Le città del malaffare

Che cosa si fa in quel di Calciopoli? In città si gioca tranquillamente al pallone, come suggerirebbe l'ibrida composizione di calcio e del suffissoide di origine greca -poli (da pólis 'città')? Se la tendopoli è una piccola città, particolare, provvisoria, costituita di tende, e la baraccopoli una povera città fatta di baracche, calciopoli sarà la città del calcio, dello sport più amato dagli italiani, sano e popolare. Magari. A questo calciopoli, di cui traboccano le cronache dei giornali, non si può attribuire il significato originario dei tradizionali composti con -poli. Il nostro calciopoli è, invece, il più recente terminale di una filiera di neologismi d'ambito giornalistico che prendono vita da un nuovo significato di cui si carica e si fa espressione il suffissoide: -poli è passato infatti da alcuni anni a designare anche 'corruzione', 'scandalo'. Esempio più famoso è dato da tangentopoli, vocabolo in origine (1991) pensato da un giornalista come denominazione ironicamente antonomastica di Milano (Tangentopoli, cioè, secondo il solito significato di -poli, 'la città delle tangenti'), nel momento in cui la magistratura era impegnata nella cosiddetta Duomo connection, primo filone delle indagini che portarono alla incriminazione di numerosi politici milanesi e in seguito di politici, industriali, affaristi di rilievo nazionale. Ben presto tangentopoli passò a significare 'scandalo delle tangenti'. Il suffissoide -poli ricalcava grosso modo la specializzazione semantica che anni prima aveva subìto nell'inglese d'America, sempre su spinta dell'inventiva dei giornalisti, il secondo elemento -gate (alla lettera 'cancello') di Watergate. A causa dello scandalo delle intercettazioni telefoniche perpetrate ai tempi del presidente Richard Nixon (1973-4) ai danni dei Democratici alloggiati nel loro quartier generale di Watergate a Washington, -gate era arrivato rapidamente a suggerire l'idea di 'scandalo', 'corruzione': negli anni Ottanta si ebbero così l'Irangate e il Billygate (al centro di quest'ultima vicenda, i contatti tra Billy Carter, fratello del presidente degli Usa Jimmy Carter, e i libici); più recentemente, i giornali parlarono di Monicagate con riferimento alle relazioni sessuali tra la stagista Monica Lewinsky e il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. In Italia, dopo tangentopoli si è avuta una pioggia di neoformazioni su base -poli 'scandalo': concorsopoli, affittopoli, appaltopoli, clientopoli, insultopoli, mazzettopoli, sessuopoliterremotopoli (dopo il terremoto in Irpinia del 1980, i giornalisti italiani avevano parlato di Irpiniagate riferendosi allo scandalo degli intrecci tra affarismo e politica nell'ambito dell'opera di ricostruzione). Il calciopoli di questi tempi, dunque, si inserisce in una fertile serie neologistica e non può che essere connotato negativamente in quanto 'scandalo che investe il mondo del calcio'. Uno scandalo di cui quotidianamente le cronache riferiscono con tipica narratività da romanzo d'appendice e che, forse, avrebbe meritato un neologismo meno scontato (Geapoli, pensando alla società che è al centro delle indagini dei magistrati di mezz'Italia?).

Nuovo ma chiaro

Però non c'è da lamentarsi troppo se la creatività dei giornalisti non è stata così brillante. Bisogna sempre tenere conto che lo scopo di chi comunica, informa e racconta attraverso i mezzi di comunicazione di massa (in particolare negli articoli di cronaca) è di raggiungere immediatamente il lettore, con chiarezza ed efficacia. Calciopoli non sarà così originale, ma è comprensibile. L'obiezione potrebbe essere che di calciopoli ce ne sono già state, anche se non con le stesse caratteristiche e la stessa forza dirompente che sembra avere l'ultima arrivata. Non si corre dunque il rischio di equivocare? Non si corre, naturalmente, perché il giornale vive di contemporaneità e  di contemporaneità si nutre l'orizzonte di attesa del lettore di quotidiani. La memoria contestuale, chiamiamola così, del lettore è focalizzata sull'attualità. Il neologismo calciopoli, nato nei giorni di primavera inoltrata del 2006 in relazione esplicita con le vicende di Moggi, Giraudo, Juventus, arbitri, Gea eccetera, viene a queste vicende legato con vincolo bidirezionale esclusivo dalla memoria del lettore e non può riverberarsi che su questi referenti, senza alcuna possibilità di confusione e retrodatazione. Del resto, il destino di tanti e tanti neologismi coniati dai giornali è di cadere presto nel dimenticatoio, proprio perché sono stati pensati come usa-e-getta: utili subito per fissare con forte impatto emotivo il fenomeno oggetto della narrazione giornalistica, esauriscono la loro efficacia espressiva e comunicativa una volta che il fenomeno sia scomparso dalle mappe della cronaca. Si tratta di neologismi di breve durata - occasionalismi, li chiamano con efficacia gli studiosi del lessico.

Teatro e plastica

Gian Luigi Beccaria, famoso linguista, nel suo Per difesa e per amore. La lingua italiana oggi, è molto attento alla lingua dei giornali e della tv. Ed è preoccupato perché, in mano ai giornalisti, da un po' di anni a questa parte, le trovate alla calciopoli, baraccopoli, -poli... -poli, ...-poli (il professore li chiama «neologismi di serie»; cita anche i composti con salva-, le coppie con primo elemento fisso allarme - allarme sanità, allarme terrorismo, ecc. - o emergenza - emergenza salute, emergenza fumo, ecc.) e gli stereotipi linguistici tipici della cronaca bianca, nera, politica, sportiva (ha pronunciato il fatidico "sì", le lamiere contorte, brillante operazione della polizia, diffuso malessere, autentica prodezza, svolta decisiva,  crepe nella maggioranza, un necessario chiarimento e via e via), usati come «parole fast-food, precotte, predigerite, banalità di un neoitaliano omologato dai mass media» (la cosiddetta «lingua di plastica» di cui parlò per prima Ornella Castellani Polidori), sono a suo avviso sintomi del rischio che corre l'italiano della comunicazione di trasformarsi da «lingua media» in «lingua mediocre». Tenendo conto che, come scrive Bice Mortara Garavelli, «gli stereotipi linguistici sono stereotipi concettuali», Beccaria si preoccupa perché l'uso seriale della lingua, paradossalmente solidale con una inventività giocosa e teatralizzante che ama il neologismo espressivo, la narrazione mirabolante e sensazionalistica ma di basso contenuto informativo, finisca col fare della lingua usata dai giornali (ma non è da meno la televisione) un veicolo di significati precostituiti e inerti e di testi poco disponibili al vaglio critico. Con effetti deleteri, sembra volerci suggerire Beccaria, anche sulla capacità e sulla disponibilità a un atteggiamento libero e critico da parte di chi legge i giornali e guarda la tv.

Immagine: stadio Giuseppe Meazza o San Siro, Milano. Crediti: Shevy [CC by 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/deed.it)]. Fonte: https://www.flickr.com/people/32038338@N02, attraverso Wikimedia Commons.

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