Quale sfoggio di cultura politica! Silvio Berlusconi taccia gli esponenti del Nuovo Centrodestra di essere utili idioti della sinistra. Angelino Alfano replica che Berlusconi non è riuscito a compiere la cosiddetta “rivoluzione liberale” perché si è circondato, in tutti questi anni, di inutili idioti. Risponde, dunque, dando mostra di maneggiare bene, a fini ironico-polemici, i meccanismidell’irradiazione semantica deformata.

L’amantide religiosa

Una ex sottosegretaria del Governo Letta, la berlusconiana Michaela Biancofiore, si mette sulla scia lessicale aperta dai due leader, volando decisamente più basso, anche perché intende colpire più in basso: «mi sento idiota se penso a tutto ciò che Angelino ha ricevuto invece di tanti altri che hanno militato in Forza Italia e nel Pdl ma non hanno mai scodinzolato più di Dudù» (intervistata da Mattia Feltri, «La Stampa», 17 febbraio 2014). Del resto, non è detto che Biancofiore, volando basso, padroneggi a menadito significato e origini del sintagma utili idioti nel linguaggio politico. Tre anni fa fu ripresa duramente per questioni molto più terra terra: il giornalista Gian Antonio Stella la bacchettò per l’uso scritto incerto – diciamo così – di accenti, apostrofi e sì, anche, parole (famosa «l’amantide religiosa»). Prima della cultura politica e del linguaggio politico, si potrebbe dire che viene la grammatica di base. Oppure, rovesciando il ragionamento: il decoro delle idee e la legittimità delle posizioni devono viaggiare insieme con la capacità di comunicare e di esprimersi correttamente. Specialmente se sei un personaggio pubblico, perdipiù un parlamentare.

Il politico di nome Dudù

(In margine, sottovoce ma non senza un filo di preoccupazione, notiamo come, nel reality quotidiano della politica italiana, l’incolpevole cane Dudù sia diventato personaggio di rilevanza politica. Dixit Maurizio Lupi dell’Ncd: «“Ho sentito anche che Forza Italia, se vuole, ci riprenderà” in vista di future alleanze elettorali. “Noi non siamo una cosa, si riprendono i cani, forse Dudù, ma noi abbiamo una nostra dignità”», dichiarazione raccolta dall’Ansa il 16 febbraio 2014).

Utili idioti

Dudù permettendo – citiamo dal portale Treccani.it-, «L'idiota della locuzione utili idioti è un "idiota politico": in origine, appena dopo la Seconda guerra mondiale e per molti anni ancora, l'espressione (coniata da Stalin ma immediatamente fatta propria dagli anticomunisti) si riferì a coloro che, per ingenuità, finivano col fare gli interessi dei partiti di sinistra (e specialmente del Partito comunista), pur non militandovi. In séguito, per estensione, pur mantenendo il significato originario, la locuzione ne ha sviluppato uno più generico, riferendosi a chiunque agisce a vantaggio di altri senza che il proprio merito sia riconosciuto e senza guadagnarci nulla». Berlusconi, da anticomunista verace quale è, maneggia con competenza l’arma lessicale di origine staliniana, ritorcendola contro i “traditori” dell’Ncd.

Le citazioni

Non passa giorno, invece, che non si offra al parlamentare di turno l’occasione di esibirsi in citazioni di modesto cabotaggio, talvolta approssimative, talaltra sballate.

Modesto cabotaggio

Enrico Letta, per rincuorare gli italiani, scrive in uno degli ultimi tweet da presidente del Consiglio: «agli italiani dico quello che i tifosi del Liverpool cantano alla squadra: you'll never walk alone. Italiani, non resterete soli!». Tutti in curva a gridare slogan, come i politici, e bere birra.

Poi, c’è il salto dal pop sportivo al pop culturale: "Due strade trovai nel bosco e scelsi quella meno battuta", declama Matteo Renzi, nobilitando la sua scelta con un verso di Robert Frost, estrapolato dal film L'attimo fuggente (Renzi si vede nei panni di John Keating/Robin Williams, o capitano mio capitano …).

Approssimazioni

Nei giorni della gazzarra, in aula alla Camera, sul cosiddetto decreto Imu-Bankitalia, Marco Di Lello (Psi) evoca il conte Mascetti (interpretato da Ugo Tognazzi) del film di Monicelli Amici miei: «Abbiamo pazientemente tollerato tre giorni di supercazzola: fino a quando avremmo dovuto consentire di abusare della nostra intelligenza?». Ciliegina sulla torta: Di Lello cita la turgida frase scagliata da Cicerone contro Catilina, quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra, definendola «proverbio latino».

