Rai: cultura e scuola in rete

La televisione rappresenta ancora la base della dieta culturale degli italiani; come rileva l’Istat per il 2016, “guardare la tv è un’abitudine consolidata fra la popolazione di 3 anni e più: il 92,2 per cento delle persone la guarda e tra questi l’86,7 per cento lo fa con frequenza giornaliera […] La televisione si vede abitualmente in tutte le fasce di età, ma i telespettatori sono più numerosi tra i giovanissimi e gli anziani e, in particolare, tra i 6-14enni e i 65-74enni (per entrambi pari a circa il 96 per cento)”. Come si può rilevare dalla semplice osservazione dei comportamenti quotidiani degli italiani, anche Internet sta assumendo un ruolo sempre crescente, specie per le fasce d’età comprese tra i 6 e 25 anni. Sempre secondo i dati ISTAT, nel 2017 oltre il 65% degli italiani ha usato Internet nei 12 mesi precedenti alla rilevazione; prevedibilmente, i maggiori fruitori si annidano tra gli 11/14 anni e i 25/34 anni, con i picchi più alti tra i 15/17 e 18/19. In tutte queste fasce di età, le principali attività in rete sono, oltre all’suo dei social, nettamente preminente, la fruizione di contenuti scaricabili, come giochi, musica, film, immagini e la consultazione di wiki, ovvero la ricerca di informazioni su qualsiasi argomento sulle note piattaforme divulgative gestite da software collaborativi, la più nota delle quali è Wikipedia. È evidente una stretta connessione tra le grandi percentuali di tali attività tra i ragazzi e le esigenze della vita scolastica, vista la possibilità offerta dalla rete di fare ed elaborare ricerche in tempi rapidi e con modalità interattive.

Facile navigabilità

La RAI ha negli anni implementato una struttura apposita per il pubblico scolastico, erede dello storico Dipartimento Scuola Educazione, predisposto addirittura per legge, la n. 103 del 14 aprile 1975, in seno alla riforma RAI, ribattezzato Videosapere dal 1993 al 1997 e successivamente inglobato nella struttura RAI Educational, diventata poi RAI Cultura. RAI Scuola ne è il canale più vitale e prolifico, la cui intera offerta è integrata e sviluppata nel portale www.raiscuola.rai.it: un sito ricchissimo, eppure dall’architettura chiara, limpida, lineare, di facile navigabilità. I menù a tendina dispiegano prontamente lezioni, speciali, oggetti interattivi, tra cui spiccano le visite virtuali, giochi, i programmi con le loro schede di presentazione e le varie puntate e, soprattutto, i tanti argomenti, dall’arte alla letteratura, dalla filosofia all’economia, dall’ecologia e ambiente alla storia.

“Passi di scienza” per le scuole superiori

Limitandoci ad analizzare l’offerta del palinsesto dedicata ai soli temi scientifici – quelli umanistici interagiscono spesso con l’elaborazione del portale cultura – troviamo molti programmi con destinatari e tagli piuttosto diversi tra di loro. Passi di scienza, condotto da Davide Coero Borga, che è anche uno degli autori, ha un approccio, a dispetto del titolo, ampiamente multidisciplinare, ideale per gli studenti della scuola superiore, in particolare dei licei, magari impegnati a prepararsi per il tema o per la mappa concettuale dell’esame di maturità: geografia, storia, società e attualità, economia convergono a dipingere un quadro complesso delle questioni in campo. Questo approccio contaminato, di fatto umanistico, alla scienza e alla tecnologia si evince anche dalle espressioni che l’autore usa per descrivere il suo programma: “scienza come racconto”, “fiaba tecnologica”, “sogno di innovazione”. Focus di ogni singola puntata sono le principali città italiane a cui viene abbinata una parola chiave: Palermo: sole, L’Aquila: Terra, Genova: mare, Catania: vulcano, Venezia: globale, Torino: elettrica, Roma: atomica, ecc. Camminando per le vie delle città, Coero trova diversi spunti collegabili al filo conduttore individuato dalla parola chiave abbinata a quel luogo, con interviste ad esperti, storici, scienziati, brani di fiction storiche, spezzoni di repertorio. L’impostazione concettuale del programma è certamente complessa – nella puntata girata a Roma, si tengono insieme il Colosseo, il De rerum natura di Lucrezio, il lavoro del gruppo di via Panisperna, la medicina atomica anticancro, il carbonio 14 per le indagini archeologiche e artistiche! – e per nulla didascalica: mai si sofferma a illustrare termini difficili, a fornire puntelli chiarificatori, anzi sempre aggiunge connessioni e suggestioni all’argomento centrale. Unica concessione schiettamente didattica, la presenza di quello che Coero presenta come “il nostro anatomopatologo degli oggetti quotidiani”, il professor Vittorio Marchis, docente di Storia e Tecnica del Politecnico di Torino, che, in brevi finestre, approfondisce, a modo di esperimento pratico, particolari aspetti scientifici.

