Negli Obiettivi Formativi Qualificanti di quasi tutte (75 su 94) le classi di Laurea Magistrale si legge che i laureati magistrali devono essere in grado di “utilizzare fluentemente, in forma scritta e orale, almeno una lingua dell’Unione Europea oltre l’italiano, con riferimento anche a lessici disciplinari”, al di là del fatto che i settori scientifici disciplinari linguistici siano “di base” o “caratterizzanti”. Anche per quanto riguarda le classi di Laurea Triennale si fa esplicito riferimento al fatto che “gli studenti devono essere in grado di utilizzare efficacemente, in forma scritta e orale, almeno una lingua dell’UE, nell’ambito specifico di competenza”. Da queste parole, tratte dal D.M. 270/2004 e successive modifiche, si evince la centralità dei linguaggi specialistici nella didattica universitaria delle Facoltà non umanistiche. È, pertanto, ovvio che anche la formazione di chi si occupa di didattica linguistica in corsi di studi di questo genere, quand’anche si tratti di personale a contratto, non possa essere improvvisata bensì orientata in tal senso e costante nel tempo, per registrare i continui cambiamenti e stare al passo con l’evoluzione della lingua.

English for Special Purposes

In queste brevi riflessioni mi concentrerò, ovviamente, sul cosiddetto English for Special Purposes (ESP) che, da più di quattro decenni ormai, è un’area molto importante del più ampio English as a Foreign Language (EFL), e sulle strategie di apprendimento dello stesso nelle sue molteplici declinazioni. Devo dire che la definizione che preferisco non è questa, neanche nella variante in cui la ‘s’ dell’inizialismo sta per ‘specific’, quanto Domain-Specific Englishes (DSE), dove il plurale ‘Englishes’ sottolinea la pluralità di settori (‘domains’) specialistici in cui l’inglese viene utilizzato. Sarebbe preferibile, in realtà, mantenere il plurale anche nell’equivalente italiano e tradurre ‘inglesi’ perché, come esistono le varietà dell’inglese (British English, American English, Canadian English, South African English, solo per citarne alcune: Jenkins, 2005; Rosati, 2008), allo stesso modo esistono tanti inglesi per quanti settori professionali riusciamo a pensare: si va dal Business English al Legal English, dall’English for Tourism all’English for the Media, dall’English for Cultural Heritage all’English for Visual and Perfoming Arts per arrivare all’inglese scientifico inteso in senso lato, che si declina poi in numerosi sottosettori tra cui la medicina, le biotecnologie, la veterinaria, ognuna con le sue specificità, in particolare sul piano del lessico, le divergenze ma anche le convergenze con l’italiano – qui inteso come L1, lingua madre di riferimento.

L'inglese e le facoltà non umanistiche

Conoscere l’inglese a livello generale e saperlo gestire più o meno bene, in forma sia parlata che scritta, non è sufficiente per uno studente universitario di una Facoltà non umanistica: egli si trova non solo nella situazione di dover imparare ad esprimersi nella propria L1 in modo pertinente e adeguato alla professione per la quale si sta preparando ma anche nella necessità di studiare l’inglese settoriale – visto e considerato che, oltre ad essere la L2 più gettonata dagli studenti, l’inglese è anche la lingua franca della comunicazione internazionale nei domini su citati. Si tratta di linguaggi affascinanti nelle loro peculiarità – alcuni indubbiamente più complessi di altri, altri molto più vicini all’italiano di quanto si possa immaginare – che con l’acquisizione di “strategie e strumenti di analisi critica del discorso e di problem solving” (Castorina, 2001) possono diventare facili e divertenti da studiare non solo al fine di superare l’esame ma per una formazione che sia un vero e proprio life-long learning. Possono essere utili delle schede terminologiche – le discendenti della rubrica che ho usato negli anni del liceo, e non solo! – redatte dallo studente con i campi che ritiene utili a fissare nella memoria a lungo termine parole, espressioni e neologismi di un dato linguaggio e che fungano, quindi, da strumenti di memory helping.

