Che cosa succede dunque nella lingua della politica italiana all'indomani delle elezioni politiche del 1994, che sanciscono il prevalere delle forze coagulate intorno a Forza Italia nello schieramento del Polo delle Libertà? Si potrebbe dire che si avvia un decennio in cui più che mutare il modo di fare politica, muta il modo di comunicare la politica. Di conseguenza, l'affastellarsi di parole nuove che segna in particolar modo il primo biennio della cosiddetta Seconda Repubblica, da considerare come una fisiologica manifestazione dell'imporsi di un ceto politico che ha caratteristiche in parte diverse dal passato: si è detto - e si è anche assunto nella propaganda di parte - che ai politici di professione, i "politicanti di mestiere", secondo una definizione di Silvio Berlusconi, subentravano professionisti, espressione soprattutto del mondo dell'economia produttiva, decisi a fare politica, cioè a promuovere in presa diretta i propri interessi. Tali caratteristiche, naturalmente, sono declinate in programmi politici e parole d'ordine pour cause differenti. Ci troviamo di fronte a una manifestazione fisiologica di novità che comporta un accrescimento quantitativo di termini legati, diciamo così, a cose, cioè fenomeni, mai prima usitati. Non uno stravolgimento, dunque, nemmeno sotto il profilo della terminologia politica. L'impressione di un cambiamento che stia affondando sotto la superficie delle parole amplificata dal fatto che i mass media propagano e pompano slogan attraverso i quali i politici venuti alla ribalta intendono mostrare la propria identità, marcandola come irriducibilmente diversa e innovativa rispetto a quella stagionata e dichiarata obsoleta, di cui sarebbero depositari principalmente gli sconfitti. Il giornalismo che si occupa di politica - e che in qualche modo fa politica - preso da una sorta di euforia neologistica, e contribuisce all'impressione che il linguaggio della politica sia terremotato dagli inediti eventi.

Distinguendo, da una parte abbiamo, "lanciati dai politici", locuzioni o termini nuovi o - come sempre accade nel linguaggio della politica - non nuovi ma caricati di nuova potenzialità semantica a causa del mutato contesto storico; dall'altra, neoformazioni create dai giornalisti che prendono a circolare, quali più, quali meno, nell'arena del discorso politico e divengono note ai lettori, anche magari per lo spazio di un mattino, a causa della estemporaneità e caducità tipiche dei prodotti linguistici veicolati dai mass media, un po' come succede nel linguaggio della pubblicità.
Al primo gruppo possiamo annettere, ad esempio: blind trust e fondo cieco, buon senso, cliente elettore, coraggio di prendere tutto, cose buone, discesa in campo, epurazione, gente, idem sentire, illiberale e illiberalità, liste di proscrizione, mezze ali, nuovo miracolo italiano, pacificazione, par condicio, postfascista, premier e premierato, remare contro, ribaltone e ribaltonista, riconciliazione, rivoluzione italiana, scendere in campo, sovraesposizione, spoils system, squadra, sdoganare, traghettare, unto del Signore, viceministro, vicepremier.
Una conferma che l'indubitabile accresciuto afflusso di neologismi giornalistico-politici caratterizzante in ispecie il triennio 1994-1997 si inquadra in tipologie invarianti dell'apporto neologico, basti pensare alla coppia illiberale-illiberalità, che, cavalli di ritorno, inverano la tipica vaghezza semantica di tanto lessico della politica, a qualunque altezza cronologica esso si situi. Il termine illiberale, nel significato politico di 'nemico delle libertà politiche, autoritario, reazionario, contrario al liberalismo', ha le sue prime testimonianze nell'Ottocento dell'Italia carbonara e dello Statuto albertino, in piena temperie pre-risorgimentale. Nel biennio 1848-1849 e poi durante il Risorgimento viene largamente adoperato da insorti e patrioti. Silvio Berlusconi, sin da prima del suo ingresso in politica e poi con maggiore intensità dopo la discesa in campo, taccia di illiberalità gli avversari "comunisti". Come per accade frequentemente nell'agone parolaio della politica, ben presto i due termini rispolverati da Berlusconi vengono fatti propri anche dagli oppositori stessi di Berlusconi e ritorti contro di lui e contro la sua politica, grosso modo nello stesso significato generico e derogatorio di 'intollerante, autoritario, oppressivo' che il termine si ridotto ad esprimere, anche se in Berlusconi, inizialmente, il senso di 'contrario al liberalismo' e al liberismo economico avrà avuto una qualche relazione con il presunto "comunismo" dei suoi avversari politici.