A tu per tu con “Archimede”

Davide Coero Borga conduce anche Archimede, programma che propone le maggiori innovazioni in molteplici ambiti scientifici. Il progresso tecnologico viene mostrato attraverso filmati di studi condotti in tutta Europa che hanno portato ad applicazioni di estrema importanza per la vita di milioni di persone, schede di premesse storiche, grafica esplicativa, interviste, che, prendendo il là da semplici oggetti quotidiani, lasciano la parola ad esperti di alto livello, professori e ricercatori universitari. Dunque anche in questo caso, il pubblico di elezione è rintracciabile tra studenti delle scuole superiori ed adulti. A dispetto del tono elevato del programma, spicca la scelta dell’allocutivo informale, il tu, utilizzato dal conduttore per tutti i suoi interlocutori, anche per gli accademici più attempati, interpellati sempre con il nome di battesimo. Di questo programma certamente da apprezzare la voluta dimensione europea, che proietta il pubblico in una prospettiva di collaborazione tra nazioni e tra profili professionali diversi, accademici e imprenditoriali.

Immersione nel “Digital World”

Sempre a un target di studenti di scuola superiore si rivolge Matteo Bondone con il suo Digital World, dedicato alle tecnologie digitali. Si tratta di un programma che ha subito nell’ultimo anno un restyling che lo ha reso più contemporaneo, amichevole e giovanile: i temi rimangono elevati e la proposta decisamente curata. Interviste a docenti universitari di tutto il mondo, citazioni di saggistica anche di nicchia, continui riferimenti interdisciplinari, la sottolineatura non solo delle implicazioni positive, ma anche di quelle negative e problematiche, tradiscono l’articolata progettazione di ogni puntata. Il linguaggio degli intervistati e dello stesso conduttore non possono non attingere a piene mani alla terminologia specialistica dell’Information Tecnology e ai suoi anglicismi e tuttavia lo stile di conduzione di Bondone, il suo stesso abbigliamento (magliette con disegni e stampe), talora il ricorso a espressioni tipiche del parlato, il riferimento a spunti della stretta attualità, rendono Digital World decisamente appetibile per giovani attenti alle sterminate frontiere del mondo digitale. Anche in questo programma i puntelli più significativi sono costituiti da parole chiave, che compaiono spesso scritte nei sottopancia o proprio accanto al viso del conduttore: emoij, videogames, youtuber, per citare quelle più note, ma anche invenzioni ancora poco conosciute, come i temptation blocker, plug-in in grado di fermare eventuali atteggiamenti errati, dannosi, compulsivi di fronte alla smisurata offerta della rete. La trattazione non è mai scontata: si veda, a titolo di esempio, la bella puntata dedicata al tema dell’idiocrazia, ossia il governo di persone istupidite dalla facilitazione offerta dalle tecnologie, come per esempio le interfacce grafiche, così intuitive da non richiedere ai fruitori particolari inferenze cognitive o la gamificazione del reale, che rende lo slittamento alienante tipico del gioco potenzialmente estendibile a qualunque aspetto della nostra vita quotidiana.

“Science max: esperimenti alla grande”

Completamente diverso il taglio di Science max: esperimenti alla grande (in inglese: experiments at large), produzione anglosassone, tradotta in italiano, realizzata in uno stile quasi recitato: il pubblico, in questo caso, è quello di bambini e ragazzi; il tono è sempre lieve, giocoso, brioso. Il conduttore protagonista, Phil, si cimenta con esperimenti scientifici, sempre però introducendoli con spiegazioni chiare e sintetiche del tema della puntata, accompagnate da gag, onomatopee, interiezioni ed esclamazioni, mimica facciale e gesti enfatici, musica energetica. L’allocutivo con cui gli spettatori vengono spesso chiamati in causa, con domande e sollecitazioni, non può che essere la confidenziale e diretta seconda persona plurale.

