Per un’educazione linguistica alla gestualità

Già a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, Poggi (1997, p. 99) suggeriva come attività in classe «l’analisi parallela di fenomeni presenti sia in sistemi di comunicazione non verbale che nella lingua, analisi, questa, particolarmente utile alla riflessione linguistica in generale»; e forniva spunti per realizzare tale attività. Per es., far osservare agli studenti che la distinzione tra parola e frase esiste non solo nelle lingue verbali, ma anche nei gesti simbolici: muovere indice e medio a forma di V avanti e indietro vicino alla bocca è un gesto-parola perché la sua traduzione verbale corrisponde a una sola parola (in italiano “fumare”, “sigaretta”, “fumatore”) e perché può essere prodotto con intenzioni diverse a seconda del contesto (dare l’informazione che in un luogo è possibile fumare, offrire o chiedere una sigaretta ecc.); viceversa, piegare verso di sé per alcune volte una mano aperta con il palmo verso il basso è un gesto-frase perché in italiano si traduce con la frase “vieni qui, per favore” e perché può essere soltanto una richiesta al destinatario di avvicinarsi.

In seguito, è Diadori (20034) a riproporre esercizi incentrati esclusivamente sui gesti, per una didattica dell’italiano L1 (lingua madre)/LS (lingua straniera) attenta al linguaggio non verbale. Si sottolinea in particolare come l’esplorazione della gestualità non deve essere limitata al parlato, ma estesa ai testi scritti e digitati sul telefono cellulare o in internet (si pensi per es. ai messaggi con gli emoticons, le faccine della comunicazione digitale, oggi così raffinate da includere i gesti; Voghera, 2017).

Il problema dell’insegnamento dell’italiano L1/LS e dei gesti italiani è infine affrontato in prospettiva interculturale da Caon (2010), il quale fa notare che alcuni gesti hanno un significato diverso in altre lingue e culture: emblematico è il caso del significato “approvazione, gradimento”, espresso in italiano con il battere le mani, mentre in Germania si battono le nocche delle dita di una o di entrambe le mani su un tavolo; e ancora far oscillare più volte verso l’alto e poi in basso una mano con le dita unite e rivolte verso l’alto, che in italiano significa “ma cosa vuoi?!”/“ma che dici?!”, in arabo esprime la richiesta di aspettare, di avere pazienza.

“Ho una verità” (almeno credo): problemi nell’interpretazione dei gesti

La realizzazione di alcune attività didattiche sui gesti in un contesto specifico (apprendenti universitari slovacchi di italiano LS, futuri interpreti e traduttori) ha messo in luce alcuni meccanismi, che meritano di essere indagati più a fondo con ulteriori ricerche (cfr. Nobili, 2017b e 2017c). Per es., un gesto simbolico italiano, se non conosciuto e se estrapolato da un contesto d’uso, verrebbe interpretato sulla base di ciò che l’apprendente vede, cioè come se fosse iconico: il gesto per “ma che dici?!”, estratto dal videodizionario Italian Hand Gestures RAP (una sorta di gesto-kit per stranieri; https://www.youtube.com/watch?v=v2Y-L-dKeEo, min. 01:02), è stato tradotto con l’originalissima espressione “ho una verità”, perché lo studente ha ritenuto che la mano con le dita unite e rivolte verso l’alto nel gesto significhi “tenere ben saldo e mostrare qualcosa di prezioso”, appunto una verità.

Risulta poi molto difficile per l’apprendente straniero tener conto delle minime differenze tra coppie di gesti: per es. il gesto per “calma!” è stato confuso con quello per “fermati!” perché i due gesti sono identici in tutto, ad eccezione della ripetizione per alcune volte del movimento in avanti e all’indietro delle mani aperte con il palmo in verticale verso l’interlocutore nel primo gesto (nel secondo gesto, invece, le mani stanno ferme o vanno avanti una sola volta).

Un ulteriore meccanismo che è stato riscontrato riguarda sia la capacità dell’apprendente di identificare un gesto come accompagnatore del parlato sia la sua difficoltà nell’esplicitarne il significato preciso e nel darne una conseguente traduzione verbale: per es. muovere le mani in senso circolare (compiuto dall’attore Benigni mentre dice [non sapeva proprio che dire proprio non sapeva] in una scena del film La tigre e la neve; https://www.youtube.com/watch?v=0oUqmy7l-1o, sec. 07), che è un gesto di “vaghezza”, è stato superficialmente tradotto con “spiegare qualcosa”.