Al secondo gruppo di neologismi, innanzi tutto, appartengono gli aggettivi e i sostantivi derivati uscenti in -ano, che designano quanto caratteristico di un personaggio politico o l'appartenenza a un gruppo o schieramento politico. Ne vengono fuori a bizzeffe, visto il rimescolamento delle carte pre e post-elettorale: bertinottiano, bindiano, buontempiano, buttiglioniano, dalemiano, deldebbiano, finiano, formigoniano, maroniano, pivettiano, prodiano, storaciano, tatarelliano... Un discorso a parte merita la cospicua famiglia di termini che viene creata a partire dalla base Berlusconi. Lasciando perdere gli ovvi (e già esistenti prima del '94) berlusconiano e anti-berlusconiano, ecco, a conferma dell'indubbia novità politica costituita dalla discesa in campo del Cavaliere, un elenco delle neoformazioni che rampollano dal cognome del premier, termine che si comincia con Berlusconi ad adoperare sempre più spesso, riferito alla realtà politica nazionale, in luogo di presidente del Consiglio, per sottolineare l'avvenuto passaggio a un sistema elettorale di tipo maggioritario: anti-Berlusca, anti-Berlusconi, berluscabile, Berluscao, berluscaos, berluscario, Berluscaz (deformazione denigratoria d'autore, inventata da Umberto Bossi, come anche Berluskamen, Berlucoso e Berluskaiser), berluschese, berluschino, berluschitalico, berlusclonare, berluscocrazia, berlusco-dipendente, berluscofagia, berluscoidale, berluscona, berlusconardo, berlusconata, berlusconeide, berlusconeria, berluscones (cioè i "peones" di Berlusconi, i deputati di prima nomina e comunque i meno importanti: onomaturgo, il giornalista Curzio Maltese), berlusconesco, berlusconese, berlusconesimo e berlusconismo, Berlusconia, berlusconianamente, berlusconian-fascista, berlusconian-finiano, berlusconian-governativo, berlusconian-leghista, arciberlusconiano, filoberlusconiano, filo-Berlusca, neoberlusconiano, paraberlusconiano, preberlusconiano, pre-Berlusconi, Berlusconi-boys, berlusconico, berlusconide, Berlusconi-dipendente, Berlusconino, Berlusconi-pensiero, anti-berlusconismo, post-berlusconismo, berlusconista, berlusconizzarsi, berlusconizzato, berlusconizzazione, berlusconologo, berlusconomics, Berluscopoli, berluscottimismo, craxian-berlusconiano, deberlusconizzarsi, deberlusconizzazione, destroberlusconiano, dopo-Berlusconi, Homo Berlusconianus, morattian-berlusconiano, radical-berlusconiano, simil-Berlusconi. La gran parte di questi termini è connotata da sfumature polemiche molto accentuate. Ha commentato a questo proposito lo storico della lingua Luca Serianni: "La creatività linguistica dei giornalisti è alimentata soprattutto dalla polemica: i bersagli preferiti sono le cose e le persone che godono di maggiore notorietà e anche, in altri ambienti, di popolarità. Come un politico disdegnato dalla penna di un disegnatore satirico o dalla caricatura di un comico avrebbe tutte le ragioni per preoccuparsi, così Silvio Berlusconi potrebbe dedurre indirettamente la misura del suo successo dal ruolo di punching ball assegnatogli dalla grande stampa o dai suoi avversari politici".
Tornare a parlare di Silvio Berlusconi ci permetterà di individuare nell'uomo politico, nel suo modo di adoperare la lingua della politica ma anche e soprattutto nel suo modo di gestire i set del dibattito e del discorso politico uno dei protagonisti più significativi di una nuova frontiera della comunicazione politica che si imporrà e si definirà strutturalmente nel decennio preso in considerazione. Dalle spumeggianti acque di superficie del lessico in subbuglio, si dovrà affondare nei volumi oceanici delle acque fonde della semiologia.

Immagine: Totò. Crediti: fotogramma tratto dal film Gli onorevoli del 1963.