“Sperimentiamo!”, con decoro

Una delle poche conduzioni femminili di programmi a sfondo scientifico (un dato significativo?) è quella di Sperimentiamo! Anche qui i protagonisti sono gli esperimenti scientifici per i giovanissimi, ma il taglio, sebbene fresco e amichevole, non è così brioso e sopra le righe come il similare inglese, rivelando in questo una differenza piuttosto netta tra i programmi con scopi istruttivi di origine anglosassone e quelli italiani, che non rinunciano mai del tutto, neppure nel gioco, a una certa compostezza formale. Non mancano spiegazioni dettagliate, quasi libresche, manualistiche. L’elemento attrattivo è l’effetto straniante lanciato subito in apertura di programma: dopo l’informale saluto iniziale (ciao, ciao ragazzi), la conduttrice lancia l’argomento della puntata e il misterioso super esperto, che si rivela, nel servizio successivo, un ragazzo o una ragazza: per esempio, per parlare della forza di gravità, la giovane trapezista di un circo.

Parole, corpo e gesti: insegnare camminando

L’elenco dei programmi indicizzati sul portale e di cui è possibile trovare le serie complete è davvero ampio,  specie per ciò che concerne i diversi rami delle scienza: Sorprendentemente, sui meccanismi neurobiologici dell’attività cerebrale; Il racconto dello spazio, dedicato all’astronomia; Eco, incentrato sulle tematiche ambientali; Lampi di genio, ideato e curato da Luca Novelli, divulgatore per ragazzi molto attivo anche come scrittore, che ripercorre le vicende dei più grandi inventori. Spiccano scelte coraggiose e per certi versi sorprendenti, come programmi di educazione monetaria e finanziaria, quali Money 2.0. La moneta ai tempi del web e Moneyman, nati dalla collaborazione con la Banca d’Italia. Tutte queste produzioni, pur nella diversità di stile dei conduttori, nella molteplicità degli argomenti e nella differenziazione delle fasce di età del pubblico, sono caratterizzate da alcuni tratti comuni, spesso condivisi per altro dai programmi di divulgazione generalista: l’approccio multidisciplinare, secondo i più moderni orientamenti didattici che privilegiano mappe concettuali e competenze trasversali; il continuo intreccio tra storia e attualità, riflessioni teoriche e spunti della vita quotidiana; l’adozione di uno schema privilegiato, che alterna brevi interventi del conduttore a interviste e filmati; il costante coinvolgimento degli spettatori con allocuzioni dirette e domande che rilanciano gli sviluppi della trattazione. Un aspetto specifico dell’offerta di RAI Scuola è tuttavia la dissimulazione degli intenti didascalici, sia nel linguaggio che nella costruzione dei testi e dell’intero pacchetto autoriale. Nella divulgazione la scelta più ricorrente è quella di proporre autori e conduttori come dei veri esploratori; non a caso quasi mai vengono mostrati in posizioni statiche, sono sempre in cammino e quasi mai in studi costruiti ad arte: guidano, ma allo stesso tempo apprendono insieme ai loro spettatori. L’abbandono, per il contenitore generale, della precedente dizione di RAI Educational, muove forse nella direzione di smorzare ogni ispirazione troppo paternalistica e istruttiva.

Una lingua nitida, ma mai semplicistica

L’obiettivo è chiaro: fare edutainment, come talvolta è esplicitamente precisato nelle brevi schede di presentazione dei programmi stessi; sperimentare una didattica innovativa, interattiva, coinvolgente, ludica quando si rivolga ai più giovani, connessa all’orizzonte esperienziale dei ragazzi, privata di ogni aura di aulicità, ma non di credibilità e spessore, mai banale e sempre ricca di contributi autorevoli, documentati, proposti in una lingua nitida, semplice e amichevole che però non abdica alle costruzioni complesse e al lessico specialistico richiesto dai temi trattati.