Il Gestibolario in classe

L’ultima considerazione è stata quella che ha portato alla compilazione di un dizionario di gesti, il Gestibolario, nuovo rispetto a quelli finora pubblicati per l’italiano poiché raccoglie i gesti che accompagnano il discorso di un parlante di italiano L1 (Nobili, 2017a). Il Gestibolario è stato particolarmente pensato e sviluppato come strumento utile in una classe universitaria a introdurre un futuro interprete di italiano LS (ma anche di italiano L1) in contesti autentici di interpretariato. Infatti, i gesti inclusi nel dizionario sono stati ricavati da discorsi parlamentari tenuti dall’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, parlante/gestuante che è stato scelto di osservare per la sua tipicità e originalità nell’uso dei gesti.

Un’entrata del Gestibolario è il gesto che rappresenta iconicamente il segno grafico delle parentesi tonde (), che ha il significato di “separare qualcosa da qualcos’altro, per es. un’informazione dall’intero discorso” (come nello scritto), ma che Renzi usa con il significato di “scegliere una possibilità di azione piuttosto che un’altra”, se si ascolta ciò che dice in https://www.youtube.com/watch?v=fs1lseuQdJ0, min. 06:58. I due significati di “separare” e “scegliere” sembrerebbero slegati; in realtà scegliere è separare la parte che si preferisce dalle restanti parti di qualcosa (cfr. anche Nobili, 2018).

Glossarietto

Gesto: coppia significante (forma e movimento delle mani)-significato, usata per comunicare.

Gesto accompagnatore (o coverbale): gesto che, a differenza del tipo simbolico, si usa solo in concomitanza al parlato.

Gesto iconico: gesto il cui significante mostra già in qualche modo il significato.

Gesto simbolico: gesto il cui significato è stabile e ben noto ai parlanti di una certa lingua; può inoltre essere eseguito senza parlare.

Riferimenti bibliografici

Caon, F., Dizionario dei gesti degli italiani. Una prospettiva interculturale, Perugia, Guerra, 2010.

Diadori, P., Senza parole. 100 gesti degli italiani, Roma, Bonacci, 20034 (prima ed.: 1990).

Nobili, C., Verso il Gestibolario. Meccanismi cognitivi e comunicativi dei gesti italiani, Università Matej Bel di Banská Bystrica (Slovacchia)-Sapienza Università di Roma, Tesi di dottorato, 2017a.

Nobili, C., I videodizionari della gestualità italiana come strumento glottodidattico: formulazione e prima verifica di un’ipotesi di lavoro con apprendenti slovacchi, in Adamo, S., Id. (a cura di), La capsula del tempo. Aspetti selezionati di lingua, letteratura e cultura italiana da conservare in prospettiva futura, Raleigh (CN), Aonia edizioni, 2017b, pp. 78-97.

Nobili, C., Un percorso di insegnamento dell’italiano in Slovacchia: alcune tappe, in «Testi e linguaggi», 11 (numero monografico L’italiano migrante a cura di S. Lubello e C. Stromboli), Roma, Carocci, 2017c, pp. 281-91.

Nobili, C., Varietà diamesiche, in Lubello, S., Id., L’italiano e le sue varietà, Firenze, Franco Cesati Editore, 2018, pp. 87-108.

Poggi, I., Sguardi, gesti, parole. La comunicazione non verbale nell’educazione linguistica, in Ead., Magno Caldognetto, E., Mani che parlano. Gesti e psicologia della comunicazione, Padova, Unipress, 1997, pp. 99-106.

Voghera, M., Perché gesticoliamo? Per parlare non bastano le parole, in Masini, F., Grandi, N. (a cura di), Tutto ciò che hai sempre voluto sapere sul linguaggio e sulle lingue, Cesena/Bologna, Caissa Italia, 2017, pp. 169-72.

Immagine: Édouard Manet [Public domain], attraverso Wikimedia Commons