Tecnicismi e metonimie

Ad esempio, da uno studente di Scienze del Turismo, auspicabilmente futuro professionista del settore con solide competenze anche sul piano linguistico, ci si aspetta che sappia indicare una “camera matrimoniale con bagno privato” servendosi della collocation “en-suite double bedroom”, sicuramente più opaca di “bedroom with private bathroom” che però risponde solo al criterio della mera trasmissione del messaggio ma non fa parte del real English in use – nella fattispecie il lessico tecnico del settore turistico. Analogamente, uno studente di Economia o Scienze Politiche saprà che per parlare dell’equivalente del nostro Ministro dell’Economia e delle Finanze dovrà utilizzare “Chancellor of the Exchequer” nel contesto della politica britannica e “Secretary of the Treasury” nel contesto di quella americana; o che gli equivalenti inglesi e americani del nostro Ministero degli Esteri (noto come “la Farnesina”, poiché il palazzo sorge su un’area appartenuta al Papa Paolo III Farnese – una delle tante metonimie, questa, del linguaggio politico-economico italiano ovviamente intraducibili in inglese, come lo sono altrettante numerose metonimie del panorama politico-economico angloamericano: “Buckingham Palace”, “Capitol Hill”, “Downing Street”, “Scotland Yard”, “Wall Street”, “Westminster” e così via) sono rispettivamente il “Foreign Office” e il “Department of State”.

Una questione di collocazioni

Tra le indubbie difficoltà che uno studente incontra nell’apprendimento di un linguaggio settoriale spesso c’è la tendenza ad imparare a memoria senza avere a disposizione (o trascurandoli) gli strumenti linguistici atti a spiegare determinate espressioni ‘tecniche’: senza una conoscenza approfondita e sicura dei processi di word-building, degli artifici retorici (metafora e metonimia su tutti) e di quelle strutture morfosintattiche e caratteristiche di pronuncia che la didattica a livello scolastico a volte trascura, e senza la consapevolezza che tutto o quasi in inglese come in italiano ruota intorno alle collocations (dette anche word-cluster, collocazioni in italiano), non si raggiungerà mai una vera e propria proficiency ma ci si limiterà a trasmettere il messaggio con il solo scopo di farsi capire.

Germanici e romanzi

Se trascuriamo, ad esempio che il paradigma completo del verbo “to bear” è “bore, born/borne” e che il suo significato è “portare, trasmettere, generare”, non potremo spiegarci né tantomeno trovare un equivalente italiano a collocation quali “foodborne allergies” (allergie di origine alimentare), “airborne transmission” (trasmissione per via aerea), “insect-borne infection” (infezione trasmessa da insetti), “arthropod-borne virus” (virus di origine artropode, più comune nella forma _blended “_arbovirus” che l’italiano ha adottato).

Partendo dal presupposto che l’inglese non è una lingua germanica in toto ma che, grazie alla comune matrice indoeuropea e alla consistente componente romanza del suo lessico (Minkova et al., 2009), è molto più vicina all’italiano di quanto un’ormai sorpassata scuola di pensiero sosteneva, studiare i lessici specialistici dell’inglese in una prospettiva comparata consentirà al docente prima e allo studente poi di ri/scoprire aspetti dell’italiano messi in disparte o semplicemente dati per scontato.

Affissi inglesi e affissi italiani

Prendiamo ad esempio quel sottoprocesso dell’affixation, noto come combining form, in base al quale due o più affissi di origine classica si uniscono a formare una parola, se necessario ricorrendo ad una combining vowel che ne aiuti la pronuncia. Nel lessico bio-medico-veterinario, è il caso del sostantivo “dysplasia” – composto dal prefisso “dys-“ (“denoting bad, difficult, painful, impaired or abnormal”: Brooks, 2007) e dal suffisso “-plasia” (“denoting development, growth, formation”: Brooks, 2007) che significa “abnormal growth or development of cells, tissues, bones or an organ” (…) e che corrisponde all’italiano “displasia” nella formazione, nel significato e nelle collocazioni – ad esempio: “elbow dysplasia in dogs”, “hip dysplasia in dogs” ad indicare malformazioni dolorose del gomito la prima e dell’anca la seconda nei cani. La rilevanza degli affissi come elementi di convergenza tra inglese e italiano è confermata da numerosi altri esempi, tra cui citiamo “ovariohysterectomy” (“ovari(o)-”: “an ovary”; “hyster-”: “uterus”; “-ectomy”: “denoting the surgical removal of a part of the body”; Brooks, 2007 e Quinion, 2005) che corrisponde all’italiano “ovarioisterectomia” e sottolinea, con gli stessi affissi in entrambe le lingue, la tecnica di sterilizzazione che consiste nell'asportazione chirurgica delle ovaie e dell'utero; e “cardiomyopathy” (“cardi(o)-”: “denoting the heart”; “my(o)-”: “denoting muscle”; “-pathy”: “denoting disease or disorder”; Brooks, 2007) che ha il suo corrispondente nell’italiano “cardiomiopatia” e descrive efficacemente una patologia che colpisce la componente muscolare del cuore.

