans (mentre i Blue States sono quelli che si aggiudicano i Democrats).

L’arancione dell’Orange Day

Il cromonimo arancione/orange, in senso figurato, indica il secondo livello di sicurezza in ambito meteorologico, terroristico, un livello alto ma non massimo di allerta (proprio nella metafora allarme arancione/orange alert). Nel caso di fiori d’arancio, simbolo, per il loro candore, della purezza, e quindi sinonimo di nozze, l’equivalente inglese è wedding bells, campane a nozze, per cui le due culture divergono nella rappresentazione simbolica del matrimonio annunciato. Il colore arancione è stato scelto a livello internazionale anche per celebrare la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne (25 novembre), Orange Day, come simbolo di un futuro in cui le donne si saranno liberate della violenza degli uomini. In Italia, però, spesso all’arancione si preferisce il rosso, simboleggiato dalle scarpe rosse.

Giallo e Yellow

Giallo è il colore più facilmente distinguibile da lontano, da qui il colore giallo dei taxi, degli scuolabus e anche dei gilet di emergenza ad alta visibilità catarifrangenti. È un cromonimo che, oltre ad indicare nei codici di sicurezza internazionali un livello inferiore di allarme rispetto a rosso e arancione – anche il cartellino giallo/yellow card è un’ammonizione – è associato, in italiano, a un tipo di romanzo, o racconto, o film poliziesco assai diffuso (così chiamato in Italia a partire dagli anni ’30 per il colore della copertina di una serie di romanzi polizieschi pubblicati dalla Mondadori), che tiene desto l’interesse del lettore con la narrazione di misteriosi delitti e di vicende impreviste, sensazionali; in inglese si perde quest’associazione tra colore e genere letterario, preferendo la denominazione di detective stories. Nell’espressione metonimica yellow press o journalism, derivata dal colore dell’inchiostro usato dalla stampa tra gli ultimi anni del XIX e i primi del XX secolo, e in particolare dal fumetto The Yellow Kid, per attirare l’attenzione, indica il giornalismo scandalistico, e il suo equivalente stampa gialla è raramente usato in italiano (si preferisce cronaca rosa). C’è perfetta coincidenza tra l’italiano e l’inglese nella denominazione dell’elenco telefonico che elenca le attività commerciali raggruppate per categoria: pagine gialle/yellow pages, dal colore stesso della carta utilizzata.

Marrone e Brown

Il cromonimo marrone in italiano deriva dal colore del guscio della castagna ma non compare in polirematiche; più produttivo è il suo equivalente inglese brown, che presenta usi metaforici e metonimici legati essenzialmente al colore della terra e al concetto di inquinamento (si può considerare un antonimo di green): brown cloud, la nuvola marrone asiatica o strato d’aria inquinato che copre parte del nord dell’Oceano Indiano, l’India, il Pakistan, e parte del sud dell’Asia e della Cina, brownfield, un’area industriale dismessa.

Grigio e Grey

Completa la rassegna cromatica di questo breve intervento il colore grigio, che può sia attenuare la negatività del nero che diminuire i valori positivi associati al bianco, quindi può essere considerato come un punto intermedio tra due estremi. Sia in italiano che in inglese può indicare qualcosa di indefinito, o parzialmente illegale o non autorizzato, come nella locuzione in grigio, che si riferisce al grey market (dove si svolgono contrattazioni non ufficiali) o alla grey economy (che si alterna con black economy per indicare l’economia sommersa). La letteratura grigia/grey literature è un insieme di pubblicazioni a carattere prevalentemente scientifico e tecnico diffuse in forma non convenzionale al di fuori dei normali circuiti di vendita e rivolte perlopiù a un pubblico ristretto. Da menzionare anche la materia grigia/grey matter o grey cells che indica il tessuto nervoso che costituisce il cervello, così detto per il colore determinato dai pigmenti presenti nei corpi cellulari.

L’archetipo della matita gialla

A conclusione di questo excursus cromatico, si conferma l’assunto secondo cui un idioma riflette la cultura, la psiche e le modalità di pensiero di una nazione. I colori hanno suscitato nel tempo cromofilia e cromofobia, e dagli studi sulla relazione tra linguaggio, colore e cultura, in cui si contrappongono relativisti e universalisti, emerge sicuramente con chiarezza che la realtà del colore può essere insidiosa e ingannevole, ma se si costruisce un immaginario cromatico, ossia se si fa un oggetto di un certo colore e questo incontra il consenso del pubblico, inizierà a vivere nella nostra fantasia e quel colore diventerà nel giro di qualche decennio una categoria con cui giudichiamo tutto il resto. Studi di marketing rivelano che le matite gialle vendono di più delle altre. È quella particolare tinta che ne fa un archetipo, che ce la fa pensare come la matita per antonomasia anche se non usiamo mai matite gialle. L’aspetto cruciale del rapporto tra colori e cose o concetti sta proprio in questo depositarsi della tinta nella memoria collettiva e nel suo continuare a parlare anche quando i significati originari sono ormai perduti tra le pieghe della storia.

Bibliografia essenziale

B. Berlin - P. Kay, Basic Color Terms. Their Universality and Evolution, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1969.

G. R. Cardona, La foresta di piume. Manuale di etnoscienza, Roma-Bari: Laterza, 1985.

G. R. Cardona, Introduzione all’etnolinguistica, Milano: UTET Università, 2006.

G. Deutscher, La lingua colora il mondo, Torino: Bollati Boringhieri, 2016.

R. Falcinelli, Cromorama, Torino: Einaudi, 2017.

R. Fresu, “Neologismi a colori. Per una semantica dei cromonimi nella lingua italiana”, in LId’O. Lingua italiana d’oggi, III, 2006, pp. 153-179.

C. Gamberale, Tutti i colori della vita, Milano: Feltrinelli Editore, 2018.

M. Grossmann, Colori e lessico. Studi sulla struttura semantica degli aggettivi di colore in catalano, castigliano, italiano, romeno, latino e ungherese, Tübingen, Narr, 1988.

G. Philip, Colouring Meaning: Collocation and connotation in figurative language. Amsterdam: John Benjamins, 2011.

K. St Clair, Atlante sentimentale dei colori, Milano: UTET, 2018.

F. Vaccarelli, “Colour metaphors and metonymies in business English domain: a corpus-based analysis”, in The Journal of Cultural Mediation, 2, 2012, pp. 7-34.

F. Vaccarelli, “Colori e cultura nelle espressioni idiomatiche in italiano e in inglese”, disponibile in https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/Colori.html, 25 ottobre 2018.

Immagine: Zeynel Cebeci [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], da Wikimedia Commons