Negli stessi giorni, in Commissione Affari costituzionali, Ignazio La Russa cita il più celebre romanzo di George Orwell, 1984, chiamandolo sempre «Il grande fratello», ovvero la parte per il tutto – ammesso che non giochi sullo svarione il noto reality televisivo -.

Svarioni

Paola Taverna del Movimento 5 stelle prende lucciole per lanterne nel suo attacco contro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, paragonando i tempi di Napolitano a quelli del re sul cui regno, esteso dall’Europa alle Americhe, non calava mai il sole: Carlo V d’Asburgo, secondo la storia; re Luigi XIV, secondo lei («Ben tornati ai tempi di Luigi XIV […] Fu il regno del celebre sovrano sul quale non calava mai il sole»).

Uno non sballa, gli altri sì

Che la cultura politica, anzi, la cultura senza aggettivi, la conoscenza del mondo e della storia siano molto più fragili oggi, tra i politici, di quanto fossero cinquant'anni fa, è testimoniato dal curioso svolazzamento di piume digitali che accompagna i cinguettii nel pollaio della polemica sui contenuti di una breve dichiarazione ai microfoni della Rai (Ballarò, 11 febbraio 2014) da parte del deputato dei Cinque stelle Alessandro Di Battista. Richiesto di un commento circa il fatto che su Beppe Grillo pende una richiesta penale di 9 mesi di carcere perché egli ruppe il sigillo di una baita in Val di Susa, durante una protesta dei No Tav, Di Battista cita la disobbedienza civile e conclude dicendo che «anche Gandhi è andato in carcere, in Sudafrica». Gandhi in Sudafrica? Gran battito d’ali nella grande, chiassosa stia di Twitter. Tra i cinguettii irridenti, che stigmatizzano l’ennesimo episodio di ignoranza in casa Cinque stelle – data ormai per scontata -, spicca anche quello, peraltro sobrio, di Guido Melis, ex deputato del PD, docente di Storia delle istituzioni alla Sapienza di Roma, eletto nel 2008 in Sardegna: «Appena sentito Di Battista a Ballarò: "anche Gandhi è andato in carcere, in Sud Africa" :-(».

Peccato, però, che Gandhi, nel corso del suo fondamentale soggiorno in Sudafrica, sia stato veramente imprigionato. Qualcuno, in rete, commenta: «Bastava dare un’occhiata a Wikipedia».

Le curve degli stadi

Si tratta di incultura dei soli politici? No, naturalmente. Oggi, semplicemente, molti parlamentari rispecchiano cultura e senso comune “medi”, dunque anche curricoli di studi fatti di luci e, spesso, di ombre, tante. Il dato di fatto va riconosciuto. C’è un problema che aggrava il quadro: sta l’atteggiamento che si ha verso chi, vicino o lontano, individuale o collettivo, è fuori del cerchio tribale degli intimi (famigliari, amici o clientes). Ha scritto Stefano Rodotà: «Si parlava un tempo d'una funzione "teatrale" del Parlamento, perché lì la vicenda politica diveniva palese davanti all'opinione pubblica. Ma oggi questa funzione assomiglia piuttosto a quella delle curve degli stadi, dove gli ultrà organizzano cori e portano striscioni, esibiscono magliette e indicano nemici». L’Altro, se non è d’accordo con te, immediatamente è percepito come elemento di fastidio, disturbo, perfino odio. Perfino se è, di fatto, muto (pensiamo ai migranti, bollati in partenza come clandestini). Semidemoliti(si) i palazzi dell’autorità, a nessuno si è disposti a concedere non soltanto patente di autorevolezza, ma, sempre più spesso, la semplice, basilare, dignità di interlocutore. L’hate speech non è dunque un problema che riguardi soltanto la rete, la quale è, in sostanza, un enorme moltiplicatore e visualizzatore di ciò che ribolle nella vita quotidiana, al di qua degli schermi. Gli strafalcioni sono deprimenti perché indicano, attraverso il ceto che ci rappresenta nelle istituzioni, una depressione culturale collettiva. E la cultura è prima di tutto quella basata sull’impegno a trattare sé stessi e gli interlocutori con dignità, rispetto, cura. Anche delle parole.

Immagini: Palazzo Montecitorio (esterno). Crediti: fotogramma tratto dal canale della Camera dei Deputati, Youtube.