Comparazioni utili agli studenti

Gli affissi sono dunque portatori di significato e, per quanto spesso ci siano piccole inevitabili differenze di spelling nel loro trasferimento spazio-temporale dalle lingue classiche di partenza alle lingue di arrivo, elementi molto importanti per uno studente che può così avvicinare i rispettivi lessici specialistici tra loro e crearsi dei memory helper per future occasioni similari. Si può così accostare il suffisso inglese “-itis” (“denoting inflammation”; Brooks, 2007) e il corrispondente italiano “-ite”, per cui si saprà a priori che tutte le parole che terminano così rimandano ad un’infezione: “arthritis”, “encephalitis”, “laryngitis”, “mastitis”, “rhinitis”, “tendonitis” e così via; oppure “-osis” (“denoting a diseased condition”; Brooks, 2007) e il suo equivalente italiano “-osi”, che rimandano ad uno stato clinico di malattia: “brucellosis”, “psittacosis” e il suo sinonimo “ornithosis” (malattia infettiva generalmente trasmessa dagli uccelli all’uomo), “salmonellosis”, “thrombosis”, “tuberculosis”, “zoonosis” e così via.

Espressioni idiomatiche e componente culturale

Gli esempi potrebbero essere molti di più e aprire scenari di discussione critica infiniti – anzi, ognuno dei linguaggi specialistici meriterebbe una descrizione più dettagliata delle sue specificità perché, ad esempio, non va dimenticata l’importanza della componente culturale delle numerose espressioni idiomatiche che contengono una metonimia di colore e che annoveriamo tra le aesthetic collocations, per cui i colori “blue” e _“_white” assumono valenze semantiche diverse a seconda del lessico specialistico nel quale ricorrono (Vaccarelli, 2018). Un altro elemento che va sottolineato è l’uso attento e consapevole dei dizionari, cartacei o elettronici che siano, per cui una parola va cercata nelle sue molteplici accezioni in base al ‘dominio’ nei quali viene utilizzata, tenendo anche presente che l’inglese si caratterizza – tra i vari processi di word-building che concorrono all’arricchimento del suo lessico per via endogena – per il cambio di classe grammaticale (noto come conversion) e di funzione (functional shift), per la composizione di catene lessicali più o meno lunghe e complesse facenti capo al processo di compounding e che, sul piano semantico, sono sempre in agguato i false friends.

Biblio/sitografia di riferimento

Brooks Katie (a cura di), 2007: Classical Roots for Medics, Chambers Harrap Publishers.

Castorina Giuseppe G., 2001: “L’insostenibile leggerezza dell’informazione: Samurai, Kamikaze, Sinhalesi e Gastwörter”, in LiSt. Quaderni di studi linguistici, EURoma, 8/9, pp.211-249.

Gualdo Riccardo e Stefano Telve, 2015: Linguaggi specialistici dell’italiano, Carocci Editore.

Jenkins Jennifer, 2005: World E__nglishes. A resource book for students, Routledge.

McIntosh Colin (a cura di), 2009: Oxford Collocations Dictionary for Students of English, OUP.

Minkova Donka e Robert Stockwell, 2009: English Words. History and Structure, CUP.

Quinion Michael, 2005: Ologies and Isms. A Dictionary of Word Beginnings and Endings, OUP.

Ragazzini Giuseppe, 2019: Dizionario Inglese-Italiano/Italiano-Inglese, Zanichelli.

Rosati Francesca, 2008: World Englishes: aspetti lessicali e geopolitici, Aracne Editrice.

Tiberii Paola, 2012: Dizionario delle collocazioni, Zanichelli.

Vaccarelli Francesca, 2018: “Colori e cultura nelle espressioni idiomatiche in italiano e in inglese – 1”, treccani.it (link)

Immagine: Bandiera del Regno Unito

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